RIVISTA ITALIANA DIFESA
A Ghouta si continua a combattere 26/02/2018 | Pietro Batacchi e Andrea Schiaffino

Nonostante il cessate il fuoco deciso sabato con un voto del Consiglio di Sicurezza – che esclude però ISIS e altri gruppi jihadisti – a Ghouta Est si continua a combattere, e ieri i lealisti hanno conquistato alcuni villaggi dopo che per 2 settimane avevano martellato l’area con aviazione e artiglieria, ed ammassato truppe. Ghouta Est è una regione sunnita alle porte della capitale Damasco che comprende una parte sostanzialmente rurale, con piccoli villaggi, ed una parte di agglomerati cittadini molto più grandi, come Douma, ed alcuni sobborghi della stessa Damasco come Jobar o Ein Tarma. Da sempre, questa è una spina nel fianco del regime ed una minaccia costante per la capitale (il cui centro è alla portata dei mortai e dei lanciarazzi dei gruppi ribelli), nonché una roccaforte dei salafiti filo-sauditi di Jaisj AL Islam edi Ahra Al Sham, di Failaq Al Rhaman – diramazione locale del Free Syrian Army filo-Fratellanza Musulmana (sostenuta ricordiamo da Qatar e Turchia) – e, più di recente, dei qaedisti di Tahrir Al Sham (ex Al Nusra). Dopo il collasso di ISIS e la stabilizzazione del fronte nord-orientale della provincia di Hama, le forze di Assad hanno aumentato la pressione su Ghouta Est. Nell’azione sono coinvolte sia alcuni reparti dell’Esercito Siriano e forze d’elite sia milizie. In prima linea ci sono elementi della Guardia Repubblicana, i pretoriani del regime, e della 4ª Divisione corazzata. Si tratta delle 2 unità migliori dell’Esercito Siriano, composte per la gran parte da alawiti, dotate dei più moderni. Carri T-72 aggiornati allo standard AV e T-B3, i più avanzati T-90, blindati da combattimento per la fanteria 8x8 BTR-80/82, lanciarazzi pesanti BM-27 URAGAN da 220 mm e BM-30 SMERCH da 300 mm ecc. Una parte dei carri sono equipaggiati anche con sistemi di protezione attiva. Da alcuni video postati su account twitter russi e filo-governativi si possono vedere anche T-72 equipaggiati con le caratteristiche “griglie” anti-RPG e diversi semoventi 2S1 GVOZDIKA da 122 mm e 2S3 AKATSIYA da 152 mm, complessi antiaeri quadrinati da 23 mm ZSU-23-4 SHILKA, e lanciarazzi leggeri e pesanti di diverso tipo. Da qualche giorno, come testimoniato in altri video, sono stati dispiegati anche missili balistici tattici SS-21 SCARAB. Alle operazioni prendono parte pure unità della 9ª Divisione corazzata e della 10ª e 7ª Divisione meccanizzata. A questi reparti bisogna poi aggiungere elementi della 14ª Divisione Forze Speciali e delle Tiger Forces. La prima, in realtà, è solo nominalmente un reparto di forze speciali ed è assimilabile piuttosto ad un’unità di fanteria leggera d’assalto composta da 3 reggimenti. Le Toger Forces, invece, guidate da una delle icone del fronte governativo, ovvero il Generale Suheil Al Hassan, è un’unità contro-insurrezione a tutti gli effetti, seppur atipica rispetto agli standard occidentali. Le “Tigri” sono state fondate durante la guerra civile ed i loro organici non dovrebbero superare le 1.000 unità; nel loro arsenale figurano anche alcuni carri T-90 e mezzi pesanti, cosa che, appunto, le differenzia da un reparto SOF strettamente inteso. Le Tiger Forces hanno avuto un ruolo decisivo sia nella battaglia di Aleppo che nella riconquista delle basi di Kuweiris e Abu Al Duhur nel nord del Paese. Infine, nella battaglia sono coinvolte anche le National Defnce Forces. Le NDF sono una milizia reclutata su base volontaria – composta da alawiti, ma anche da drusi, cristiani e anche da sunniti, soprattutto di alcune tribù dell’est del Paese – modellata sulla milizia iraniana dei Basij. Soprattutto inizialmente, l’addestramento e l’inquadramento veniva fornito dai quadri di Hezbollah e dei Pasdaran presenti in Siria, ma ad oggi le NDF sono state integrate a tutti gli effetti nelle forze di sicurezza di Damasco e sono regolarmente pagate dal Governo. Sul terreno operano come fanteria in appoggio all’Esercito ed i loro organici oggi dovrebbero essere superiori alle 60.000 unità. Un’eventuale operazione su larga scala non si presenterebbe affatto semplice. L’area è molto grande ed una parte è composta da agglomerati urbani, dove ancora oggi sono intrappolati decine di migliaia di civili e dove nel corso degli anni le forze ribelli hanno realizzato nascondigli, chilometri di tunnel sotterranei e postazioni protette. Ragion per cui è possibile immaginare che i lealisti si muovano con lentezza stringendo sempre più il cerchio sui centri di resistenza ritenuti più importanti e significativi, in attesa che si giunga ad una resa più strutturata, concordata, come in parte accaduto ad Aleppo, mediante il coinvolgimento di attori esterni quali Arabia Saudita e Russia, ma anche Turchia e Qatar.


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