RIVISTA ITALIANA DIFESA
Propulsione subacquea e sistemi AIP 25/02/2018 | Michele Cosentino

 

 

L’introduzione dell’energia atomica rappresentò perciò una soluzione radicale a questo problema perché essa si dimostrò una fonte tale da consentire, al battello in immersione, prestazioni ragguardevoli in termini sia di autonomia sia di velocità massima. Quest’aspetto rappresentò per alcuni decenni lo spartiacque fra il sommergibile (un’unità concepita per operare normalmente in superficie, ma in grado di immergersi e operare sott’acqua, seppur per brevi periodi) e il sottomarino (un battello concepito per operare sempre in immersione, con l’eccezione delle fasi riguardanti la partenza dalla base e il rientro alla base stessa). Questa realtà si manifestò in tutta la sua completezza dagli anni cinquanta fino agli ottanta circa, periodo nel quale non pochi furono gli sforzi, soprattutto in Occidente, per concepire e sviluppare un battello a propulsione convenzionale configurato e dotato di sistemi che gli avrebbero consentito di operare in maniera molto simile a un’unità nucleare, fatta salva la necessità di eseguire periodicamente la ricarica delle batterie allo snorkel. Lo spartiacque cominciò così ad assottigliarsi, almeno sotto il profilo del complesso di misure adottate per minimizzare l’esposizione in superficie del battello e spianando la strada verso un sottomarino convenzionale concepito e impiegato, con i dovuti limiti, come il fratello maggiore propulso dall’atomo. Già a partire dagli anni settanta, lo sviluppo tecnologico delle batterie e dei gruppi diesel/generatori di energia elettrica fece notevoli passi avanti, ma lo stesso accadde anche nel campo dei sistemi di scoperta subacquea. Nuove famiglie di sensori elettroacustici attivi e passivi, assieme alle moderne tecniche di acquisizione e processazione dei segnali, consentirono di incrementare le prestazioni di navi di superficie e velivoli di tutti i tipi destinati alla lotta antisommergibili anche contro battelli assai silenziosi e capaci di massimizzare le opportunità di occultamento offerte dalle condizioni ambientali nelle profondità oceaniche. Se la tecnologia elettroacustica ha consentito enormi progressi anche ai battelli a propulsione nucleare, i progressi tecnici rivolti verso quelli convenzionali sono stati finalizzati a trovare una soluzione per il funzionamento del sistema propulsivo e si sono dunque concentrati sullo sviluppo di un impianto anaerobico, cioè indipendente dall’aria esterna e così denominato, secondo la terminologia anglosassone, AIP, Air Independent Propulsion. In tal modo e grazie a opportune combinazioni fra combustibile e comburente, è stato possibile realizzare quelle trasformazioni sequenziali - e in alcuni casi dirette - da energia chimica in energia termica, energia meccanica ed energia elettrica necessarie per permettere la navigazione del battello in immersione e il funzionamento dei sistemi imbarcati senza ricorrere all’aria esterna per periodi di tempo relativamente lunghi. Mentre il classico reattore nucleare si è affermato come il sistema anaerobico assoluto e totale, esso rimane disponibile solamente a un ristretto gruppo di Marine e non può essere considerato come la soluzione migliore per tutti gli scenari, perché caratterizzato da una serie di limitazioni - in primo luogo i costi di realizzazione di una piattaforma obbligatoriamente di dimensioni non trascurabili e quelli di gestione e infrastrutturali - che in alcuni casi rendono più efficace l’impiego di un più piccolo e silenzioso battello non nucleare. Tutto l'articolo è disponibile su RID 3/18.


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