Cresce la tensione in Siria, dopo che nelle ultime ore le truppe governative sono entrate ad Afrin, l’enclave curda in territorio siriano oggetto dell'Operazione RAMOSCELLO DI ULIVO portata avanti dalla Turchia dallo scorso 20 gennaio. Per il momento, i caccia turchi hanno provveduto a sbarrare la strada verso Afrin ai governativi, bombardando le principali vie di comunicazione (specie nel valico di Ziyara, a sud-est del cantone). Sospesa dunque, almeno per il momento, la possibilità – pur sempre remota, ma negli ultimi giorni evocata da molti – di uno scontro diretto tra Damasco e Ankara.
Per Assad puntare su Afrin vorrebbe dire dimostrare alla comunità internazionale che la Siria non è uno Stato fallito e che il regime è in grado di estendere il proprio controllo sulla gran parte del territorio nazionale – e anche per saggiare l'appoggio di Mosca, soprattutto nel momento in cui tra Putin ed Erdogan un certo di grado di collaborazione sembra essersi consolidata sul fronte siriano. Un obiettivo, dunque, che potrebbe essere perseguito addirittura attraverso un'inedita “alleanza” di convenienza tra il regime siriano e le forze dello YPG curdo. Per questo, Erdogan punta a chiudere l'assedio al centro urbano di Afrin il prima possibile: per impedire ai curdi di trattare con Damasco.
La zona curda non è l’unica parte della Siria interessata dai combattimenti. Negli ultimi giorni, infatti, le forze governative hanno intensificato l'assedio su Ghouta Est, territorio alla periferia orientale di Damasco conteso ai ribelli sin dal dicembre 2012, e vera e propria spina nel fianco per il regime. La regione di Ghouta orientale, che fa parte delle zone di de-escalation individuate dagli accordi di Astana dello scorso luglio tra Turchia, Iran e Russia è, assieme a Idlib, l’ultima roccaforte degli islamisti anti Assad: tra le milizie ribelli presenti, infatti, combattono sul terreno quelle di Jaysh al-Islam (gruppo salafita supportato dall'Arabia Saudita), Faylaq al-Rahman (alleato del Qatar e connesso alla Fratellanza Musulmana) e Tahrir al-Sham (costola siriana di al-Qaeda ed ex al-Nusra). I raid di Damasco, portati avanti con il supporto dell'Aeronautica Russa, mirano a sconfiggere definitivamente i ribelli asserragliati a Ghouta, anche perché una soluzione simile a quella trovata con gli insorti ad Aleppo Est nel dicembre 2016, che prevedeva un piano per l'evacuazione sicura di ribelli e civili, garantita da Russia e Turchia, al momento sembra impraticabile. Infatti non dobbiamo dimenticare che i Sauditi, principali sponsor di alcuni dei gruppi di cui abbiamo parlato, sono da tempo impegnati nello Yemen, in un'altra – e altrettanto lunga e dispendiosa – guerra civile.