Durante le prime ore della mattina del 10 febbraio, un caccia israeliano F-16I SUFA (versione israeliana da bombardamento del biposto F-16D FIGHTING FALCON) è stato abbattuto nei pressi del confine con la Siria, dopo aver effettuato un raid contro un centro di comando e controllo nell’area della base aerea di Mezzeh, situata a 10 km a sudovest di Damasco e già in passato oggetto di raid israeliani. Secondo quanto comunicato dalla Difesa Aerea siriana, l’aereo è stato abbattuto da un sistema sup-aria a lungo raggio S-200 (SA-5). L’abbattimento si è verificato poche ore dopo che un elicottero AH-64D SARAF israeliano, appartenente al 113° Squadrone HORNET, aveva intercettato e, a sua volta, abbattuto uno dei 12 UAV da ricognizione SAEQEH appartenente ai Pasdaran. Secondo quanto comunicato dall’Aeronautica Israeliana, il velivolo - copia iraniana dell’RQ-170 SENTINEL statunitense, da cui si differenzia nel sistema propulsivo, essendo il SAEQEH basato su un motore a pistoni e non turboventola, ma non solo - avrebbe violato lo spazio aereo israeliano nell’area settentrionale della Valle del Giordano, dov’è stato abbattuto da un missile AGM-114K HELLFIRE, in quello che rappresenta il secondo utilizzo di tale sistema in ambito aria-aria (il primo, sempre ad opera israeliana, risale al 2001). L’abbattimento del SAEQEH è avvenuto durante quella che, secondo gli stessi Pasdaran, rappresentava la sua prima missione operativa. La missione della squadriglia di cui faceva parte l’F-16 abbattuto – tra 6 ed 8 SUFA appartenenti al 107° Squadrone - era stata eseguita proprio in risposta allo sconfinamento del SAEQEH e prevedeva l’eliminazione della struttura di controllo dell’UAV iraniano, presente a Mezzeh, oltre alla distruzione di una dozzina di bersagli che includevano 3 batterie della Difesa Aerea siriana e 4 obbiettivi situati nella base aerea di Tiyas, dadove era decollato il velivolo. Durante il raid, le forze siriane, informate della missione del SAEQEH e pronte ad intervenire in caso di risposta israeliana, avrebbero lanciato tra i 16 ed i 24 missili terra-aria, dei quali almeno 4 S-125 PECHORA (SA-3 GOA), di cui uno finito nei pressi di Irbid (Giordania del nordovest), 6 S-200 (SA-5 GAMMON), altrettanti missili 57E6 da sistemi PANTSIR-S1 (SA-22 GREYHOUND), un numero imprecisato di BUK-M2E e, stando ad alcune immagini, almeno un missile 2K12E lanciato da un sistema SAM mobile KUB (SA-6 GAINFUL), i cui resti sono stati rinvenuti nella zona tra Hasbaya ed il versante libanese del Monte Hermon. Un paio di missili (probabilmente, uno degli S-200 ed un BUK-M2E) hanno colpito uno degli F-16 che si è schiantato nei pressi di Harduf (tra Haifa e Nazareth), dopo l’eiezione di entrambi i membri dell’equipaggio recuperati, pochi minuti dopo, da un elicottero S-65C-3 YASUR. In un’ulteriore risposta, stavolta per l’abbattimento del F-16, l’Aeronautica israeliana ha lanciato una seconda ondata ai danni delle 6 installazioni dell’Esercito e della Difesa Aerea siriana dalle quali erano partiti i missili. L’attacco ha visto la partecipazione di altri F-16I SUFA del 107° Squadrone, ma anche di cacciabombardieri pesanti F-15I RA’AM del 69° Squadrone e di almeno un drone antiradiazioni HAROP, utilizzato per colpire una seconda struttura C2 dedicata alla gestione dell’UAV iraniano, presente a Tiyas. Gli altri obiettivi colpiti dalla seconda ondata erano equamente suddivisi tra strutture presenti nel governatorato di Daraa e quelle situate nell’area di Damasco. Nei pressi di Daraa sono state colpite batterie antiaeree del 175° Reggimento antiaereo dell’Esercito di Izra, postazioni missilistiche dell’89° Reggimento Difesa Aerea di Jabab, nonché la base del 150° Reggimento Difesa Aerea di Aleqain. Nella provincia di Damasco, i velivoli israeliani hanno colpito duramente una base lanciamissili balistici dell’Esercito situata ad Al-Kiswah (12 km a sud della capitale), dove pare fosse presente personale iraniano ed Hezbollah, la sede della 104ª Brigata Aviotrasportata della Guardia Repubblicana, situata nelle campagne di Al Draij (18 km a nord di Damasco) e batterie antiaeree della 13ª Brigata di Difesa Aerea di Al Dimas (30 km a nordovest della capitale). Dal numero di basi e strutture colpite, e volendo assumere che tutti gli ordigni israeliani abbiano centrato i rispettivi bersagli e, ancora, tenendo presente le stesse parole del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica israeliana, Gen. Tomer Bar, che ha definito quest’operazione come “una delle più complesse e significative dal 1982”, si può affermare che, dopo tale raid, la Siria si troverebbe di fronte all’eliminazione di buona parte - fonti israeliane parlano di oltre il 40% - dei propri sistemi di difesa aerea a breve/medio raggio. Nonostante gli evidenti aspetti tattici, l’escalation di tali eventi non dovrebbe portare all’apertura di un nuovo fronte nella guerra siriana, che presupponga un coinvolgimento più significativo di Israele. È probabile che Tel Aviv continui la sua politica di raid mirati, soprattutto, ad indebolire la rete Hezbollah-Iran, e comprendenti, ovviamente, le strutture ed i reparti siriani che ne supportano le attività militari. D’altro canto, un’immediata reazione siriana (e dei propri alleati) ai raid, per quanto attendibile, resta improbabile in parte per scarsa capacità, soprattutto alla luce degli enormi sforzi dovuti ai tanti fronti della guerra civile, e in parte per opportunità, dato che una reazione “eccessiva”, rischierebbe di scatenare una risposta ancora più dura da parte israeliana ed un’intensificazione del conflitto a cui nessuno è interessato, men che meno il prezioso alleato russo di Damasco.