Sulla carta i numeri della Marina Filippina, realtà nata nel 1898 dopo l’indipendenza dalla Spagna, ma a lungo sotto tutela statunitense e trasformatasi in forza indipendente solamente nel 1951, sono notevoli. La Philippine Navy (Hukbong Dagat ng Pilipinas) conta infatti su un centinaio di unità attive o in riserva, una trentina di velivoli ad ala fissa e rotante, 24.000 effettivi in servizio – compresi 9.000 fanti di Marina – e 15.000 riservisti di pronto impiego. Ma si tratta effettivamente di un apparato capace di affrontare le gravi sfide che, sin dalla piena indipendenza nel 1946, hanno costretto le Forze Armate Filippine a un continuo tour de force? Non dobbiamo infatti dimenticare che in 70 anni Manila ha dovuto affrontare continue insurrezioni: si pensi a quella filo comunista degli Hukbalahap, iniziata durante l’occupazione giapponese e proseguita sino al 1954, mentre dal 1969 si sono succedute continue rivolte di matrice politica, militare ed etnico-religiosa, tuttora in corso, sebbene di intensità medio-bassa, ma difficili da estirpare, anche a causa delle particolari caratteristiche geografiche del Paese. Alle sfide interne, si aggiungono poi le tensioni esterne e se le dispute con Indonesia e Malaysia sono rimaste per lo più su un piano diplomatico, il coinvolgimento filippino nell'intricata vicenda delle Spratly ha visto il Governo di Manila coinvolto in incidenti anche armati, soprattutto con le forze navali e anfibie cinesi. Se negli anni ’70 e ’80, infatti, la crisi degli arcipelaghi contesi nel Mar Cinese Meridionale era sfociata in scontri solamente tra Cina e Vietnam, dal 1995 si susseguono le punture di spillo tra Pechino e Manila, con scambi di colpi tra pattugliatori e vedette, occupazione di scogli e affioramenti, esercitazioni aeronavali; dietro le quinte, le mosse delle feluche diplomatiche si intrecciano con gli accordi sulle prospezioni petrolifere, che nell’area contesa stanno assumendo valore sempre più strategico. Le Filippine si trovano quindi in una posizione quanto mai complessa: un territorio con una superficie pari a quella italiana (poco meno di 300.000 km2), periodicamente devastato da cataclismi naturali – tifoni, alluvioni, terremoti, vulcani – ma che ospita più di 100 milioni di abitanti. Un territorio soprattutto con caratteristiche marittime “estreme”: ben 7.461 isole di tutte le dimensioni (ma con Luzon e Mindanao che rappresentano i 2/3 della massa terrestre, mentre quasi 6.500 isole sono disabitate), e uno sviluppo costiero di oltre 36.000 km, il quinto a livello mondiale. La Zona Economica Esclusiva (ZEE), dichiarata nel 1979, si estende su quasi 2,3 milioni di km2: e ovviamente si sovrappone alle aree oggetto di disputa marittima. Ritorniamo pertanto alla domanda precedente: le forze aeronavali e anfibie filippine, sono adeguate a tali sfide? La risposta, al momento, può solo essere negativa, anche se Manila dal 2012 ha finalmente avviato un reale sforzo di ammodernamento.
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