RIVISTA ITALIANA DIFESA
La battaglia di Tripoli: segnali per Roma 16/01/2018 | Pietro Batacchi

Mentre in Italia già divampa la campagna elettorale, e si dà il via libera alle nuove missioni in Niger, Tunisia e nella stessa Libia (quest'ultima una rimodulazione), all'aeroporto tripolino di Mittiga ieri è andata in scena una battaglia durissima combattuto con l'impiego di mezzi pensanti, lanciarazzi e artiglieria e che ha lasciato sul terreno decine di morti. La milizia Al Bugra, fedele all'ex Premier islamista Khalifa Ghwell e basata nella cittadina di Tajura, 14 km ad est di Tripoli, ha attaccato il complesso dell'aeroporto per liberare alcuni prigionieri. Mittiga è controllato dalla RADA, la milizia guidata da Abdul Rauif Kara, uomo di Abdelhakim Belhadj (storico esponente del Gruppo Islamico Combattente Libico, riciclatosi in uomo...d'affari al servizio di Turchia e Qatar), una delle milizie che sostiene il Consiglio Presidenziale di Serraj. In soccorso degli uomini di Kara sono presto accorsi i miliziani della Brigata dei Rivoluzionari di Tripoli di Haithem Tajouri e i miliziani Abdul Ghani Al-Kikli, detto Ghneiwa, e l’attacco è stato respinto seppur al prezzo di perdite ingenti. Mittiga resta ancora chiuso, pare che almeno un paio di velivoli di Afriqiyah Airways siano stati colpiti, e la situazione nell’area molto tesa mentre Serraj ha annunciato uno stato di emergenza locale e lo scioglimento della Bugra con la requisizione di tutte le sue armi e gli equipaggiamenti. La battaglia ha dimostrato, ancora una volta, come la sopravvivenza di Serraj dipenda dal sostegno del “patto di sindacato cittadino”, o cupola se si preferisce…, formato da Haithem Al Tajouri, Abdul Rauf Kara,  Abdul Ghani Al-Kikli e Hashm Bishr del “mandamento” di Abu Salim. Si tratta di milizie a carattere personalistico/criminale, più che ideologico/religioso, che offrono “protezione” a Serraj e ne condizionano le scelte mantenendosi le mani libere su una serie di affari e traffici di diverso tipo. Lo stesso avviene peraltro per la Cirenaica dove il cosiddetto Esercito Nazionale Libico non è altro che una colazione di gruppi locali a base tribale, che rispondono a vari “Ras” sul terreno, tenuta solo formalmente assieme dall’autorità del Generale. In questo contesto, come abbiamo ampiamente documentato, l’Italia ha deciso di riconfigurare la sua missione in Libia, nei fatti allargandola, ma la strada per la stabilizzazione del Paese è ancora lunghissima con le milizie che continuano a rappresentarne il principale attore-politico militare.


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