RIVISTA ITALIANA DIFESA
L'Italia cambia marcia in Africa 09/01/2018 | Pietro Batacchi

Il Governo italiano ha deciso di cambiare il proprio approccio alla sicurezza in Nordafrica e nel Sahel adottando un profilo più incisivo basato sull'assistenza ai partner locali e sul cosiddetto “capacity building”. E' in quest'ottica che va letto il contenuto della Delibera che contiene gli impegni internazionali dell'Italia per il 2018 - prevista dalla Legge Quadro Garofani sulle missioni all'estero del 2016 (L.141/2016) - e che andrà all’attenzione delle commissioni parlamentari la prossima settimana, e di cui in esclusiva vi abbiamo già dato ampie anticipazioni. La Delibera prevede soprattutto 2 nuove missioni, quella in Niger ed in Tunisia, e la riconfigurazione dell’impegno in Libia con un incremento del nostro contingente presente nel Paese fino ad un massimo di 400 unità. In Niger e Libia si tratta di missioni bilaterali, richieste dai Governi dei 2 Paesi, basate sostanzialmente sul medesimo approccio, ovvero addestramento e formazione, mentoring ed assistenza alle forze di sicurezza locali per migliorarne le capacità nelle operazioni di lotta al terrorismo e di monitoraggio dei confini e dei flussi migratori. In pratica, le 2 missioni si complementeranno ed integreranno con l’obbiettivo di garantire una più incisiva tutela dell’interesse nazionale in un’area strategica per l’Italia. Una certa integrazione potrebbe esserci anche sul piano operativo. Se, infatti, come sembra, in Niger dovessero essere schierati anche UAV PREDATOR del 32° Stormo di Amendola dell’Aeronautica per le operazioni di ricognizione e sorveglianza è ovvio che...i loro “occhi” guarderebbero anche al sud della Libia ed al Fezzan dove negli ultimi mesi si vanno riformando anche nuclei dello Stato Islamico (lo Stato Maggiore non ha tuttavia fornito dettagli più precisi circa la composizione della missione). In più la “nuova” missione in Libia, come già anticipato da RID, prevede anche le attività per il ripristino dell'efficienza dei principali mezzi terrestri, navali e aerei, comprese le relative infrastrutture, impiegati dalle forze che sostengono il Governo Serraj (a cominciare da quelle di Misurata, tradizionalmente più vicine all'Italia).  In tale ottica, già da novembre 10 tecnici dell'Aeronautica sono stati distaccati in Libia per la riparazione dei C-130H appartenenti alle forze filo-Serraj. Per quanto riguarda, invece, la Tunisia, il Governo ha deciso di prendere parte alla neo-costituenda missione NATO per il supporto alla creazione di un Comando Joint di livello brigata per trasformazione del già esistente Comando della 1ª Brigata di fanteria dell’Esercito Tunisino. L'iniziativa è inserita nell'ambito delle attività di cooperazione per la sicurezza svolte dalla NATO con i Paesi cosiddetti partner, quali, appunto, anche la Tunisia (con la quale la NATO collabora già nel campo dell’intelligence), ed è volta ad intervenire su 2 aspetti complementari ed integrati: lo sviluppo capacitivo ed ordinativo del Comando brigata attraverso attività di addestramento, consulenza ed assistenza e la realizzazione di un'adeguata infra/info-struttura di supporto alla capacità di comando e controllo. In particolare, questo nuovo Comando, che integrerà membri pure della Polizia e della Guardia Nazionale tunisina, avrà il compito di coordinare e gestire le operazioni di lotta al terrorismo e di controllo delle frontiere. Il contingente italiano comprenderà consiglieri, addestratori, nuclei di supporto, team sanitario e aliquota di force protection per un totale massimo di 60 unità (costo fino al 30 settembre 2018 di poco inferiore ai 5 milioni di euro).


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