Alla fine, con un colpo da industria creativa, è uscito fuori un compromesso su STX che fino ad un mesetto fa era veramente difficile pronosticare. L'Italia ottiene il controllo operativo ed industriale di STX France/Chantiers de l'Atlantique, ma la Francia, con lo Stato e Naval Group (più industrie locali e dipendenti), mantiene la parità azionaria. Un impossibile reso possibile dal prestito azionario dell'1% da parte dello Stato francese a Fincantieri che, così, potrà di fatto controllare il cantiere e nominare AD e Presidente. La Francia avrà il diritto di veto sulle nomine e potrà, qualora Fincantieri non mantenga certi impegni in termini di livelli occupazionali e trasferimenti tecnologici, ritirare il prestito. A quel punto, però, Fincantieri si avvarrebbe del diritto di rivendere il 50% ai Francesi che così si ritroverebbe un'altra volta Chantiers de l'Atlantique tra le mani. L'accordo – dopo che Macron aveva stracciato il precedente siglato tra Italia e Francia con Hollande Presidente – permette di salvaguardare gli interessi francesi, e soprattutto la faccia francese, garantendo allo stesso tempo l'aspirazione italiana a controllare il cantiere, aspirazione legittimata dal fatto che Fincantieri aveva acquistato Chantiers de l'Atlantique presentandosi in splendida solitudine dal Tribunale di Seul per effetto del fallimento della controllante coreana STX. Allo steso tempo, Italia e Francia hanno dato il via libera ad una road map ed un gruppo di lavoro, guidato dall'AD di Fincantieri Giuseppe Bono e da quello di Naval Group Hervè Guillou, per giungere ad un'alleanza complessiva tra Naval Group e Fincantieri comprendente sia il civile sia il militare. E qui inizia la vera, e più complessa, partita. Perchè giungere ad una fusione – con scambi azionari incrociati - tra i 2 comparti non sarà cosa semplice, anche perchè il mercato delle navi militari da qui ai prossimi anni potrebbe cambiare profondamente. Il primo nodo da sciogliere riguarda la presenza di Thales, con il 35%, dentro DCNS e le ripercussioni che ciò potrebbe avere su Leonardo che proprio di Thales è un concorrente anche sulla sensoristica ed i sistemi elettronici navali. Da qui la necessità di salvaguardare in qualche modo gli interessi di Leonardo (ed in un’ottica più generale della Difesa italiana) facendola eventualmente entrare con una quota di partecipazione dentro il futuro nuovo soggetto cantieristico europeo. L'altra questione riguarda i sottomarini. Naval Group è oggi il secondo gruppo al mondo, dietro i tedeschi di TKMS, per la produzione di sottomarini convenzionali – con importanti contratti in Brasile, India e Australia da decine di miliardi di euro – e realizza inoltre i sottomarini a propulsione nucleare per la Marina Francese. Fincantieri, al contrario, è uscita dal settore della progettazione dei sottomarini costruendo su progetto della tedesca TKMS solo gli U-212A per la Marina Militare. Sulle navi di superficie, però, il discorso cambia ed i rapporti si riequilibrano a favore di Fincantieri. Questa, negli ultimi 2-3 anni, ha visto crescere notevolmente il peso del militare grazie alla cosiddetta Legge Navale - che prevede la fornitura per la Marina di (7 ordinati + 3 in opzione) Pattugliatori Polivalenti di Altura da oltre 6.000 t, di una grande nave d'assalto anfibio LHD da 33.000 t e di una nave da supporto logistico LSS – ed alla mega commessa da oltre 5 miliardi di euro con il Qatar che comprende quattro grandi corvette/fregate leggere lanciamissili da quasi 3.000 t, una LPD anfibia da 9.000 simile ad un’analoga unità venduta all’Algeria, ma con capacità anche antibalsitiche, e 2 corvette leggere. Peraltro Fincantieri è pure in gara in Australia, contro gli Inglesi di BAE Systems, per la fornitura di 9 fregate antisom nell’ambito di un mega-contratto da quasi 30 miliardi di dollari. E’ chiaro che qualora Fincantieri dovesse aggiudicarsi quest’ultima gara, gli equilibri cambierebbero ulteriormente. La battaglia, pertanto, è solo agli inizi e gli esiti sono assolutamente non scontati.