Oggi, 6 luglio, presso il Centro Alti Studi della Difesa di Roma, si è svolto il convegno sull’industria della Difesa italiana tra prospettive, rischi ed opportunità organizzato dall’AIAD.
Diversi gli interventi che hanno riguardato la parte pubblica dell’assemblea, aperta dal saluto di benvenuto del Presidente del CASD, Gen. Massimiliano Del Casale e dal coordinatore dei lavori e Segretario Generale dell’AIAD, Carlo Festucci che ha sottolineato come “qualcosa si muove nel settore della difesa comune europea, e si assiste ad una leggera “rivitalizzazione dell’industria del settore”. Tra gli spunti maggiormente interessanti, sicuramente vanno annoverati quelli derivanti dallo studio Prometeia sull’impatto del sistema industriale del settore aerospazio e difesa sul sistema Paese nel 2016, presentato dalla Dr.ssa Alessandra Lanza. Da tale studio, effettuato unicamente sulle società italiane (senza le controllate all’estero) e tenendo conto solo della “fase industriale” del sistema difesa (escludendo i contributi derivanti dalle attività del Ministero della Difesa legate al personale, alle spese correnti ecc.), si apprende che nel 2016 la produzione ha subito una leggera contrazione (-3,3%, da 13,942 miliardi di euro a 13,485) che ha interessato sia il mercato interno che quello estero (da 9,526 a 9,352 mld di €). Tuttavia, il forte incremento degli ordini relativo al 2016 (+40%) dovrebbe sostenere la produzione nel medio periodo. Inoltre, nonostante la citata flessione, il valore aggiunto diretto prodotto dalle imprese del settore AD&S è aumentato dell’1,6% (da 4,463 a 4,533 mld €) per effetto di azioni di efficientamento, sebbene tale rialzo risulti inferiore rispetto a quello registrato dall’attività manifatturiera del 2016 (+3,7%). La cifra arriva ad 11,7 miliardi se si calcola il valore aggiunto totale – comprendente anche l’indiretto e l’indotto (per ogni 1€ di valore aggiunto creato dal settore AD&S si genera 1,6€ addizionali di valore aggiunto nell’economia) - pari al 71% in più rispetto alla media dell’economia italiana e allo 0,8% del PIL nazionale. Altro elemento interessante è quello che dimostra l’importanza del settore aerospazio/difesa in termini occupazionali e di contributo al gettito fiscale (4,8 miliardi di € totali, di cui 1,774 generato direttamente dalle imprese AD&S in Italia). Riguardo al primo ambito, il settore occupa un totale di 44.173 lavoratori (nel 2015 erano 44.464, flessione dello 0,7%) che nel 2016 hanno accresciuto la produttività, contribuendo a ridurre – seppur in misura ancora marginale – il gap che separa l’industria italiana dalle principali imprese europee del settore che, tuttavia, resta ai vertici per produttività nel sistema economico italiano, dietro solo alla farmaceutica. I 44.173 occupati della filiera core del settore, sostengono oltre 110.000 occupati dell’intera economia italiana, se calcoliamo l’occupazione indiretta (73.041 lavoratori) e l’indotto (41.289 persone). Settore di grande valenza strategica – secondo come dimensioni solo all’automotive - dunque, e che investe molto sulla ricerca e sviluppo e sull’innovazione, anche se dai dati emersi gli investimenti in capitale fisso si sono quasi dimezzati rispetto al 2013 (da 1.052 milioni di euro, ai 563 milioni del 2016) e anche il campo della R&S è stato penalizzato (1.376 milioni rispetto ai 1.512 milioni del 2012), pur attestandosi su livelli di poco inferiori a quelli medi di periodo. Il settore AD&S, l’unico insieme a quello legato alla componentistica elettronica, spende il 10% di fatturato, in R&S. Riguardo al progetto di difesa comune europea ed al relativo fondo, secondo le stime dello studio, a regime la quota del procurement collaborativo – uno dei pilastri del progetto – potrebbe vedere un innalzamento fino al 35/40% entro il 2020 (rispetto all’attuale 20%), a patto che vi siano adeguati fondi ed incentivi per la cooperazione (almeno 3 Paesi Membri partecipanti e filiera lunga che veda il coinvolgimento delle PMI di diverse nazioni).
Successivamente, il Gen. Carlo Magrassi, Segretario Generale delle Difesa e del Direttorato Nazionale Armamenti - DNA, intervenuto con un video dalla Cina, ha evidenziato come “l’attività del Direttorato debba essere bilanciata dal SMD, affinché ogni esigenza capacitiva sia realizzata ed ottimizzata per il sistema Paese in modo che diventi qualcosa di fruttuoso, anche tramite un adeguato supporto all’export in modo da massimizzare nel lungo periodo il ritorno economico derivante dalle esportazioni nel settore difesa”.
Durante il suo intervento il Presidente dell’AIAD, l’On. Guido Crosetto, ha ripreso il tema della contrazione della produzione, evidenziata dallo studio Prometeia, spiegandolo con la “caduta della domanda del primo cliente del settore (le FFAA italiane). Inoltre, ha sottolineato come “la Francia spende 4,9 miliardi l’anno in ricerca e sviluppo, nucleare compreso, e che risulta dfficile competere se non riequilibriamo la nostra spesa nel settore aerospazio e difesa”. “Le aziende italiane si muovono (Leonardo in Polonia, Fincantieri in Francia), ma si assiste a crisi in aziende del settore che fino a qualche anno fa erano inimmaginabili. Per far sì che il nostro sia un sistema vincente, dobbiamo far crescere le altre aziende, trovare il modo per mettere insieme energie, fatturati, teste ed aziende per evitare che la marea tra qualche anno spazzi via tutti. Il punto di partenza rimane quello della spesa pubblica e quello di preservare le tecnologie e le competenze del settore attraverso scelte strategiche del Paese”.
L’Amm. Valter Girardelli, Capo di Stato Maggiore della Marina, ha proseguito il discorso di Magrassi sull’importanza di un “raffinato coordinamento e mutuo supporto e interdipendenza nel settore, grazie al fondamentale ruolo degli Stati Maggiori”, in particolare nelle attività di programmazione e pianificazione: ”Cosa si vuole, quando e a che costi”. Anche nell’ottica della “competitività globale del sistema Paese”, fondata in primis sugli accordi G2G che facilitano la chiusura degli accordi, “va evidenziata la funzione abilitante e strategica del DNA e, di nuovo, sugli stati maggiori per la competenza tecnica e specialistica e la conoscenza dell’ambiente in cui dovranno operare i futuri sistemi d’arma”.
Estremamente interessante il primo intervento pubblico del nuovo AD di Leonardo, Alessandro Profumo, che ha subito fatto notare come “quello dell’AD&S sia un settore che preoccupa parecchio, caratterizzato da un ciclo produttivo estremamente lungo, un’intensità del capitale molto alta, che si finanzia essenzialmente con i fornitori, avendo una leva molto più alta delle aziende americane, nostri principali competitor. È inoltre un settore anomalo, composto da PMI che contribuiscono alle spese di ricerca per il 6%”, con i cosiddetti medi e grandi che fanno tutto il resto, avendo però un ritorno dell’investimento molto minore rispetto ai piccoli che hanno un ritorno sul capitale investito pari al 6% in più rispetto a quello relativo ai prime contractors, il che rappresenta qualcosa di particolare”. “Bisogna lavorare tanto” – ha proseguito – perché è vero che “il settore vede un aumento della produttività, ma con perdite perché non si genera cassa a sufficienza da investire in aree in cui l’Italia possiede leadership”. Culmine dell’intervento il momento in cui, pur sottolineando come “chi pensa ad un possibile spezzatino di Leonardo resterà deluso,” ha affermato che “l’azienda ha troppi settori di attività. Alcune hanno una redditività a doppia cifra, altre pari a zero o negativa. Il nostro compito è identificare le tecnologie e le aree di business dove possiamo essere competitivi e tra 15-20 anni diventare player importanti. Leonardo lavorerà su questo insieme ai fornitori – che però non devono vedere l’azienda come una vacca da mungere – per costruire insieme dei percorsi di crescita”. Sui fornitori, in particolare quelli strategici, Profumo ha aggiunto che “devono avere la capacità di aumentare la propria dimensione per essere in grado di stare sul mercato indipendentemente da noi. La dimensione media dell’impresa deve aumentare e, per farlo, bisogna necessariamente capire dove concentrare gli sforzi per restare competitivi sul mercato internazionale”. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si è parlato della presenza dell’azienda nel Regno Unito, “un Paese militarmente forte, ma non solo, che ha alcuni mercati di riferimento e, a maggior ragione, dovremo avere la capacità di sfruttare la nostra presenza in Gran Bretagna per aumentare la capacità di penetrazione proprio in quei mercati”. Il problema è capire “come il Regno Unito si interfaccerà ai programmi europei”. Conclusione dell’intervento con focus sulla Cina, considerata “avversario temibile nel profit pool del settore AD&S, escludendo – al momento - gli elicotteri. La Cina sta entrando in maniera forte in alcune aree delle nostre attività e il nostro compito è capire come stare avanti per mantenere il vantaggio competitivo che abbiamo, sapendo che non possiamo competere con loro in termini di struttura dei costi".
Prima della chiusura della parte pubblica del convegno, riservata al Ministro della Difesa Sen. Roberta Pinotti, l’AD di Fincantieri, Giuseppe Bono, ha parlato della “difficoltà di realizzazione ed adozione di piattaforme europee totalmente comuni”, sottolineando anche come, nonostante le proprie dimensioni, “Fincantieri non ha una linea di ricerca, la fa creando i propri prodotti”. Riguardo all’acquisizione di STX, Bono ha affermato come “ciò testimonia che l’azienda è portatrice di un progetto europeo, di una visione che vuole unificare e gestire le cose in modo costruttivo tenendo conto degli interessi di tutti”.
Il Ministro Pinotti, infine, ha voluto ricordare come “il tema di una difesa comune europea sia diventato ormai una necessità, sulla quale l’Italia ha sempre spinto molto, e che alcuni esempi come il Comando europeo per le missioni non combat, lo stesso fondo europeo per la difesa, e la definizione di un fondo comune per le missioni all’estero, obbligano le diverse nazioni a mettersi insieme in tale settore e rappresentano un piccolo inizio” di un processo di lungo termine.