Un vecchio adagio afferma che più le navi sono grandi, più sono lieti gli ammiragli. Sin dai primi anni ’60, la Marina Militare italiana ha puntato su unità innovative: i soldi erano pochi, e si preferì investire in (poche) piattaforme avanzate. Nel 1961, entravano così in servizio con la Marina italiana le prime unità europee lanciamissili (il ricostruito incrociatore GARIBALDI) e le portaelicotteri di scorta (fregate classe BERGAMINI), seguite da incrociatori portaelicotteri capaci di ispirare progetti russi e giapponesi. La scarsità di risorse costrinse, però, la cosiddetta “Marina di qualità” a diventare una “flotta dei prototipi”, almeno sino a quando la Legge Navale del 1975 e la ripresa economica degli anni ’80 (e un buon successo di export) portarono a realizzare, in numeri finalmente apprezzabili, il rinnovamento di ogni comparto della Marina, dalle unità combattenti di prima linea al naviglio logistico per impiego dipartimentale. Le nuove navi, come l’incrociatore portaeromobili GARIBALDI e le fregate classe MAESTRALE, erano però caratterizzate da dimensioni ridotte: piattaforme compatte, stipate di sensori e sistemi d’arma. Dimensioni che collidevano con la crescente necessità di impiegare queste unità anche in lunghe missioni lontano dalle basi nazionali e il prolungarsi della loro vita media, che richiedeva interventi di upgrade complicati dai ridotti spazi di crescita. Le unità che nell’ultimo decennio hanno iniziato a formare una nuova generazione di piattaforme, hanno tenuto conto anche di questi limiti. E mentre la crescente automazione permette di ridurre gli equipaggi, spazi decisamente più generosi rendono le nuove navi più adatte a lunghe missioni nel cosiddetto Mediterraneo “allargato”, e sono garanzia per futuri margini di crescita. Un tempo, le graduatorie delle potenze navali venivano stimate anche attraverso i tonnellaggi disponibili. Non c’è dubbio che la nuova generazione di navi destinate alla Marina - da qui al 2030 - stia andando ad alterare i parametri legati al tonnellaggio delle varie categorie. Facciamo qualche rapido esempio, partendo dalle unità maggiori. Nel 1989, al termine della Guerra Fredda, la flotta schierava 4 incrociatori: il “tuttoponte” GARIBALDI e i portaelicotteri/lanciamissili VITTORIO VENETO e i 2 DORIA, per complessive 36.000 tn. Nel 2000, ormai radiati i 2 incrociatori più vecchi, restavano in linea GARIBALDI e VENETO, per 23.000 tn, salite a 42.000 quando il vecchio incrociatore fu sostituito dalla portaerei CAVOUR. Ma quando il GARIBALDI nel 2022 sarà sostituito dalla LHD(A) TRIESTE, le 2 ammiraglie tuttoponte della flotta toccheranno 60.000 tn. Per le unità di difesa aerea, i margini sono diversi. Nel 1989 i 2 AUDACE e i 2 vecchi IMPAVIDO garantivano 17.000 tn circa; l’entrata in servizio dei 2 DURAND DE LA PENNE nel 1993, al posto degli IMPAVIDO, faceva salire il tonnellaggio del settore a 20.000 tn, toccando infine le 26.000 quando entro il 2009 agli AUDACE sono subentrati i DORIA/ORIZZONTE. Per le fregate, spina dorsale delle flotte di superficie di tutto il mondo, la crescita è ancora più spettacolare e con prospettive decisamente importanti. Nel 1989 le 14 fregate delle classi ALPINO, LUPO e MAESTRALE contavano per poco meno di 40.000 tn. Nel 2000, declassificate le ALPINO e acquisiti i 4 pattugliatori di squadra ARTIGLIERE (tipo LUPO modificate), le 16 fregate in servizio facevano 44.000 tn, scese a 34.000 dopo la radiazione delle 4 LUPO vendute al Perù nel 2004. Nel 2022, le fregate di nuova generazione, appena 10 unità classe BERGAMINI/FREMM, “peseranno” però per ben 69.000 tn, a riprova di una nuova filosofia costruttiva. Ma la vera novità è data dalle unità di scorta di seconda linea (corvette, pattugliatori, unità leggere d’attacco, queste ultime non più presenti). Nei primi anni ’90 questo comparto si era attestato su 12 unità maggiori (corvette MINERVA e OPV classe COSTELLAZIONI) e 6 aliscafi lanciamissili classe NIBBIO, poi radiati nel 2000. Dislocamento complessivo: 17.000 tn, salito entro il 2004 a 25.000 tn, quando ai NIBBIO subentrarono i 6 OPV classi COMANDANTI/SIRIO. Queste unità saranno sostituite entro il 2028 dai 10 PPA (Pattugliatori Polivalenti d’Altura): anche se almeno 2 di queste unità, nella configurazione Full Combat, saranno tranquillamente assimilabili a fregate (e anzi andranno a sostituire i DE LA PENNE, grazie ad avanzate capacità AAW), considerandole sempre “di seconda linea”, porteranno tale comparto a circa 60.000 tn, poiché a seconda delle configurazioni il dislocamento p.c. varierà tra le 5.800 e le 6.300 tonnellate. Sempre, appunto, che tale tonnellaggio non vada trasferito al “comparto fregate”, e senza contare che il programma PPA, per il momento ufficializzato su 7 unità finanziate e 3 opzionate, in realtà punta a un totale di 16 esemplari. Anche altri reparti della flotta risultano in crescita. Il naviglio di supporto, che nel 1989 comprendeva 2 rifornitori classe STROMBOLI e le 2 navi appoggio/salvataggio ANTEO e PROTEO (per 23.000 tn), oggi – ceduta alla Bulgaria la PROTEO e in servizio dal 1998-2003 ETNA e l’ELETTRA – è salito a quota 37.000 tn. Una volta completati i programmi attuali, che prevedono 2 LSS (la prima in costruzione dal 2016) e una Unità Supporto Subacqueo Polivalente (USSP), porteranno – ancora compresi ETNA ed ELETTRA – il tonnellaggio del naviglio di supporto a sfiorare le 75.000 tn. Più sfumata la questione relativa al naviglio per la guerra alle mine (il programma per la sostituzione dei 10 LERICI/GAETA – circa 7.000 tn in tutto – ancora è solo abbozzato, anche se si parla di 8/10 “Cacciamine Oceanici Multiruolo” da 800/1.000 tn) e del naviglio anfibio. Le 3 SANTI “pesano” circa 24.000 tn. La sola TRIESTE avrà un dislocamento a pieno carico superiore, anche se l’abbiamo inserita tra il naviglio maggiore, essendo di fatto la “vice-ammiraglia” della CAVOUR. In passato si è parlato di una seconda LHD, ma è più probabile ormai che ci si orienterà su 2 LPD tuttoponte, sorta di super-SANTI che incorporeranno le modifiche introdotte con le unità realizzate per Algeria e Qatar. Per quanto riguarda i sommergibili, infine, il discorso è molto diverso: nel 1989 ne erano in servizio 10 (4 TOTI e 6 SAURO), per 12.000 tn, scesi nel 2000 a 8, tutti SAURO (per 13.000 tn). Con la prossima consegna del ROMEI, quarta unità U-212, gli 8 battelli “peseranno” 14.000 tn, cifra destinata a scendere a poco più di 10.000 tn con la radiazione a breve dei 2 SAURO più vecchi. Insomma, la futura flotta italiana del 2030 si attesterà su numeri inferiori ma “peserà” di più, e non solo in termini di avanzamento tecnologico.