Dalla Ministeriale NATO di Bruxelles stanno emergendo i primi elementi relativi al ruolo del Comando NATO di Napoli (JFC, Joint Forces Command Napoli) nell’ambito della nuova strategia NATO per il fianco sud (fortemente voluta dall’Italia). In particolare, il Comando verrà dotato di un hub, o di una “super-cellula”, di circa 100 persone che si occuperanno prevalentemente di intelligence e analisi delle minacce. Diversi paesi hanno già dato disponibilità a contribuire con proprio personale. In questo hub confluiranno tutte le informazioni raccolte nel bacino Mediterraneo sia da assetti NATO, come i velivoli AWACS Boeing E-3A SENTRY, sia da assetti nazionali aerei, terrestri, navali ecc. Peraltro, le capacità di raccolta verranno presto potenziate dall’operatività del sistema AGS (Alliance Ground Surveillance) di Sigonella – operatività prevista tra la fine di quest’anno e gli inizi del prossimo. Il sistema è basato su un segmento terrestre di controllo ed analisi e su un segmento aereo costituito da 5 UAV strategici Northrop Grumman GLOBAL HAWK Block 40. Questi ultimi sono equipaggiati con il potente radar AESA in banda X (8-12 GHz) Raytheon AN/ZPY-2 in grado di garantire capacità SAR (Sinthetic Aperture Radar), di mappatura digitale ad alta risoluzione del terreno e capacità GMTI (Ground Moving Target Indicator) per il tracciamento dei bersagli terrestri con un livello di risoluzione, discriminazione e potata incomparabilmente superiore rispetto a quello offerto dai sensori tradizionali SAR/GMTI installati sulle varianti precedenti dell’UAV. L’apparato è in grado di svolgere in modo simultaneo le 2 funzioni, SAR e GMTI, e di offrire una precisione in modalità spot, per fissare il bersaglio, pari sostanzialmente alla zero e di scansionare in modalità ricerca un’ampia porzione di terreno con un’affidabilità inferiore al metro. Oltre a queste prestazioni, l’AN/ZPY-2 è capace anche di fornire una capacità aerportata di indicazione del bersaglio in movimento per missili da crociera. Tornando al ruolo del Comando di Napoli, questo dovrà garantire la cooperazione ed il coordinamento dei programmi di assistenza con i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente: dall’Iraq, alla Libia ecc. Proprio la Libia è un argomento caldo dal momento che Serraj ha telefonato ieri sera al Segretario Generale chiedendo supporto alla NATO per ricostruire le difese libiche. Il nuovo approccio della NATO verso sud non si limita a questo. Per contrastare efficacemente le minacce dei teatri meridionali è in corso di sviluppo un dispositivo politico-militare dedicato che si articola verticalmente. Il NATO-Mediterranean Dialogue e la Partnership Interoperability Initiative sono già attivi da tempo per creare sia canali di comunicazione politico-militare che iniziative puntuali tra l’Alleanza e saranno strumenti sempre più utilizzati per rinforzare le capacità dei Paesi che si ritengono chiave nel contrasto ai fenomeni terroristici e altre minacce asimmetriche. Ad esempio, Tunisia e Algeria sono stati identificati come Paesi chiave per garantire la stabilità del Nordafrica, ma che al tempo stesso sono continuamente minacciati dal terrorismo di matrice jihadista. Per rafforzare la loro resilienza, ma anche la loro capacità di aiutare la NATO a mettere in sicurezza la regione bisognerà spingere molto sul capacity building e su diversi campi nei quali questi Stati sono lacunosi. In primo luogo, l’intelligence in senso stretto, ma anche la semplice raccolta e collezione rigorosa di informazioni sulla sicurezza. In secondo luogo, la preparazione delle loro Forze Armate e di Sicurezza per fronteggiare minacce asimmetriche, con focus specifico sulle forze speciali. Nel Golfo, infine, la NATO cercherà maggiore cooperazione con il Gulf Cooperation Council ed a tal proposito ha già istituito l’ICI Regional Center in Kuwait.