RIVISTA ITALIANA DIFESA
Boko Haram 21/05/2014 | Redazione

 

Ad oggi Boko Haram rappresenta la fusione tra nazionalismo etnico Kanuri – l’etnia maggioritaria di religione musulmana negli stati nigeriani nord-orientali di Borno e Yobe - e radicalismo islamico salafita. La setta islamica radicale è contro la popolazione cristiana, in particolare gli Yoruba e gli Igbo, che abitano per la gran parte il sud del Paese, poiché questa rappresenta, a suo avviso, il potere che soggioga, emargina e costringe alla povertà il popolo Kanuri. Nel radicalismo islamico i Kanuri hanno cercato una risposta violenta a quelle che considerano politiche predatorie degli Yoruba, popolazione cristiana e, dunque, assoggettata ai governi occidentali ed ai loro usi e costumi “impuri” e discriminatori. Per la stessa ragione, anche parte della popolazione musulmana moderata e delle forze dell’ordine vengono considerate nemici della vera fede. Anche in questo caso rivalità etnica, questione religiosa e rivendicazioni politiche e sociali sono accomunate da un’unica propensione ideologica. I musulmani moderati vengono colpiti innanzitutto in quanto membri dell’etnia Hausa-Fulani, musulmani “corrotti” che, al pari dei cristiani Yoruba, condividono le responsabilità dell’emarginazione politica, sociale ed economica dei Kanuri, governando, appunto, assieme agli Yoruba, da sempre il Paese.

Nel contesto della lotta per la propria emancipazione, il gruppo etnico nord-orientale intende trasformare la Nigeria in un emirato islamico retto dalla Sharia secondo la sua interpretazione più draconiana e letterale.

Da un punto di vista organizzativo, Boko Haram rappresenta un ibrido fra una setta etnica, un gruppo paramilitare e un’associazione caritatevole. Infatti, la sua struttura riunisce elementi dell’organizzazione tribale e modelli funzionali verticali tipici dei movimenti terroristici. Al vertice c’è l’emiro Shekau, discendente di una famiglia Kanuri nata in un piccolo villaggio nella regione del Lago Ciad, coadiuvato da Muhammad Nur e Khalid al-Barnawi, 2 influenti comandanti responsabili, rispettivamente, dei rapporti e di contatti con Al Shabaab e AQMI. Entrambi i luogotenenti di Shekau pare abbiano ricevuto addestramento in Somalia e Algeria, dove si sono specializzati nell’organizzazione e nella conduzione di attacchi complessi, nella fabbricazione di esplosivi e nel reclutamento di attentatori suicidi. Inoltre, Nur è stato l’ideatore dell’attacco agli uffici delle Nazioni Unite ad Abuja, nell’agosto del 2011 (21 morti), mentre al-Barnawi, che si vocifera essere in stretti legami con il gruppo del leader jihadista algerino Mokhtar Belmokhtar, è stato responsabile dell’invio di circa 200 miliziani bokoharamisti in Mali, al fianco delle forze di AQMI, del Movimento per l’Unità e il Jihad in Africa Occidentale (MUJAO) e degli islamisti tuareg di Ansar al-Din, durante la guerra civile del 2012-2013. La triade di potere, nella quale Shakau mantiene un ruolo preminente, è affiancata da una Shura (Consiglio) di 30 membri, ognuno responsabile di una singola cellula formata da circa 150 miliziani e ciascuna delle quali è dedicata ad un determinato compito o ad una specifica area geografica. Nello specifico, in base ai dati emersi finora, Boko Haram ha cellule attive nei territori degli Stati federali settentrionali di Borno, Yobe, Kano e Katsina, in quelli centrali di Plateau e Adamawa, in quelli meridionali di Niger e nelle città federali di Abuja e Lagos. Anche se la maggior parte delle azioni del gruppo sono concordate dalla Shura, Shekau spesso prende decisioni senza riferirle al consiglio. L’emiro comunica soltanto con alcuni capi selezionati di certe cellule, mantenendo pochi contatti con la struttura operativa sul territorio, spesso per mezzo di corrieri fidati. Questa impostazione della Shura e questa metodologia di comunicazione garantisce alle cellule una notevole indipendenza ed un'elevata libertà di manovra, aumentando la pericolosità del gruppo. Tuttavia, una simile organizzazione presta il fianco a fenomeni entropici e di divisione della leadership. Infatti, molti comandanti delle cellule riconoscono soltanto formalmente l’autorità dell’emiro, mentre altri agiscono in maniera assolutamente autonoma per il perseguimento dei propri obbiettivi personali, spesso legati a semplici attività criminali. Ad oggi, BH può contare su circa 5.000 adepti di etnia Kanuri (circa 80%) e Hausa-Fulani (20%). Il nucleo operativo e direzionale principale, che conta circa 500 miliziani, è esclusivamente riconducibile ai Kanuri, mentre i simpatizzanti e i sostenitori, molti dei quali appartenenti al mondo politico e militare, includono anche esponenti Hausa-Fulani. Occorre sottolineare come, nonostante l’ascesa di una leadership estremista e l’affermazione dell’ala militare del movimento, Boko Haram non ha perso la sua dimensione umanitaria e continua ad avere una struttura sociale e politica che eroga servizi di welfare e di educazione alle fasce meno abbienti della popolazione e amministra la giustizia nei villaggi più remoti del nord-est del Paese. La commistione dell’elemento umanitario-sociale e di quello militare fa in modo che la setta si configuri come un vero e proprio para-Stato concorrente rispetto a quello legittimo. L’erogazione dei servizi sociali è la principale fonte del sostegno popolare al gruppo e, attraverso le sue strutture, garantisce un ampio bacino di reclutamento all’interno della grande massa di giovani disoccupati e analfabeti nel nord-est del Paese. Tuttavia, le modalità di ingresso nel movimento sono molto selettive e collegate ai legami di sangue. Per entrare nella setta è necessario esservi introdotti da un membro già affiliato e di comprovata fedeltà e far parte della sua famiglia. In questo modo, Boko Haram assume una connotazione fortemente clanica e tribale che garantisce un elevato grado di compattezza e segretezza. Le principali basi della setta sono nelle città settentrionali di Maiduguri, Kano, Damaturu e Potiskum e, soprattutto, nelle aree rurali nei pressi del Lago Ciad, al confine tra l’omonimo Stato africano e il Niger, sulle alture al confine tra Nigeria e Camerun e nelle foreste presenti negli Stati federali del nord-est.

Il finanziamento di BH avviene prevalentemente secondo 2 canali: il sostegno di leader politici e tribali locali e le attività criminali. Per quanto riguarda il primo punto, la setta salafita, nonostante operi indipendentemente dalla volontà delle grandi eminenze grigie islamiche della politica nigeriana e delle Forze Armate, continua a ricevere donazioni da esse. In particolare, i principali finanziatori del gruppo potrebbero essere l’ex Presidente Obasanjo e Mohamed Abacha, figlio dell’ultimo dittatore militare nigeriano, il Generale Sani Abacha, che ha governato il Paese tra il 1993 e il 1998. Come accennato in precedenza, il coinvolgimento di alcuni leader politici islamici è dettato dalla volontà, da parte di questi, di indebolire il Governo di Jonathan e, più in generale, tutto il fronte cristiano e Yoruba. In ogni caso, gli introiti derivanti dalle donazioni rappresentano una voce minore nel bilancio dell’organizzazione. Infatti, il flusso principale di denaro proviene dai traffici illeciti di armi, droga ed esseri umani, dalle rapine alle banche e agli uffici postali ed infine dalle estorsioni ai danni dei governatori degli Stati Federali del nord. Nell’ultimo biennio i miliziani del movimento hanno imposto una tassa per il passaggio dei convogli di droga e di esseri umani diretti verso il Nord Africa e, poi, l’Europa e, in alcuni casi, hanno direttamente organizzato il trasporto di sostanze stupefacenti e esseri umani dalla Nigeria al Niger. In sintesi, il tratto delle rotte illegali che va da Abuja ad Agadez è adesso controllato dai membri dell’organizzazione. Per quanto riguarda il racket ai danni dei governatori regionali, questo è particolarmente diffuso negli Stati di Borno, Yobe e Kano e sino ad ora ha garantito a BH introiti pari a diverse decine di milioni di dollari. 

A livello tecnico e operativo, dal 2009 sino ad oggi BH ha progressivamente sviluppato notevoli e variegate capacità nella conduzione di attacchi ed attentati. La setta può disporre di un ampio arsenale composto da fucili d’assalto e mitragliatrici leggere di fabbricazione russa provenienti dal mercato nero saheliano, dalle razzie alle basi dell’Esercito e della Polizia nigeriane e dai trafficanti libanesi legati a Hezbollah, al centro di un lucroso business nel quale essi vendono armi in cambio di diamanti, oro e avorio. Lo scoppio della guerra in Libia, la caduta del regime di Gheddafi e la depredazione dei suoi depositi hanno accresciuto notevolmente il numero e la qualità degli armamenti disponibili nel mercato nero. Si ritiene, ad esempio, che BH sia riuscita ad entrare in possesso di un quantitativo imprecisato di missili superficie-aria spalleggiabili SA-7 STRELA.

Gli attacchi di Boko Haram seguono 3 modalità principali: attacchi mordi e fuggi effettuati da commando in motocicletta o a piedi, spesso composti da bambini-soldato, autobombe e IED e attentati suicidi. In particolare, gli attacchi dinamitardi e suicidi testimoniano perfettamente il collegamento con AQMI e con i somali di Al Shabaab. La grande frequenza di questo tipo di azioni dimostra, inoltre, l’ampio bacino di “martiri” a cui l’organizzazione può far affidamento e la buona velocità di fabbricazione ed efficacia, anche se il design delle bombe è alquanto semplice. Il materiale per la costruzione delle bombe proviene sia dal mercato nero e dai furti nei depositi militari governativi, sia dalle razzie fatte nei cantieri edili o presso le industrie minerarie attive nel nord e nel centro del Paese.

La campagna di attacchi contro la popolazione cristiana e gli Hausa-Fulani islamici giudicati apostati ha esacerbato, nel tempo, le divisioni ideologiche, programmatiche ed etniche all’interno della leadership di Boko Haram. Infatti, una parte sempre più consistente dei comandanti delle cellule ha cominciato a disapprovare le decisioni dell’emiro Shekau.

I motivi del contendere erano sostanzialmente 3: il rifiuto di continuare a colpire la popolazione islamica nigeriana, la mancata accettazione di un’agenda politica esclusivamente interna e la volontà di rafforzare i legami con AQMI e con il MUJAO. Sulla base di queste considerazioni, una larga fazione del movimento (circa 500 miliziani), composta prevalentemente da membri di etnia Hausa-Fulani e guidata da Nur e al-Barnawi, ha deciso di staccarsi dalla setta e fondare, nel gennaio 2012, un’organizzazione parallela, ossia Ansaru.

Da punto di vista ideologico, Ansaru è un’organizzazione fedele al radicalismo islamico salafita di matrice qaedista ma, a differenza di Boko Haram, rifiuta di colpire la popolazione islamica. Il suo leader al-Barnawi, rispetto a Shekau, voleva che il network terroristico nigeriano entrasse a far parte della rete di Al Qaeda con l’intento, nel medio periodo, di trasformalo in un vero e proprio franchise dell’organizzazione guidata da Ayman al-Zawahiri. L’influenza che Al Qaeda ha avuto sulla genesi e sulla formazione di Ansaru appare evidente innanzitutto dal primo nome dell’organizzazione, ossia “Al Qaeda nella Terra oltre il Sahel”, ed emerge anche dalla struttura della stessa, molto più gerarchica e funzionale rispetto a quella di BH. Il vertice dell’organizzazione è costituito dall’emiro e dalla Shura la quale, a sua volta, è divisa in diversi comitati responsabili di specifici ambiti: militare, sociale, di comunicazione e mass media, relazioni internazionali, giustizia, sicurezza. Oltre ai capi dei diversi comitati, il consiglio è formato dai rappresentanti delle Shura locali, dalle quali dipendono le cellule operative sul territorio. Rispetto a BH, i comandanti locali hanno pochissima autonomia decisionale e non possono intraprendere alcuna azione senza il placet dell’emiro e della Shura. Questa rigidità gerarchica impedisce l’affioramento di leadership concorrenti rispetto a quella centrale. La struttura della Shura dimostra come anche Ansaru abbia organi dedicati all’erogazione di servizi sociali, educativi e amministrativi in favore della popolazione locale. Tuttavia, rispetto a Boko Haram l’organizzazione di al-Barnawi non riconosce la centralità dell’elemento etnico ed è aperta al reclutamento di membri di qualsiasi gruppo tribale. Si tratta di un elemento decisivo nella retorica, nei programmi e nell’agenda politica di Ansaru che, in questo modo, intende rivolgersi a tutti i musulmani nigeriani senza distinzione di razza o clan. In questo modo, al-Barnawi ha inteso superare il grosso limite di Boko Haram, ossia l’esclusività etnica, e ha proposto la propria organizzazione come un interlocutore politico nazionale e non solo regionale. Per questo motivo egli si è dimostrato contrario all’uccisione dei cittadini nigeriani, ciò per non alienarsi il sostegno della popolazione, elemento indispensabile per la conduzione di attività politiche e militari su tutto il territorio. In base a tale strategia, gli obiettivi principali di Ansaru sono diventati i cittadini e gli interessi stranieri, soprattutto occidentali, che vivono ed operano all’interno del territorio nigeriano. Non a caso, i principali attacchi perpetrati dal movimento hanno riguardato società europee e cinesi presenti in tutta la Nigeria e non soltanto nel nord-est del Paese. Infatti, le azioni più rilevanti di Ansaru sono state i frequenti rapimenti di tecnici ed ingegneri occidentali negli Stati federali settentrionali, effettuati come rappresaglia nei confronti di quei governi rei di combattere contro l’affermazione dell’Islam nel mondo. In particolare, bisogna ricordare il rapimento del francese Francis Collomp, rivendicato come risposta all’intervento dell’Eliseo in Mali nel 2013 contro le milizie di AQMI, Ansar al-Din e del Mujao. Anche l’Italia ha dovuto confrontarsi con il pericolo di Ansaru, come nel caso del sequestro, nel dicembre 2012, dell’ingegnere Franco Lamolinara, poi ucciso dagli stessi miliziani nel corso di un fallito tentativo di liberazione da parte delle forze speciali inglesi e nigeriane. Occorre sottolineare come i rapimenti non costituiscano soltanto un’azione dal profondo significato politico, ma anche la principale fonte di finanziamento del gruppo.

La tendenza all’internazionalizzazione dell’agenda politica e operativa si è palesata anche nell’unica occasione in cui il gruppo ha preso di mira le Forze Armate nigeriane, ossia l’attacco del gennaio 2013, nello Stato federale centrale di Kogi, contro un convoglio di soldati nigeriani diretti in Mali nel contesto della Missione di Stabilizzazione dell’Unione Africana in Mali (AFISMA).

 


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