RIVISTA ITALIANA DIFESA
Sirte liberata, ma Tripoli sprofonda nel caos 07/12/2016 | Pietro Batacchi

Le ultime sacche di resistenza dello Stato Islamico a Sirte sono state neutralizzate e la battaglia per la riconquista della città da parte delle milizie di Misurata può dirsi conclusa. Il prezzo pagato, però, è molto alto. Alcune stime parlano di 712 caduti tra i miliziani di Misurata e quasi 3.500 feriti. Per riprendere la città è stato fondamentale l'appoggio americano con l'Operazione ODYSSEY LIGHTNING, iniziata il 1° agosto, ed il supporto aereo dei Marines garantito prima dai velivoli HARRIER II dell'unità d'assalto anfibio WASP e poi dagli elicotteri d'attacco AH-1Z VIPER e AH-1W SUPER COBRA della LPD SAN ANTONIO. In totale, secondo i dati ufficiali forniti da AFRICOM (Africa Command), nell'ambito dell'Operazione ODYSSEY LIGHTNING, sono stati condotti 420 strike contro obbiettivi dello Stato Islamico nell'area di Sirte. A questo punto, la minaccia di IS in Libia, così come questa si era evoluta negli ultimi 2 anni, è stata "rimossa" ed il Governo Serraj può cantare vittoria e mostrare al mondo un risultato tangibile. “Risolta” la questione IS, tuttavia, Serraj non può certo dormire sonni tranquilli per via di una situazione che nella stessa capitale sta precipitando e di una nuova congiuntura internazionale che si va profilando. A Tripoli, al momento, sono presenti 2 governi: quello di Serraj, appunto, ed il Governo di Salvezza Nazionale dell'ex Premier tripolino Khalifa Gwell. Quest'ultimo, dopo il fallito golpe di metà ottobre, è riuscito e restare nella capitale ed a "consolidare" il suo governo a dimostrazione di tutta la debolezza di Serraj che non è neppure stato in grado di “metterlo sotto chiave”. Questo perchè nei fatti Gwell gode dell'appoggio dell'ex Congresso Nazionale Generale, il vecchio Parlamento tripolino, e della milizia del Comandante Misuratino Salah Badi (nella foto), e, presumibilmente, anche del sostengo del Gran Mufti Al Ghariani. A complicare lo scenario della capitale, la presenza di milizie di natura più o meno personalistica/mafiosa, come la Brigata dei Rivoluzionari di Tripoli, guidata da Haithem Al Tajouri, che negli ultimi giorni si è scontrata duramente proprio contro gli uomini di Badi. Un caos, insomma, che costringe ancora Serraj a restare nella base navale di Abu Sittah e a non "arrischiarsi" nel centro della capitale. Al momento Serraj regge grazie al sostegno di Abdelhakim Belhadj e della RADA di Kara (quest'ultimo “uomo" di Belhadj) e di "pezzi" di Misurata e della Fratellanza Musulmana. Ma lo scenario potrebbe cambiare, in peggio, di qui a poco. L'elezione di Trump, infatti, potrebbe far venire meno il supporto americano. L'Amministrazione Obama aveva favorito gli accordi di Skirat in Marocco dell'anno scorso ed aveva sostenuto Serraj, ma il nuovo corso non sembra molto incline a "dare corda" alla Fratellanza Musulmana ed ai suoi derivati. Non ci stupiremmo se i Generali di Trump dovessero preferire il Generale di Bengasi, ovvero Haftar. Attendiamoci, pertanto, un qualche cambiamento. A ciò bisogno aggiungere la caduta del Governo Renzi, altro grande sponsor di Serraj, ed il prevedibile periodo di incertezza che nei prossimi mesi attraverserà la politica estera del nostro Paese, fermo restando i nostri forti interessi economici in Tripolitania che dovranno giocoforza essere tutelati anche in questa fase.


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