RIVISTA ITALIANA DIFESA
30 miliardi per l'Afghanistan 06/12/2016 | Marco Giulio Barone

L' Afghanistan è ancora un tema centrale per la NATO e fa parte dei teatri specificatamente affrontati al  NATO HQ di Bruxelles dai Ministri degli Esteri (dove a breve giungerà anche il Ministro degli Esteri afghano Rabbani che chiede ancora una volta di rinnovare il supporto al governo, incluso un maggiore coinvolgimento militare). Questa mattina il Segretario Generale Stoltemberg ha ribadito che l'impegno rimane forte e prioritario in agenda, ma che la maggior parte del lavoro sul campo  continuerà ad essere svolto dalle Forze Armate e di Sicurezza afghane. Ciononostante le risorse che verranno messe a disposizione di Kabul sono significative. Nel triennio 2018-2020 si parla di 30 miliardi di dollari (tra fondi NATO e dei donatori internazionali): 15 per continuare l'opera di ricostruzione delle Forze Armate e di Sicurezza locali per permettere loro di fronteggiare i Talebani ed altre forze ostili (ad esempio i gruppi legati allo Stato Islamico). I rimanenti 15 miliardi sono dedicati a programmi di sviluppo economico, visto come driver primario della stabilità di lungo periodo. A tal proposito, l'Afghanistan può essere considerato sia un laboratorio che un campo di azione rispetto al tema della proiezione della stabilità al di fuori dei confini della NATO per prevenire e gestire le situazioni foriere di instabilità internazionale. Stabilizzare i paesi deboli significa impostare le premesse perché questi diventino attori credibili con cui poter discutere ed organizzare la difesa più esterna dell'Alleanza. Concetto semplice ma di difficile applicazione per almeno 3 ordini di motivi. In primo luogo, come l'Afghanistan dimostra, il tempo richiesto è lungo e le risorse necessarie ingenti. Inoltre, una volta cominciato un processo del genere non si può lasciare il lavoro a metà perché si perderebbe quanto speso, non solo in termini economici. Infine, le situazioni che richiederebbero un intervento diretto si moltiplicano ed è irrealistico pensare che si possano affrontare tutte simultaneamente, sia in termini economici sia in termini militari e politici. Occorre quindi dare delle priorità, ed in questo l'Afghanistan è in cima all'agenda. Se non si termina il processo iniziato in Afghanistan non ci si può sganciare per lavorare su altro. Su questa dinamica, a detta di Stoltemberg, la maggior parte dei membri concordano. Piuttosto, la Ministeriale in corso è incentrata sugli strumenti da mettere in campo e sulle geometrie politiche più efficaci, tra quelle possibili, per sostanziare l'agenda. 


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