RIVISTA ITALIANA DIFESA
Mattis alla Difesa ma... 02/12/2016 | Pietro Batacchi

Il Presidente eletto Donald Trump ha annunciato la nomina a nuovo Segretario della Difesa dell'ex Generale James Mattis. Mattis è un "duro" che ha svolto tutta la sua carriera militare nel Corpo dei Marines dove ha ricoperto incarichi via, via di maggiore responsabilità partecipando a tutte le guerre degli ultimi anni; dall'Iraq, all'Afghanistan. In Iraq, ebbe un ruolo di primo piano durante la battaglia di Falluja del 2004, una delle battaglie più dure del dopoguerra ed esempio di "battaglia urbana" studiato in tutte le accademie militari del mondo. Giunto ai vertici delle FA americane, ha comandato prima il Comando NATO per la Trasformazione, il Joint Forces Command e poi dal 2010 al 2013 ha guidato il CENTCOM, il Comando responsabile per le operazioni in Medio Oriente ed Afghanistan. Il fatto di aver lasciato il servizio attivo solo nel 2013 non gli consentirebbe, in base al National Security Act del 1947, che prevedeva un periodo di 10 anni (poi ridotti a 7) tra l'abbandono della carica di servizio attivo per un generale e l'eventuale nomina , di essere nominato Segretario alla Difesa. A questo punto dovrà entrare in scena il Congresso con una norma ad hoc per modificare la legislazione o, più semplicemente, per introdurre un'eccezione ad personam. Così accadde anche nel 1950 per George Marshall, salvo che in quell'occasione il Congresso espressamente mise nero su bianco che avrebbe dovuto trattarsi di un'eccezione unica da non ripetere in futuro. Non siamo, dunque, qui a parlare di un banale deroga, ma di una modifica legislativa "più profonda" che richiama la più ampia problematica relativa al apporto tra militari e civili negli Stati Uniti e del primo vero test per i rapporti tra lo stesso Congresso ed il neo-Presidente Trump. Infine altre 2 cose sul "tipo". La prima. E' un Marines: un duro dai modi spicci e dalla poca simpatia per la burocrazia. E questo gli potrebbe creare non pochi problemi con una delle burocrazie più complesse e che crea più "resistenza" al mondo, ovvero il Pentagono. Allo stesso tempo ha una fine mentalità strategica, sorretta da una solida cultura strategica, e questo lo aiuterà senz'altro molto a leggere gli avvenimenti internazionali. La seconda. Anche lui, come il neo Direttore della CIA Pompeo, e il neo Consigliere Nazionale per la Sicurezza Flynn, vede l'accordo sul nucleare con l'Iran come il fumo negli occhi: una concessione inaccettabile ai Pasdaran. Cosa che potrebbe creare forti tensioni con Teheran con conseguenze rilevanti in Iraq, dove gli Americani cooperano con gli Iraniani, e sulla Siria, dove Teheran è imprescindibile per qualsiasi prospettiva di stabilizzazione. Infine, la Russia. Due ex Generali, peraltro da poco "retired", nominati alla Difesa e come Consigliere Nazionale per la Sicurezza, non sono di certo un messaggio di amore per Mosca. Al Pentagono, per cento e più motivi, la forma mentis anti-Russa è sempre molto radicata, ma questo come si concilia con l'istinto "aperturista" di Trump verso Putin? Ne vedremo delle belle.


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