RIVISTA ITALIANA DIFESA
Libia: ancora “tutti contro tutti” 15/11/2016 | Andrea Mottola

La situazione in Libia continua ad essere complessa. Lo scorso 14 ottobre Tripoli è ripiombata nel caos quando si è verificato un tentativo di colpo di stato, effettuato dall’ex Premier del governo islamico Khalifa Ghwell, volto a rovesciare lo zoppicante Governo di Accordo Nazionale - GAN presieduto da Serraj. Nell’azione, l’ex Premier è stato supportato anche dalla Brigata dei Rivoluzionari di Tripoli, guidata da Haithem Tajouri, nonché da alcune fazioni della Guardia Presidenziale. Durante l’azione, Ghwell ed alcuni membri dell’ex CGN (il Congresso Generale Nazionale, l’assemblea parlamentare destituita lo scorso marzo con la nomina di Serraj), tra cui Awad Abdul Saddeq, Vice Premier del vecchio CGN, e l’ex capo della sua Guardia Presidenziale, Ali Ramali, hanno occupato, in poche ore e con discreta facilità, diversi edifici governativi ed uffici istituzionali nella città, tra cui la sede del Consiglio di Stato - l’organo legislativo libico formato dagli ex parlamentari di Tripoli, situato all’interno dell’hotel Rixos - approfittando dell’assenza di Serraj impegnato in attività diplomatiche a Tunisi. Il passo successivo di Ghwell è stato quello di provare a riposizionarsi al centro della scena politica nazionale, annunciando la deposizione del GAN e il suo reinsediamento al potere. Serraj ha ovviamente condannato l’azione di Ghwell, ordinando il suo arresto e quello degli altri responsabili. Per 48 ore, la capitale libica ha vissuto in una semi anarchia, con scontri a fuoco in diverse zone della città, anche nelle immediate vicinanze della base navale di Abu Sittha, Quartier Generale del GAN e nella zona di Zawia al Dahamani. Nelle ore successive Ghwell è stato costretto ad interrompere il suo golpe e ad abbandonare la città. Tuttavia, anche nelle settimane successive, Tripoli non ha vissuto giornate tranquille. Nelle ultime 3 settimane, infatti, si sono intensificati gli scontri (non solo verbali) tra la RADA, la milizia salafita guidata da Abdul Raouf Kara, che risponde ad Abdel Hakim Belhadj e controlla l’aeroporto militare di Mitiga, ed alcune milizie islamiche legate al Gran Mufti al-Ghariani, al Comandante misuratino Salah Badi, Capo del Fronte (Jabhat) al-Samud, e ad una serie di “hardliner” bengasini, tra cui Wisam Ben Hamid ex leader della 1° Brigata del Libyan Shield. Negli scontri si sono registrate diverse vittime da ambo le parti. Questi episodi, uniti al golpe fallito, rappresentano un’ulteriore conferma dell’incapacità che Serraj mostra nel tenere unito non solo il Paese, ma anche la stessa capitale, e ciò continua ad indebolirne l’”appeal”. Il Vice di Serraj, Ahmed Maiteeq, ha avuto diversi incontri con l’attuale Comandante della Guardia Presidenziale, il Colonnello Najmi al-Nakua, preoccupato dal graduale disfacimento del sostegno delle milizie a favore del GAN, come detto anche da parte della stessa Guardia Presidenziale, che si sarebbe dichiarata pronta a sostenere Ghwell e il suo governo, “l’unico legittimo e costituzionale”. Dal dopo tentato golpe emergono 2 elementi preoccupanti. In primis la relativa facilità con cui Ghwell è riuscito ad arrivare a Tripoli e a prendere il possesso di alcuni edifici, una facilità dovuta certamente al supporto delle milizie a lui alleate, ma anche dalla scarsa volontà dei gruppi armati vicini al GAN di contrastarne l’azione. Del resto, dopo il tentato golpe e la richiesta d’arresto da parte di Serraj, Ghwell è riuscito tranquillamente ad abbandonare Tripoli senza grosse conseguenze e, ad oggi, nulla impedisce che nel breve termine ci possa essere un nuovo e più fortunato tentativo di rovesciare Serraj. L’altro elemento che preoccupa è il peggioramento dei rapporti nella mini-galassia di milizie presenti a Tripoli. Oltre alla contrapposizione tra i gruppi armati fedeli e quelli contrari al Governo di Accordo Nazionale, esistono spaccature sempre più profonde all’interno di queste ultime, soprattutto in quelle che si rifanno alla Fratellanza Musulmana. La sensazione è che Tripoli sia vicina a ripiombare nel clima del “tutti contro tutti” che esisteva fino allo scorso aprile. Dal punto di vista prettamente politico, inoltre, iniziano a farsi sempre più insistenti le ipotesi su un possibile dopo-Serraj. Secondo alcune fonti emiratine, Ghwell avrebbe contatto Abdullah al Thani, Primo Ministro del Governo di Baida (espressione del Parlamento di Tobruk), proponendogli la formazione di un esecutivo congiunto alternativo rispetto a quello designato dalle Nazioni Unite. Al Thani, che in questi mesi ha fatto pressione sul Parlamento affinché non votasse la fiducia al Governo di Serraj, per il momento non si sarebbe esposto. Esistono alcuni punti di contatto, in primis l’avversione al GAN di Serraj, che possono far pensare ad un’unione di intenti tra Tripoli e Tobruk con Ghwell che può già contare sull’appoggio di alcuni membri dell’Assemblea, tra cui Ziyad Daghim, esponente di Bengasi, da sempre tra i principali oppositori di Serraj. Detto questo, la strada resta comunque tortuosa. Prima e dopo l’insediamento di Serraj, di fatto le milizie di Tripoli e Tobruk – queste ultime guidate dal Generale Khalifa Haftar – non hanno mai smesso di combattersi. Lo stesso Comandante della Guardia Presidenziale, al-Nakua, non ha speso parole di particolare simpatia nei confronti del Generale. Inoltre, anche qualora il Parlamento di Tobruk dovesse appoggiare un governo ispirato da Ghwell e al Thani dandogli la fiducia, si assisterebbe ad un inevitabile scontro tra i 2 per la poltrona di premier. Nel frattempo, sul fronte orientale, le forze del Generale Haftar - che dovrebbero ricevere supporto manutentivo per i propri mezzi dal Governo russo, in virtù di un recente accordo siglato a Tobruk - continuano ad essere impegnate nell’eliminazione delle sacche di resistenza delle milizie islamiche ancora presenti nell’area costiera tra Baida e Derna e, soprattutto, a Bengasi, in particolare nella zona portuale della città dove sono presenti alcune postazioni appartenenti a Daesh, e nel quartiere meridionale di Ganfouda, all’interno del quale è ancora forte la presenza di milizie appartenenti ad Ansar al-Sharia e al Consiglio Rivoluzionario della Shura di Bengasi. Proprio a Ganfouda, in queste ore le forze di Haftar hanno lanciato una nuova offesniva incontrando una fortissima resistenza e lasciando sul terreno diversi caduti. Più a sud, Haftar, appoggiato da alcune unità delle PFG di Jadhran che avrebbero disertato per allearsi col Generale (si parla di 5 brigate comandate dal Colonnello Miftah Maqreef), continua a controllare terminal e pozzi situati nella Mezzaluna Petrolifera, dopo il blitz effettuato lo scorso 10 settembre, e le sue forze continuano a spingersi verso ovest, con alcune unità distanti appena 70 km da Sirte. Negli ultimi giorni, l’offensiva ha riguardato soprattutto l’area situata tra El-Agheila/Brega e Ben Jawad. Una volta assicurata questa zona, non è ancora chiaro se Haftar vorrà spingersi con decisione verso Sirte, magari partecipando alle operazioni per eliminare le ultime sacche di resistenza di Daesh ancora presenti, per poi provare a spingersi ulteriormente verso ovest e verso la Tripolitania, cercando un difficilissimo accordo con le milizie di Misurata presenti a Sirte. In quest’ultima, le brigate misuratine coinvolte nell'Operazione BUNYAN AL-MARSOUS sono ancora impegnate nelle operazioni volte all’eliminazione delle restanti forze di Daesh – circa 200 uomini - ancora presenti all’interno di un unico quartiere della città disseminato di trappole esplosive, mine e decine di cecchini (il complesso residenziale Giza Bahriya, che si estende su un’area di circa 1 km²). Nonostante l’appoggio aereo fornito dagli elicotteri AH-1W SUPER COBRA ed UH-1Y VENOM dei Marines provenienti dalla LPD SAN ANTONIO (che ha rimpiazzato la WASP), i misuratini continuano a subire grosse perdite (oltre 3.000 feriti gravi e 668 morti dallo scorso maggio, 89 solo nell’ultimo mese), pagando a carissimo prezzo l’imminente conquista della città.


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