RIVISTA ITALIANA DIFESA
La KUZNETSOV e i ricorsi della storia 02/11/2016 | Giuliano Da Frè

Nell’ottobre 1904 fu il porto spagnolo di Vigo il pomo della discordia per la flotta russa diretta in guerra. Esattamente 112 anni più tardi, è stato il porto-enclave di Ceuta ad essere negato dalla Spagna quale tappa di rifornimento a una squadra navale russa in rotta verso il ribollente calderone siriano. La task force che ha salpato le ancore da Severomorsk lo scorso 12 ottobre, incentrata sui gioielli della Flotta Settentrionale (la portaerei KUZNETSOV, reduce da un refit, in vista dei grandi lavori che inizieranno nel 2017, e l’incrociatore nucleare da battaglia PYOTR VELIKIY, scortati da 2 caccia UDALOY e da 4 navi logistiche), e diretta al largo della Siria per partecipare alle operazioni che Mosca ha lanciato a sostegno di Damasco sta infatti ripercorrendo, almeno in parte, la rotta già sostenuto all’inizio del secolo scorso. Nel 1904-1905, la Russia era impegnata nella guerra contro il Giappone. La sua Flotta del Pacifico era bloccata a Port Arthur: e dopo alcune sconfitte, era stato deciso di inviarle di rinforzo la squadra del Baltico. Rivale strategica dell’Impero zarista, con cui da decenni giocava in Asia centrale il “Grande gioco”, la Gran Bretagna, all’apice dalla sua potenza navale e della sua influenza, fece di tutto per impedire il viaggio alla Squadra di soccorso, guidata dall’energico e collerico Ammiraglio Rojestvensky. Partita il 14 ottobre 1904, la cosiddetta 2ª Squadra del Pacifico ci mise del suo quando, la notte del 21-22 ottobre, prese a cannonate alcuni pescherecci inglesi che aveva scambiato per torpediniere giapponesi (il nemico era tanto abile che lo si riteneva capace di tutto) nelle acque del Dogger Bank, affondandone uno, con alcune vittime. Londra e Pietroburgo giunsero sull’orlo della guerra: si decise però ben presto di affidarsi ad un arbitrato; ma gli inglesi usarono tutta la loro influenza per creare problemi alla Squadra russa, che doveva effettuare una serie di carbonamenti, prima di giungere nel Mar del Giappone. E già nel porto spagnolo di Vigo, l’Ammiraglio Rojestvensky si trovò a dover fronteggiare tale ostilità, superata solo imponendosi alle autorità locali, e alla titubante diplomazia zarista. Ma fu solo l’inizio di un’odissea, cui contribuirono anche le incertezze degli alleati francesi, e i problemi logistici insiti nell’operazione stessa. In questo ottobre 2016, non ci sono stati pescherecci affondati o carichi di carbone contesi. Ma c’è un nuovo “Grande gioco”, che vede impegnati in un braccio di ferro riscaldatosi dopo l’esplodere del conflitto russo-ucraino nel 2014, Mosca e la NATO. A dividere il gigante euroasiatico e l’Occidente non sono i passi montani tra India e Afghanistan, né l’ideologia sovietica. Gli interessi in gioco sono di rude natura geopolitica, e legati alla vecchia ricerca da parte russa di porti amici in Mediterraneo, il vecchio mito strategico dello sbocco ai “mari caldi”. Oggi, un quarto di secolo dopo la disastrosa implosione dell’Impero sovietico, tra stretto di Gibilterra e Dardanelli solo la costa siriana offre ancora punti attrezzati per le esigenze della Flotta russa, e Bashar el Assad è un alleato prezioso. Ma la crisi ucraina (e in prospettiva il precedente conflitto in Georgia, nel 2008, e la rinnovata volontà di potenza russa) ha esacerbato i rapporti con la NATO. Novello “impero marittimo”, l’Alleanza militare a guida statunitense ha deciso di porre vari ostacoli alla presenza russa nel “lago occidentale” mediterraneo. La prima tappa del nuovo calvario è appunto stata Ceuta: sebbene dal 2010 nell’enclave spagnola sulla costa marocchina abbiano sostato per rifornimento più di 50 navi da guerra russe, comprese quelle impegnate nell’ultimo anno in Siria, Madrid questa volta ha negato il supporto alla KUZNETSOV e alla sua Squadra. D’altra parte, a chiarire il clima creatosi, oltre alle ripetute dichiarazioni critiche giunte dai vertici NATO, si era vista anche la Royal Navy all’opera, ombreggiando nella Manica le navi russe, quando il 21 ottobre erano transitate lungo il Canale. Esattamente com’era accaduto nell’ottobre 1904, dopo il tragico “incidente di Hull”. Anche Malta ha detto no alla sosta delle navi russe: e non sarà l’unica nazione a farlo. Il Governo russo ha già ordinato a 3 navi cisterna della Flotta del Mar Nero di prepararsi a supportare, a rotazione e in maniera continuativa, la squadra da battaglia. Come per l’ammiraglio Rojestvensky, che alzava l’insegna sulla nuovissima corazzata SUVOROV, anche il suo successore alla testa della KUZNETSOV dovrà vedersela con un complicato balletto politico, diplomatico, e logistico.


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