RIVISTA ITALIANA DIFESA
Al via la battaglia di Mosul 17/10/2016 | Pietro Batacchi

Con oltre un anno di ritardo le forze irachene hanno dato il via alla battaglia per la liberazione di Mosul. La città in mano allo stato Islamico è stata investita da 2 direzioni principali, una da sud/sud-est ed una da nord/nord-est. La prima direttrice è quella seguita dalle forze “federali” irachene, appoggiate dalle cosiddette Tribal Security Forces (sunnite), che coinvolge soprattutto reparti della 15ª e 16ª Divisone dell'Esercito ed ha la sua punta di lancia dai nuclei del CTS (Counter Terrorism Service), ovvero le forze speciali di Baghdad. In totale stiamo parlando di circa 20.000 tra cui 2.000-3.000 miliziani delle già ricordate milizie sunnite tribali. Le milizie sciite della Popular Mobilization Unit non sembrano, al momento, coinvolte nell'operazione e restano nelle retrovie. Il fronte nord-occidentale dell'offensiva, invece, è gestito dai Curdi e dai Turchi. I Curdi hanno già liberato alcuni villaggi a nord-est di Mosul e dovrebbero mettere in campo tra i 10.000 e i 15.000 elementi appartenenti alle RGB (Regional Guard Brigades), ovvero le forze del Governo Regionale Curdo “ufficiali” (distinte dalle forze dei 2 principali partiti, il KDP/Barzani ed il PUK/Talabani). La Turchia, invece, partecipa alla battaglia con la Hashd al-Watani, la milizia creata da Atheel al-Nujaifi, ex Governatore della provincia di Nineve, addestrata e supportata dal contingente turco dispiegato a Bashiqa. La presenza militare turca in Iraq, unitamente a quella in Siria, è stata rinnovata da Ankara il 1° ottobre, ma questo ha mandato su tutte le furie Baghdad che ha convocato l'Ambasciatore turco ed ha approvato una mozione che definisce occupazione la presenza turca (cosa che ha portato Ankara a convocare a sua volta l'Ambasciatore iracheno). Da allora i rapporti tra Baghdad ed Ankara sono letteralmente precipitati. Il Governo centrale iracheno, infatti, non vuole militari turchi a Mosul, Bashiqa dista una ventina di chilometri dalla seconda città irachena, a differenza del Presidente del Governo Regionale Curdo, Massoud Barzani, uomo di Ankara. Del resto, la Turchia ha mire consolidate su Mosul e la sua area, ricca di petrolio e abitata da quella minoranze turcomanne di cui Ankara si sente storicamente protettrice, e vede in una presenza nel nord dell'Iraq la migliore garanzia per tenere sotto controllo le spinte autonomiste dei curdo-iracheni. Ankara, pertanto, vuole mettere le mani su Mosul e “marcare a uomo” pure i Curdi “amici” di Barzani per evitare che questi dopo Kirkuk si prendano anche Mosul e vadano troppo oltre. L'azione di Baghdad e quella di Erbil sono coordinate da una commissione miliare congiunta ed è stata preparata da un a serie di visite di Barzani a Baghdad. Nella battaglia è fondamentale il supporto americano e degli altri Paesi partecipanti all'Operazione INHERENT RESOLVE. Gli USA hanno sul terreno una forza autorizzata di 5.262 unità, con compiti svariati: training, mentoring, supporto alla pianificazione, condotta di operazioni speciali, designazione obbiettivi ecc. Gli Americani forniscono anche supporto di artiglieria con lanciarazzi campali a lungo raggio ed alta precisione HIMARS e con obici a traino meccanico da 155 mm M198 e appoggio ravvicinato con gli elicotteri d'attacco AH-64 APACVHE. In pratica si tratta di un contingente schierato sul terreno ridotto, ma che sta giocando un ruolo attivo e di primo piano. A questo bisogna poi aggiungere i raid aerei che in queste ore hanno subito una vera e propria accelerazione. Gli USA e i Paesi partner possono utilizzare le basi nel Golfo, in Giordania e Turchia, più il gruppo da battaglia della portaerei americana EISENHOWER, la portaerei francese CHARLES DE GAULLE e almeno una nave d'assalto anfibio dei Msarines. In questo momento sono molto importanti le basi di Incirlik, Turchia, dove sono schierati velivoli d'attacco A-10 dell'USAF ed F-16 danesi, le basi giordane, da dove partono F-16 americani e belgi, e MIRAGE 2000 francesi e la base qatarina di Al Udeid dove sono di stanza i bombardieri strategici americani B-52H. Non bisogna poi dimenticare la base cipriota di Akrotiri (Inglesi) e quelle emiratine (Francesi, Australiani) ecc. Mosul in questo momento è difesa da 4.000-5.000 miliziani, forse anche meno. Con anticipo, infatti, lo Stato Islamico potrebbe aver ritirato molti dei suoi uomini per disperderli sul terreno lasciando la difesa della città ad un contingente ridotto. Un modo per preservare le forze e colpire in altre parti del territorio iracheno ricorrendo in maniera massiccia ad azioni puramente terroristiche (un rischio che corre anche la diga di Mosul difesa dal contingente italiano) e cercando di ostacolare lo sforzo logistico di sostegno. Le difese apprestate da ISIS a difesa di Mosul sono quelle che abbiamo già visto a Sirte e Ramadi: trincee, bunker sotterranei, trappole esplosive, veicoli bomba e cecchini. Considerate le dimensioni della città e la densa urbanizzazione, c'è da aspettarsi che le operazioni, in particolare la delicata fase di “ripulitura”, vadano a avanti a lungo, anche per preservare il più possibile vite civili. Non sarà, insomma, una passeggiata. E poi verrà il più difficile “dopo Mosul” con Baghdad, Erbil e Ankara pronte a contendersi l'influenza sull'importante città. E proprio Baghdad in questo momento si appresta a giocare la partita non certo nelle migliori condizioni. Il Governo Abadi è sempre più debole, fiaccato com'è dall'azione dell'ex Premier Maliki che, con il Fronte della Riforma, sta lentamente erodendo il consenso parlamentare per Abadi. L'azione di Maliki ha già portato al siluramento del Ministro delle Finanze curdo Hoshyar Zebari e del Ministero della Difesa sunnita Khalid al-Obeidi. Nel mirino adesso c'è il Ministro degli Esteri, lo sciita Ibrahim al-Jaafari, ma la preda grossa è lo stesso Premier Abadi alle prese in questi giorni con 2 bombe a orologeria: il rimpiazzo dei ministri silurati e, soprattutto, il passaggio della legislazione sul bilancio dal quale dipende il pacchetto di assistenza economica per Erbil.


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