Il processo di integrazione della Difesa europea rilanciato dopo la Brexit costituisce una straordinaria opportunità per le industrie militari del Vecchio Continente, ma, allo stesso, tempo rappresenta una sfida piena di ostacoli e problematiche. Parlare di integrazione delle industrie europee della Difesa, senza prima capire esattamente da dove si parte e quali potrebbero, e dovrebbero, essere gli obbiettivi finali significa, difatti, compiere un esercizio di pura retorica. Integrare, significa razionalizzare, ma razionalizzare significa eliminare le sovrapposizioni e tagliare i rami secchi, con tutto ciò che questo comporta per i comparti, soprattutto a livello locale. Prendiamo il settore aeronautico, al momento quello più strutturato e integrato in Europa. Escludendo il Regno Unito, e dunque BAE Systems, oggi in Europa abbiamo il gigante franco-tedesco Airbus che si è concentrato sul core business civile dopo il ridimensionamento delle proprie attività militari con la progressiva dismissione di quote azionarie nella francese Dassault e lo smantellamento del settore elettronica per la difesa (in buona misura ceduto al fondo KKR). Al gruppo guidato da Tom Enders, pertanto, di militare non resta moltissimo. Gli elicotteri, dove Airbus è il principale concorrente di Leonardo, con gamme di prodotto in larga misura sovrapponibili; l'aeronautica, con il programma Eurofighter Typhoon - programma che in mancanza di ordini export potrebbe vedere nel 2018 la chiusura delle linee di assemblaggio spagnola e tedesca – ed il segmento trasporto, che paga però le difficoltà dell'A400M; la missilistica, dove Airbus detiene il 37,5% di MBDA (l'altro 37,5% è di BAE Systems e il restante 25% di Leonardo) e con un polo francese molto più forte rispetto a quello tedesco; infine lo spazio, con un mix di attività civili e militari che vanno dai lanciatori, ai satelliti di osservazione della terra, ai satelliti per comunicazioni militari, ai servizi. Thales e Leonardo, invece, hanno il core business nella difesa e sicurezza, collaborano già nello spazio, con le 2 joint venture Thales Alenia Space e Telespazio, ma per il resto hanno attività in buona misura sovrapponibili. Le 2 aziende sono entrambe forti nell'elettronica – radaristica, sistemi di missione, comando e controllo, simulazione, sistemi EW ecc. - con alcuni segmenti molto importanti praticamente identici ed in forte concorrenza: radar, sistemi avionici, comando e controllo ecc. In più Thales è strettamente legata allo Stato francese e alla Dassault, in un ferreo “patto familiar-sindacale” che fa delle due aziende francesi una sorta di blocco unico. Un blocco difficilmente separabile e razionalizzabile. E poi abbiamo la svedese Saab, più piccola delle prime 3 aziende dell'Europa continentale, ma con un portafoglio prodotti che spazia dallo sviluppo e progettazione di aerei da combattimento, all'elettronica, per finire alla cantieristica dopo l'acquisizione dalla tedesca Thyssen Krupp Marine Systems del cantiere Kockums di Malmoe. Il settore, pertanto, presenta un suo livello di frammentazione e sconta il fatto che il player principale ha il suo core business nel civile ed un militare sempre più debole. Nel settore navale e in quello terrestre la situazione è ancor più complessa. Per quanto riguarda la cantieristica militare, oggi l'Europa vanta un settore di altissimo livello, che la porta a sopravanzare gli Stati Uniti sul mercato dell'export. Una leadership dovuta alla grande tradizione di prodotto ed al fatto che la cantieristica americana è dimensionata per la produzione di unità grandi e per fare fronte alla domanda interna. La cantieristica militare europea è strutturata su 5 grandi poli nazionali principali. Quello italiano, con Fincantieri, quello francese, con DCNS, quello tedesco, con Thyssen Krupp Marine Systems e, adesso, anche Lurssen, quello olandese, con Damen Schelde, e quello spagnolo, con Navantia. Ciascuna di queste realtà presenta un portafoglio di prodotto sostanzialmente completo - dalle corvette ed unità veloci di piccolo tonnellaggio, alle fregate, passando per i cacciatorpediniere e, per finire, alle portaerei – ed ha una presenza molto forte sul mercato internazionale, figlia di contratti plurimiliardari. DCNS, per esempio, in Brasile e India, Fincantieri negli Emirati Arabi Uniti e, adesso, in Qatar, Navantia, in Australia e così via. In queste condizioni, pertanto, una vera integrazione richiederebbe l'eliminazione di segmenti di attività ridondanti e non più competitivi in un'ottica integrata, ma questo significherebbe rinunciare ad alcune attività su base nazionale, con le relative competenze e, soprattutto, con i relativi carichi occupazionali. Tra l'altro è curioso sottolineare che proprio nel settore della cantieristica europea si è assistito di recente ad una “rinazionalizzazione” dopo che il cantiere Kokums di Malmoe, acquistato alcuni anni fa da Thyssen Krupp Marine Systems, è tornato sotto controllo svedese con un'operazione che lo ha portato come già accennato sotto le bandiere di Saab. Evidentemente in Svezia temevano che Thyssen volesse solo eliminare, o ridimensionare, un pericoloso concorrente. E ne avevano ben donde visto che Thyssen puntava a far uscire Kockums dal settore dei sottomarini di medie dimensioni, per focalizzare il cantiere svedese esclusivamente sui battelli costieri, privandolo anche della possibilità di partecipare alle gare per i nuovi sottomarini in Australia e Singapore. La situazione nel settore dei sistemi terrestri è per certi versi simile a quella del settore navale. Il comparto è strutturato a livello nazionale su 7-8 grandi poli (KMW e Rheinmetall in Germania, Nexter, Renault Trucks Defense e Thales in Francia, Leonardo e Iveco DV in Italia, Patria/Kongsberg in Norvegia/Finlandia ecc.) che detengono portafogli prodotto molto vasti - si va dai veicoli tattici leggeri, agli IFV ruotati e blindati, alle torrette, per finire agli MBT – e vantano una presenza consolidata sul mercato dell'export. Rispetto alla cantieristica, però, l'industria terrestre in Europa deve fare i conti con la penetrazione da parte di attori extra-europei come l’americana General Dynamics che negli ultimi anni ha acquistato il controllo di tre storiche aziende europee - la svizzera Mowag, l’austriaca Steyr e la spagnola Santa Barbara – trasformandosi di fatto nel primo player europeo nel settore dei blindati ruotati e cingolati. Per non parlare della sempre più dinamica industria israeliana che ha fatto irruzione sul mercato europeo con torrette, sistemi optronici e vetronici e missili controcarro ottenendo moltissimi successi commerciali. Detto questo, in campo terrestre molto dipenderà da come andrà la fusione, annunciata lo scorso anno, tra la francese Nexter e la tedesca KMW. In molti hanno subito parlato di nuova “Airbus terrestre”, ma per il momento le 2 compagnie hanno solo costituito una holding paritetica, denominata KNDS (KMW and Nexter Defense Systems), ma restano due entità distinte; peraltro, una pubblica e una privata. Al termine di un periodo di “prova” di 3-5 anni, e solo allora, partirà la fusione completa dalla quale uscirà un'unica compagnia con un unico nome.