Negli ultimi 5 giorni la Libia ha visto l’esplosione di un feroce conflitto tra forze anti-islamiste, guidate dal Generale Khalifa Haftar, e milizie islamiche filo-governative. L’operazione, denominata “Dignity of Libya”, è partita la mattina del 16 maggio a Bengasi, quando forze fedeli ad Haftar hanno condotto un’offensiva a sorpresa contro le milizie estremiste. Alcuni elicotteri e almeno un caccia MiG-21 hanno bombardato la parte occidentale della città, sede delle basi di Ansar al-Sharia (responsabile dell’attacco al consolato americano del settembre 2012), Rafalla al-Sahati e del battaglione “17 Febbraio”. Anche alcune unità delle forze speciali si sono unite all’offensiva, che ha causato circa 70 vittime. Nelle stesse ore, a Tripoli, le milizie di Zintan hanno attaccato una base di miliziani filo-governativi nella periferia della città. Il giorno seguente c’è stata la risposta del Governo, che ha etichettato l'intera operazione come un "colpo di stato", ed ha istituito una no-fly zone su Bengasi (probabilmente la prima volta che uno stato impone una direttiva simile alla propria aeronautica), ma l’ordine è stato ignorato. Alcune ore dopo, infatti, un numero non precisato di velivoli libici ha bombardato la stazione radio di Ansar al-Sharia a Bengasi. Le operazioni sono proseguite anche il 18 maggio, stavolta a Tripoli, con scontri che hanno causato almeno 2 morti e diverse decine di feriti. L’offensiva di Tripoli ha visto la partecipazione di ben 3 brigate delle milizie di Zintan, Al-Qaqa, Al-Sawaeq e Al-Madani che, insieme ad altre unità dell’ Esercito libico, hanno preso d’assalto diverse basi dei militanti islamici, compresa la 27ª Brigata di Misurata, comandata da Buka, esponente di spicco del “Libya Central Shield”, vero e proprio braccio armato filo-governativo a sostegno delle forze islamiche in seno al governo libico. Anche il Parlamento è finito sotto attacco, con le forze fedeli al Generale Haftar che ne hanno imposto l’evacuazione, annunciando la sospensione dei lavori parlamentari e conferendo l’autorità legislativa all'Assemblea costituente recentemente eletta, l’organismo incaricato di redigere la costituzione del Paese. Anche in questo caso, la risposta del Governo non si è fatta attendere: il 19 maggio il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Libico, Generale al-Obaidi, ha ordinato il dispiegamento delle milizie filo-governative a protezione degli edifici governativi a Tripoli. Certo è che l’offensiva di Haftar ha preso le autorità di Tripoli completamente di sorpresa. In una conferenza stampa tenuta poche ore dopo gli scontri, infatti, il Primo Ministro al-Thinni e il Generale al-Obaidi hanno ammesso che 120 veicoli dell'Esercito libico si erano uniti alle forze di Haftar, partecipando all’offensiva di Bengasi contro le milizie islamiche. Inoltre, alcuni caccia dell’aeronautica avevano effettuato attacchi aerei contro postazioni utilizzate dalle stesse milizie. Ovviamente, il fatto che unità dell'Esercito ignorino gli ordini provenienti dalle autorità centrali, agendo senza il loro consenso e unendosi alle forze leali ad un nemico del governo, è estremamente imbarazzante per le autorità di Tripoli e indebolisce ulteriormente la loro legittimità. Dal canto suo, il Generale Haftar, ex leader delle forze ribelli che portarono al rovesciamento del regime di Gheddafi, definisce le proprie forze “l’unico vero Esercito libico” che ha come scopo la “liberazione della Libia dal governo islamico estremista, che ha consegnato il Paese ai terroristi”. Haftar nasce come uno degli uomini che aiutarono Gheddafi ad impadronirsi del potere. Dopo aver giocato un ruolo chiave nella guerra in Ciad negli anni 80, il suo rapporto col raìs si deteriorò irrimediabilmente, obbligandolo a fuggire negli Stati Uniti (pare con l’aiuto della CIA), dove rimase quasi 20 anni prima di rientrare in Libia, nel 2011, come uno dei leader delle forze ribelli. Oggi è a capo di un’ampia coalizione formata da milizie e da unità dell’Esercito regolare, unite dall’opposizione ad un Governo guidato da estremisti islamici. Gode di un forte sostegno in Cirenaica, soprattutto tra le forze tribali e tra gli elementi scontenti delle Forze Armate, in particolare dell'Aeronautica. Inoltre, sembrerebbe riscuotere simpatie anche da parte di alcuni uomini all’interno del Governo, come il Ministro della Cultura al-Amin. Da un punto di vista operativo, Haftar ha il controllo di almeno 6.000 soldati, divisi tra miliziani, unità regolari dell’esercito e forze speciali, in particolare quelle appartenenti alle milizie di Bengasi, fedeli al Colonnello Abu Khamada, probabilmente l’unità più addestrata del paese. Ad esse si aggiungono 2 basi aeree (Bengasi e Tobruk) con relativi velivoli e circa 150/200 veicoli dell’Esercito, tra blindati, carri armati e pick-up dotati di mitragliatrici di grosso calibro, lanciarazzi e mortai. Non trovano, invece, conferma le voci riguardanti il coinvolgimento dell’Egitto nell’offensiva guidata da Haftan, voci nate dagli stretti legami del Generale libico con l’establishment militare egiziano. E’ possibile, però, che il Gnerale stia ricevendo una qualche forma di supporto, operativo e d’intelligence, dagli USA, dove comunque Haftar ha diversi contatti, soprattutto nella CIA, e dagli Emirati Arabi Uniti, interessati ad arginare l’influneza islamista e della Fratellanza Musulmana anche in Libia. Per quanto riguarda le reazioni esterne agli ultimi sviluppi, il deterioramento delle condizioni di sicurezza in Libia, ha spinto alcuni paesi a chiudere le proprie sedi diplomatiche, in primis Arabia Saudita, Turchia ed Algeria che, come la Tunisia, ha rafforzato il contingente di uomini che presidiano il confine con la Libia, con l’invio di ulteriori 5/6.000 unità. I governi europei spingono per nuove elezioni (da marzo il paese ha visto susseguirsi ben 3 Primi Ministri), che portino alla definitiva approvazione di una nuova costituzione. Peraltro, alcuni sondaggi sembrano dare per certa la vittoria di Mahmoud Jibril, stretto alleato di Haftar e, attualmente, in esilio autoimposto ad Abu Dhabi. Gli stati Uniti seguono con attenzione l’evolversi della situazione. Lo scorso 13 maggio hanno inviato a Sigonella una Task Force di 250 Marines e 8 convertiplani V-22 OSPREY, rischierandoli dalla base spagnola di Moron. Tuttavia, Washington vede di buon occhio l’offensiva di Haftar, nonostante qualche timore che una sua vittoria possa portarlo a seguire le orme dei suoi omologhi egiziani i quali, volendo sostituire un governo islamico con uno democratico, hanno finito con l’instaurare una dittatura militare.