RIVISTA ITALIANA DIFESA
Gli sviluppi del conflitto siriano 29/08/2016 | Michele Taufer

Durante tutto il mese di agosto, il conflitto siriano è stato caratterizzato da un’estrema fluidità ed imprevedibilità dovuta soprattutto al maggior attivismo manifestato nelle questioni interne del Paese da parte di attori quali Turchia, Federazione Russa e coalizione internazionale a guida USA. Nell’immediato tali azioni hanno condotto a ripercussioni di tipo tattico sul terreno, che però hanno generato importanti conseguenze anche sul piano strategico e che nel prossimo futuro porteranno ad un ribilanciamento del peso politico, all’interno della Siria, dei vari contendenti coinvolti nella guerra civile e nell'eventuale “dopo ISIS”. Dalla fine di luglio, infatti, gli insorti erano tornati al contrattacco nei confronti delle posizioni di Assad specie attorno alle aree di Idlib, Deir el-Zor e Aleppo. Il precipitare della situazione aveva costretto le Forze Aerospaziali Russe (Vozdushno-Kosmicheskiye Sily - VKS) ad intensificare i propri attacchi a supporto dei governativi permettendo così all’Esercito Siriano (SAA) di fermare l’avanzata della guerriglia ed anzi, a partire dalla prima decade del mese, di riguadagnare l’iniziativa sul terreno, specie nella città di Aleppo, battaglia che si configura ormai come vero e proprio turning point dell’intero conflitto. I governativi hanno lanciato negli ultimi giorni una serie di operazioni volte ad eliminare le posizioni dell’opposizione nella parte nord-orientale della città, mentre nella parte meridionale e sud-occidentale (complesso residenziale 1070 e Ramouseh) procede il tentativo di chiudere la manovra a tenaglia ormai in corso da mesi e fondamentale per proseguire l’assedio di Aleppo. Il supporto aereo fornito dalla Federazione Russa e dall’Aeronautica Siriana è stato fondamentale, specie ai danni dei miliziani di Jaish al-Fateh nella parte orientale della città e a sud nei pressi del promontorio di Alqara. E’ da segnalare che le operazioni sono anche state rese possibili, soprattutto negli ultimi giorni, oltre che dal supporto aereo anche dall’arrivo di rinforzi provenienti dai ranghi della 4ª Divisione Meccanizzata dell’Esercito Siriano, precedentemente impegnati nella provincia di Darya. Un disimpegno resosi possibile a seguito della “resa” delle formazioni ribelli presenti nella città situata a sud di Damasco. Se questa è la situazione nella città di Aleppo, anche nell’omonima provincia gli scontri si susseguono: il 24 agosto i governativi hanno respinto un’offensiva da parte dello Stato Islamico volta ad attaccare la base aerea di Kuweires, situata a 50 km dal capoluogo siriano. Il nord della Siria ha però registrato un’importante passaggio nella campagna di contrasto allo Stato Islamico nella prima metà del mese, quando le forze curde dello YPG, che costituiscono il nucleo portante delle Forze Democratiche Siriane (SDF), hanno conquistato la strategica città di Manbij, privando di fatto lo Stato Islamico di un hub logistico di fondamentale importanza. In realtà a quanto pare le unità curde dello YPG, supportate dalle Forze Speciali statunitensi presenti sul campo e dal potere aereo della coalizione di INHERENT RESOLVE, hanno subito pesanti perdite nella conquista della città, che pare sia capitolata definitivamente solo grazie ad una sorta di accordo tra le milizie curde e gli ultimi miliziani jihadisti, ai quali è stato poi permesso di ripiegare verso sud in direzione di Al Ghadurah. Gli scontri tra le forze curde e i miliziani dell’ISIS si sono poi protratti nelle aree periferiche la cittadina siriana nei giorni seguenti la riconquista, andando ad interessare le zone ad ovest, permettendo la cattura del villaggio di Arimah, e a nord dell’abitato in direzione di Jarablus incontrando però una forte resistenza da parte dei miliziani dell’ISIS. Sempre le milizie curde sono state catapultate al centro dell’attenzione grazie ad un evento di assoluto rilievo nell’ormai lungo e sanguinoso conflitto siriano. Il 18 agosto, infatti, la Polizia curda nota come Asayish ha attaccato delle posizioni appartenenti alle milizie filogovernative delle National Defense Forces (NDF) nella città di Hasakah, situata nel nord-est della Siria. Come conseguenza, l’Aeronautica Siriana, sempre lo stesso giorno, ha bombardato le posizioni curde nella città impiegando 2 Su-24 FENCER, attacchi che si sono susseguiti anche il 20 agosto e che hanno provocato una reazione da parte di Washington in quanto gli strike potevano esporre a seri rischi il personale delle Forze Speciali statunitensi presenti nelle aree a controllo curdo e impegnati ufficialmente nell’opera di training e di advising a beneficio delle SDF. Come conseguenza, i velivoli americani impiegati in INHERENT RESOLVE hanno iniziato ad effettuare delle missioni di Combat Air Patrol (CAP), di fatto creando una rischiosa No Fly Zone che potrebbe complicare lo sforzo di de-conflicion con la Federazione Russa, proprio con lo scopo di evitare ulteriori e pericolose avventure da parte dell’Aeronautica Siriana. Nelle CAP sembra che gli Stati Uniti stiano impiegando anche l'F-22 RAPTOR, dopo il battesimo del fuoco ricevuto dal velivolo sempre in Siria nel 2014. Nel frattempo, sempre a nord del Paese, nel governatorato di Hasakah le milizie dello Stato Islamico sono passate all’offensiva spingendosi verso nord e attestandosi a ridosso del perimetro meridionale della città di Al-Shahdadi, abitato strategico situato in prossimità del governatorato di Deir el-Zor. Verso fine mese, poi, il conflitto siriano ha visto l’entrata in scena, questa volta in maniera diretta, dell’attore regionale più influente nell’area: la Turchia. Il 24 agosto, le Forze Speciali turche, i Maroon Berets, hanno superato il confine siriano in direzione di Jarablus. A questo iniziale contingente si sono aggiunti anche reparti meccanizzati appartenenti alla 2ª Armata di stanza a Malatya ed equipaggiati sia con carri M-60T, M-60ATTe A3 e MBT LEOPARD 2 A4 sia di IFV tipo FNSS ACV-15 così come di mezzi blindati, MRAP e pezzi d’artiglieria, anche semovente, di vario tipo. Le Forze Armate turche, affiancate inizialmente da circa 1.500 miliziani appartenenti al Free Syrian Army (FSA), hanno liberato in poco tempo l’abitato di Jarablus grazie anche al supporto fornito dalla propria Aeronautica e dai caccia di INHERENT RESOLVE, specie gli A-10, costringendo da una parte i miliziani dell’ISIS a fuggire in direzione sud e dall’altra le forze curde dello YPG a ripiegare a est dell’Eufrate. Parallelamente all’operazione lanciata nell’area dei Jarablus, e denominata EUPHRATES SHIELD, l’artiglieria di Ankara ha iniziato a colpire le posizioni curde e dell’ISIS situate nell’area di Efrin ed in particolare tra A’zaz e Marea permettendo così ai combattenti dell’FSA di poter affluire nell’area forti del supporto di fuoco turco. Le operazioni nell’area stanno continuando ed anzi sembra che l’Esercito Turco, che schiera già il 30% della sua forza nella parte sud-occidentale del Paese, stia facendo arrivare ulteriori mezzi a ridosso del confine siriano. L’invasione turca costituisce senza ombra di dubbio un atto senza precedenti nel conflitto siriano e non può che essere messa in relazione all'incontro, avvenuto il 9 agosto, tra il Presidente Putin ed il suo omologo che ha portato alla normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Russia e Turchia, bruscamente congelati a seguito dell’abbattimento di un Su-24 russo da parte dell’Aeronautica Turca nell'autunno 2015, favorendo anche un contatto informale tra il regime di Assad ed Ankara. Nei piani di Ankara, a tal proposito, vi è il tentativo di eliminare ogni possibile rischio di congiunzione tra i 2 pezzi di territorio siriano in mano alle milizie curde: quello a nord-ovest situato nella parte settentrionale della provincia di Idlib e quello a nord-est della Siria ad oriente di Jarablus e dell’Eufrate. L’istituzione di una zona cuscinetto, da cedere al controllo delle milizie filo-turche del FSA, permetterebbe ad Ankara di scongiurare così la creazione di una scomoda entità curda, che non piace neanche ad Assad, con possibili ripercussioni entro i propri territori, mantenendo aperta la possibilità di recitare un ruolo di primaria importanza all’interno del conflitto siriano grazie al controllo delle aree di confine tra Azaz e Jarabulus (circa 40 km). A tal proposito è da segnalare come, a seguito dell’iniziativa turca, siano state esercitate forti pressioni nei confronti delle milizie dello YPG, sia da parte di Ankara (attraverso la sua presenza militare) che di Washington (per bocca del Vicepresidente degli Stati uniti Joe Biden), affinché queste si ritirino a est dell’Eufrate, ufficialmente con lo scopo di prepararsi per le operazioni su Raqqa. Sebbene non vi sia l’assoluta certezza e vi siano alcune notizie contrastanti sembrerebbe proprio che nei giorni scorsi lo YPG abbia obbedito ai dictat di Washington e soprattutto di Ankara, mentre le proprie posizioni nelle città di Manbij e Jarablus sono state sostituite principalmente dai miliziani del FSA. Resterà da vedere fino a che punto Mosca accetterà un attivismo così marcato da parte di Ankara che, è bene non dimenticarlo, sponsorizza le milizie del FSA (ovvero al Fratellanza Musulmana siriana) opposte al regime di Assad. All’interno della guerra civile siriana il peso politico dell'YPG sembra quindi essere destinato ad essere ridimensionato, fatta salva tutta la sua fondamentale importanza in un’eventuale offensiva finale verso Raqqa. Un’offensiva che però potrebbe essere lunga e caratterizzata da un elevato attrito in termini di vite umane, soprattutto se, qualora capitolata Aleppo, l’Esercito Sirano decidesse di concentrare i suoi sforzi nel consolidare le proprie posizioni e nell’eliminare la guerriglia nella parte occidentale del Paese anziché puntare a sud-est per congiungersi con Deir el-Zor e poi verso nord in direzione della città simbolo del Daesh.


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