RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’Esercito e il capacity building 06/07/2016 | Marco Giulio Barone

Si è tenuto ieri a Villa Malta, Roma, la conferenza “Il ruolo dell’Esercito nei programmi di capacity building”. Organizzato dal Ce.S.I., ha visto la partecipazione di personalità politiche e militari di alto livello. La discussione si svolgeva parallelamente al dibattito parlamentare in corso sul rinnovo dei finanziamenti per le missioni all’estero. Questo ha comportato l’assenza dell’On. Saverio Garofani, Presidente della Commissione Difesa della Camera, in aula, e del Ministro Claudio Taffuri, Capo dell’Unità di crisi della Farnesina, ancora in Bangladesh per disporre il rientro delle salme dei cittadini italiani uccisi nell'attentato di Dacca. Dopo la presentazione del Presidente del CeSI., Andrea Margelletti, la conferenza è stata aperta dall’intervento del Generale Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore della Difesa. Il Generale Graziano ha delineato il contesto politico-militare nel quale le Forze Armate italiane operano e si troveranno ad operare. In particolare, la principale missione da svolgere è il contributo alla “proiezione di stabilità”, che deve essere valido e pregiato, per permettere all’Italia di ricoprire un ruolo di primo piano a livello internazionale e tra gli alleati, nell'ambito molto spesso di coalizioni di volenterosi, ciascuno dei quali deve farsi carico di task specifici. Per portarli a termine le Forze Armate non giocano da sole, ma come parte di un sistema Paese che si fa carico di una parte del processo di state building richiesto dagli scenari futuri che si prevedono (prevalentemente di “guerra tra le gente”). E le capacità stesse che le Forze Armate devono esprimere ne vengono rimodellate di conseguenza. Il militare italiano affianca al tradizionale ruolo di combattente quello di operatore di politica estera e consigliere per gli attori sul campo. La stessa formula viene riproposta modularmente a livelli superiori, fino a comprendere, nella sua veste più completa, l’assistenza dell’Italia nel suo insieme al Paese da ricostruire. Spiegare come l’Esercito si confronti con la sfida strategica e operativa delineata dal Generale Graziano è stato appannaggio del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Danilo Errico. Il cuore del suo intervento ha riguardato il nuovo Centro SFA (Security Forces Assistance), attivato a febbraio presso la Scuola di Fanteria di Cesano (Roma) e che raggiungerà la FOC (Full Operational Capability) alla fine dell’anno. Il compito del centro è di approntare uno strumento adeguato a operare nei termini delineati del nuovo concetto operativo illustrato dallo Stato Maggiore Difesa. Si occuperà altresì degli aspetti dottrinali e della simulazione di scenari futuri. In pratica, sperimentazione e addestramento sono le 2 attività principali che verranno declinate in tutte le fattispecie necessarie a creare un Esercito altamente integrato nel dispositivo italiano di nation building. Suggestivo il parallelo del Gen. Errico a tal proposito, che descrive la rinascita delle Forze Armate italiane nel dopoguerra come un riuscito esperimento di SFA anglo-americano, la cui esperienza è ottima base di partenza. Chiaramente gli scenari odierni non sono paragonabili alla condizione post bellica italiana. D’altronde è cambiato il concetto stesso di guerra, non più combattuta su un campo di battaglia aperto e definito. Gli scenari odierni si sviluppano praticamente in quelli che il Generale definisce “spazi vuoti” (dalle istituzioni) che vengono colmati da soggetti bellicosi e aggressivi. L’Italia ben conosce la sfida di ricondurre un territorio ostile sotto il controllo e la forza civilizzatrice dello Stato e per questo l’operato italiano è apprezzato in Iraq come in Afghanistan, Kosovo, Libano, e Somalia. Per contro, le lessons learned provenienti da quei teatri contribuiranno ad arricchire il sillabo a disposizione del centro FSA. A questo punto, la parola è passata alla politica. L’on. Andrea Manciulli, Presidente della Delegazione italiana presso l'Assemblea Parlamentare della NATO e il Sen. Pierferdinando Casini, Presidente della Commissione Esteri del Senato, hanno concordato sulla qualità del contributo dell’Esercito in particolare e delle Forze Armate in generale. Tuttavia, per permettere alle FA di sfruttare appieno il potenziale che stanno costruendo – spesso a fatica e con risorse limitate – urge la sistematizzazione politica del contributo delle FA alla politica estera del Paese. Questo ha anche una dimensione giuridica che si è intersecata, nel corso della conferenza, con le attività parlamentari in corso. L’On. Manciulli ha auspicato una cessazione dei Decreti di proroga delle missioni, a suo parere troppo frequenti e poco utili a favorire l’assolvimento degli impegni presi. Peraltro il mondo di oggi, contrariamente a quanto si pensasse, è più pericoloso e incerto di quello degli anni Novanta. Per uscire dal caos, le FA sono elemento imprescindibile e devono poter trovare impiego ad ampio spettro nei termini moderni delineati dal Generale Graziano. Ed è a questo tema che il Sen. Casini ha agganciato il suo intervento che ha chiuso la conferenza. A suo parere quanto sottolineato dall’On. Manciulli può essere perseguito solo nel momento in cui le istituzioni politiche accetteranno di farsi carico dello sforzo di rivoluzionare la cultura militare italiana, povera e al tempo stesso ricca di concezioni errate sul ruolo delle FA. In un mondo meno sicuro è indispensabile far capire al cittadino l’importanza di uno strumento militare adeguato ai tempi. Le ricadute positive di questo sforzo sarebbero misurabili con un dibattito parlamentare di qualità migliore (e le leggi che ne scaturirebbero), sorpattutto relativamente alla possibilità di disporre del consenso necessario a invertire la tendenza del Bilancio della Difesa italiano, al momento inadeguato a trasformare le FA in strumento commisurato alle esigenze del Paese.


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