RIVISTA ITALIANA DIFESA
Brexit: cosa cambia per la Difesa 01/07/2016 | Pietro Batacchi

L'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, ancora da attuare e con modalità che dovranno essere negoziate, avrà anche delle conseguenze sul piano della Difesa, ma queste dovrebbero essere tutto sommato limitate. Cerchiamo di capire perchè. Politicamente, addirittura la Brexit potrebbe dare un maggiore impulso all'integrazione europea nel campo della Difesa. Londra da sempre ha costituito un ostacolo a progetti di maggiore integrazione praticando la politica del doppio binario; da un lato quello europeo, percorso pensando più a rapporti bilaterali, a cominciare da quelli con la Francia che hanno nel 2010 partorito il Trattato di Lancaster, e dall'altro quello della tradizionale special relationship con Washington. Così quando l'allora Governo Berlusconi chiese di potere entrare nella partnership forgiata tra Parigi e Londra nel 2010, gli fu cortesemente opposto un no. Certo, su quel rifiuto pesavano tutti i vincoli, compresi quelli costituzionali, che l'Italia si porta dietro in tema di uso della forza, ma di sicuro quello fu un no secco all'ipotesi di una cooperazione rafforzata in ambito europeo ancor più larga. Allo stesso tempo, Londra è legata a doppio filo a Washington. Il suo deterrente nucleare dipende dagli USA, Americani, infatti, sono i missili che armano i sottomarini strategici SSBN della Royal Navy, mentre Londra ha fortissimi interessi negli Stati Uniti con il colosso BAE Systyems, e la sua articolazione BAE Ssystems North America, che è dentro i principali programmi del Pentagono. Uno per tutti l'F-35, di cui BAE Ssystems ha un buon 12% e di cui produce sistemi vitali come la suite di guerra elettronica. Oppure possiamo citare il colosso della motoristica navale e aeronautica Rolls Royce per la quale gli Stati Uniti sono il mercato principale con quasi il 30% delle vendite. Ragion per cui, oggi, senza il freno britannico, l'Europa ha di fronte a sé una storica opportunità: basta saperla cogliere. Anche sul piano delle cooperazioni, i contraccolpi saranno limitati. I maggiori programmi di procurement europei, infatti, sono gestiti dall'OCCAR, che non è un organismo dell'UE, o da enti quali la NETMA, che è un'agenzia NATO. Dall'OCCAR, per esempio, viene gestito il programma per l'aereo da trasporto europeo A400M, mentre la NETMA gestisce il cacciabomabardiere TORNADO, e il suo aggiornamento di mezza vita, e il caccia Eurofighter TYPHOON. Chiaramente, dovranno essere apportate delle modifiche alle 2 direttive UE del 2009 sulle acquisizioni di equipaggiamenti militari e di sicurezza e sui relativi trasferimenti intra-comunitari per stabilire un nuovo regime di cooperazione con Londra, ma non dovrebbe essere difficile negoziarlo. Infine, c'è la questione della salvaguardia degli investimenti industriali di aziende europee in Regno Unito. E' il caso di Leonardo che ha una presenza consolidata negli Elicotteri, Yeovil, e nei sistemi elettronici e avionici, Luton e Edimburgo (totale: 7.300 dipendenti), oppure di Thales che con Thaels Uk ha nel Regno Unito oltre 6.000 dipendenti e 12 stabilimenti. Tuttavia, è difficile pensare che una presenza industriale così consolidata nel tessuto socio-economico britannico, che si basa su una solida expertise locale e su una catena di fornitura fortemente strutturata, possa essere rivista considerando, oltretutto, un altro aspetto: Londra esce dall'UE, ma resta nella NATO.


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