RIVISTA ITALIANA DIFESA
Comunicare la Difesa 14/04/2016 | Pietro Batacchi

Il 7 aprile, presso il Centro Polifunzionale di Gorizia dell'Università di Udine, si è svolto un interessante convegno dal titolo "Comunicare la Difesa". Una giornata, dunque, dedicata al grande tema del rapporto tra comunicazione e difesa che si è articolata in 2 sessioni, una al mattino ed una al pomeriggio. Al mattino, il panel è stato moderato dal Direttore dell'Ansa del Friuli Venezia Giulia, Pierluigi Franco, ed è stato aperto dall'intervento del Dott. Andrea Grazioso, esperto di politica militare. Grazioso è partito dalla definizione del concetto di cultura strategica – intesa come insieme coordinato di azioni ed iniziative di comunicazione volte a generare conoscenza e condivisione nelle audience di riferimento, funzionali al conseguimento delle finalità istituzionali ed alla tutela degli interessi nazionali - per parlare poi della differenza tra info war, il cui obbiettivo è influenzare le operazioni militari ed ingannare le forze ostili, e information oeprations, ovvero quelle attività che si collocano ad un livello più alto e mirano a influenzare l'opinione pubblica, diplomazia pubblica, o lo spettro di attori pubblici e privati, public affair. In entrambi i casi si tratta, tuttavia, di attività contingenti ad un conflitto, ma la comunicazione è un esercizio continuativo che si deve svolgere anche in tempo "di pace" e che deve puntare sopratutto ai network televisivi globali ed ai social media. In più, stiamo parlando di un insieme di attività che hanno bisogno di una regia ed un coordinamento unico. Un esempio molto indicativo citato da Grazioso è rappresentato dalle recenti operazioni russe. Dopo le batoste comunicative subite in Cecenia e in Georgia, i Russi hanno imparato e modificato il proprio approccio elaborando una strategia comunicativa di grande efficacia che è risultata vincente sia in Ucraina che in Siria. Tale strategia si basa sulla disponibilità di potenti software per il controllo selettivo di Internet, sulla saturazione dello spazio comunicativo interno, una vera e propria bolla informativa, sull'ingolfamento/deviazione dei social nework, sul reclutamento di personale dentro le target audience (blog, forum ecc.), e sull'ingaggio dei media internazionali, ai quali viene passato di tutto, anche false notizie, sfruttando il fatto che sopratutto i media occidentali devono deontologicamente riportare sempre una "seconda voce". Il tutto rigorosamente coordinato da una cabina di regia unica. L'intervento del Dott. Grazioso è stato seguito da quello del Prof. Fabrizio Coticchia, docente di studi strategici presso l'Università d Genova, che ha parlato di narrazione strategica – intesa come una storia intenzionalmente costruita per dare senso, spiegare e legare assieme nel tempo e nello spazio una serie di eventi - e caso italiano. Coticchia ha iniziato affrontando il rapporto tra opinione pubblica e guerra e dimostrando, attraverso i resoconti di una serie di studi condotti sul campo, come l'opposizione o, al contrario, il sostengo ad un intervento militare dipenda da 3 fattori: l'interesse in gioco, il tipo di obbiettivi, il conteso multilaterale entro il quale l'intervento si svolge e il calcolo costo-beneficio fatto dall'opinione pubblica. Ebbene, in quest'ultima valutazione intervengono le elite che, appunto, mirano ad influenzarlo mediante la costruzione di narrazioni strategiche. Per quanto riguarda il caso italiano, secondo Coticchia questo è caratterizzato da 2 tratti specifici, la narrazione strategica sulle operazioni di pace/umanitarie e la rimozione della dimensione militare, tratti che più o meno tutti gli oratori hanno sottolineato durante i lori interventi. La mattinata è stata chiusa dal "nostro" Germano Dotttori che si è soffermato sulla comunicazione istituzionale inerente la difesa. Dottori ha affrontato il delicato rapporto tra compagini politiche ed istituzionali e le tematiche militari mettendo in risalto il fatto che le maggiori problematiche insorgono soprattutto quando manca il consenso sulle questioni all'interno della maggioranza. E' un pò il caso dell'F-35 che nel corso del tempo si è dimostrato uno strumento di lotta all'interno del PD ed una tematica gestita e portata avanti dal Governo sulla base delle dinamiche interne al Partito di maggioranza. Dottori ha poi concluso il suo intervento mettendo in risalto un aspetto molto importane, ovvero che con il disimpegno americano dal Mediterraneo e dal Medio Oriente, che rende l'Italia sempre più “sola”, prima o poi qualcuno dovrà porre in Parlamento il problema dell'adeguamento dello strumento militare italiano, in particolare per ciò che concerne la componente corazzata che, secondo Dottori, va quanto prima rafforzata. E proprio da qui è ripartita nel pomeriggio la discussione che ha viso dibattere il Direttore di RID Pietro Batacchi ed il Direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani, moderati dal giornalista del Gazzettino Umberto Sarcinelli. Il disimpegno americano ed il pivot verso l'Asia, unitamene alla crescente minaccia del terrorismo ed alla diffusa instabilità in tutto il Medio Oriente, pongono del resto il problema per l'Italia di prepararsi ad affrontare contingenze sulla "porta di casa" anche in maniera autonoma e nell'ottica della difesa di interessi viali. Uno scenario nuovo, per un Paese la cui narrazione strategica finora ha riguardato le missioni di pace, ma che, come ha sottolineato con forza e più volte chi scrive, deve adesso fare un passo avanti e trasformarsi in una narrazione sulla "normalità" dell'uso della forza per la difesa degli interessi vitali. Il Libro Bianco, la "Bibbia" della Difesa, ha gettato le basi per questa trasformazione, ma bisogna accelerare. Gli eventi, ha concluso il Direttore di RID, renderanno ineluttabile tale accelerazione.


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