RIVISTA ITALIANA DIFESA
Dove vanno difesa e industria in Europa 11/04/2016 | Alessandro Marrone

Capacità militari e industria della difesa sono 2 facce della stessa medaglia, tanto nell’UE che in un Paese occidentale industrialmente avanzato come l’Italia, perché entrambe concorrono alla capacità autonoma di condurre la propria politica estera e di difesa. Un dato di fatto ancora più importante in un periodo in cui da un lato crescono le minacce terroriste e convenzionali alla sicurezza dell’Europa, e dall’altro la base industriale europea nel settore dell’aerospazio e difesa subisce una maggiore concorrenza sia degli Stati Uniti – con i nuovi investimenti nell’alta tecnologia previsti dalla cosiddetta Third Offset Strategy – sia dei Paesi asiatici con i loro bilanci della Difesa in forte e continua crescita. In questo contesto, cosa possono fare l’Italia e l’UE per mantenere quella superiorità tecnologica che fornisce sia un vantaggio operativo alle proprie Forze Armate sia una maggiore competitività alle industrie europee? Ne hanno parlato il 4 aprile ad un convegno IAI il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Claudio Graziano, l'Amministratore Delegato di Finmeccanica Ing. Mauro Moretti, il Consigliere per la sicurezza e difesa del Presidente della Commissione Europea Michel Barnier, ed il Direttore dell’Agenzia Europea per la Difesa Jorge Domecq. Graziano ha sottolineato come il Libro Bianco italiano ridisegni il rapporto difesa-industria verso una partnership tra i 2 soggetti volta a favorire uno sviluppo adeguato delle capacità militari ed industriali nel quadro nazionale ed europeo. Se la politica di difesa è compito essenziale dello Stato, la connessione con lo sviluppo tecnologico è oggi ancor più importante perché ai 3 tradizionali domini operativi – terrestre, navale e aereo – se ne sono aggiunti 2 squisitamente tecnologici come lo spazio ed il cyberspace, il tutto con un forte carattere non solo interforze, ma interministeriale e internazionale. Concetti come “interoperabilità” e “comunità di sistemi” dovrebbero essere la norma in ambito NATO, ma la loro realizzazione è tuttora ostacolata da troppe gelosie a livello più politico che militare, e dalla tendenza verso la logica di coalition of the willings. Per Moretti è particolarmente importante la distinzione fatta dal Libro Bianco tra le tecnologie “sovrane”, che l’Italia vuole mantenere e sviluppare autonomamente, e quelle “cooperative” su cui investire insieme ai partner europei e con cui condividerle. Anche altri grandi Paesi UE di fatto seguono questa logica, e quindi uno sforzo europeo per mappare queste tecnologie sarebbe importante per riuscire a cooperare lì dove possibile perché vi è la disponibilità nazionale a mettere a fattor comune i propri assetti. E’ necessario al tempo stesso lavorare su standard e requisiti comuni a livello europeo che valgano sia per il settore della difesa che per quello della sicurezza, rompendo le barriere tra sicurezza interna ed esterna ed evitando la frammentazione dei requisiti tra i 28 stati membri dell’UE - e all’interno del singolo stato. Solo degli standard e requisiti concordati a livello europeo possono poi essere proposti in ambito NATO da una Europa che parli con un’unica voce, con buone chance di raggiungere un accordo con gli Stati Uniti al riguardo, e diventare quindi non solo gli standard dell’Alleanza Atlantica ma di fatto quelli mondiali. Se non si raggiunge questo obiettivo, la crescita non solo demografica ed economica, ma anche militare, dell’Asia metterà a rischio quella superiorità tecnologica che l’Occidente oggi gode in virtù di investimenti passati. E’ quindi cruciale una maggiore cooperazione europea, e le istituzioni UE possono giocare un ruolo fondamentale al riguardo. Barnier ha affermato che la prossima EU Global Strategy, in preparazione da parte dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini per sostituire la European Security Strategy datata 2003, è un passo importante per la sicurezza dell’Unione, dei suoi cittadini e del suo territorio. Secondo l’ex Ministro francese, nessuno stato europeo oggi può permettersi di mantenere capacità militari full spectrum, e l’unica possibilità è quella della cooperazione europea. Per questo, dopo che la EU Global Strategy avrà fissato i livelli di ambizione politica dell’Unione nel campo della sicurezza e difesa sarà necessario un “Libro Bianco della difesa europea” che li traduca nei relativi livelli di ambizione militare, e spinga per lo sviluppo di capacità militari comuni tra gli stati membri. Una visione politico-strategica ambiziosa, che è stata sostenuta anche da Domeqc. Un prossimo Libro Bianco della difesa europea servirà infatti a mantenere la capacità dell’Europa, nel suo complesso, di sviluppare, produrre, operare, ammodernare ed integrare sistemi tecnologicamente all’avanguardia, per poter condurre autonomamente le operazioni militari giudicate necessarie. Sistemi che devono includere quelli per operazioni di combattimento ad alta intensità, ed incorporare le tecnologie emergenti nel campo della robotica, della miniaturizzazione, ed in generale del dual use – ovvero delle tecnologie e sistemi che possono avere un utilizzo duale sia civile che militare. La Preparatory Action for Security and Defence attualmente allo studio della Commissione Europea è un’occasione importante per aprire ora un filone di finanziamento della ricerca militare da parte UE, il primo nella sua storia, da sviluppare poi fortemente nel prossimo bilancio settennale 2021-2027. Il cofinanziamento delle istituzioni europee alla ricerca nella difesa può costituire quell’incentivo per gli stati membri ad avviare ora programmi cooperativi di procurement, che sviluppino e producano i sistemi necessari per le Forze Armate con le economie di scala sufficienti per essere sostenibili dal punto di vista politico ed industriale. Un approccio UE più orientato alla politica industriale e tecnologica, in un settore come quello della difesa in cui non possono valere le regole pure del mercato, incentiverebbe gli stati membri ad impegnarsi in programmi europei piuttosto che ad acquisire su base nazionale assetti che poi risultano meno interoperabili tra loro, e più difficilmente esportabili fuori dall’Unione, proprio a causa della loro produzione domestica su scala ridotta. Il 2016 è un anno importante per la difesa europea, a causa sia degli sviluppi nel quadro di sicurezza regionale sia degli appuntamenti fissati in ambito UE e NATO. Se è molto difficile prepararsi ai primi, sempre meno prevedibili, è lecito attendersi che gli attori italiani, istituzionali ed industriali, si presentino con idee chiare e proposte concrete ai secondi.


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