La tregua annunciata tra Armenia e Azerbaijan domenica è saltata. Negli ultimi due giorni i combattimenti sono ripresi, ancora più intensi, anche se martedì 5 a mezzogiorno, è entrato in vigore un nuovo cessate il fuoco. Baku ha rivendicato l’uccisione di altre 70 perone, tra soldati armeni e miliziani del Nagorno-Karabakh, che si aggiungerebbero ai 300 caduti durante il fine settimana, nonché la distruzione di 24 mezzi corazzati tra tank e APV, più una ventina di pezzi d’artiglieria. Che le perdite tra gli armeni si siano fatte più drammatiche lo conferma anche Erevan che, complessivamente, conteggia, dal 2 aprile, 24 morti (compresi 4 civili) e un’ottantina di feriti, oltre a 26 soldati dispersi, contro i circa 50 caduti del weekend. Fonti armene ammettono anche la perdita di 7 carri e di diverse posizioni lungo il fronte. Tuttavia, rivendicano la distruzione di 29 carri e 5 mezzi corazzati (compreso un IFV), 2 lanciarazzi semoventi e diversi pezzi d’artiglieria dell’Azerbaijan, che avrebbe anche perso 300 effettivi, 2 elicotteri e 7 droni. Baku conferma solamente 18 vittime e la perdita di un tank e di un elicottero. Il grosso dei combattimenti sarebbe avvenuto lungo i fianchi nord e sud del saliente che il Nagorno Karabakh, la regione a maggioranza armena staccatasi da Baku nel 1994 dopo 6 anni di guerra tra Armenia e Azerbaijan, forma in territorio azero. Scontri intensi si sono registrati nelle aree di Martuni, Matakert, Fizuli, Tartar, Agdam: ma gli spostamenti del fronte si conteggiano in poche centinaia di metri, mentre le azioni aeree sinora si sono limitate all’impiego di elicotteri d’attacco e da trasporto, e a un raid compiuto da uno UAV azero armato, che avrebbe colpito un veicolo di volontari armeni. Colpi di mortaio sono anche caduti in territorio iraniano: senza fare danni, ma ricordando che il conflitto armeno-azero coinvolge diverse potenze regionali, già ai ferri corti per la guerra in Siria, e che alimentano da tempo gli arsenali dei contendenti. Ad un quarto di secolo dalla frantumazione dell’URSS, il grosso degli arsenali in mano agli stati sovrani di Azerbaijan e Armenia, e alla milizia dell’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh (sostenuta da Erevan, e di fatto collegata all’apparato statale militare armeno) sono formati da sistemi d’arma ex sovietici. Risalenti per lo più agli anni ’70 e ’80 e ammodernati/integrati da una collaborazione con Mosca che prosegue. Molto salda nel caso armeno (Erevan ospita basi e militari russi), e ancora attiva anche tra Russia e Azerbaijan. Quest’ultima Repubblica può contare sui proventi del petrolio e nell’ultimo decennio ha costantemente incrementato la spesa militare, con una crescita stimata di quasi il 500% a partire dal 2012. Baku, pur continuando ad acquistare sistemi d’arma da Mosca, ha differenziato le fonti di approvvigionamento, che includono Stati Uniti e Israele. Con la Turchia, saldando un rapporto di alleanza politico (che oggi fa temere un allargamento ai già difficili rapporti russo-turchi di un conflitto armeno-azero), dal 2009 è in vigore un accordo di cooperazione militare. Baku conta su circa 70.000 effettivi, tra coscritti e volontari. Con 57.000 effettivi, l’Esercito è ovviamente il nucleo principale dell’apparato militare azero. La componente pesante (mezzi corazzati, artiglieria) è di derivazione largamente russo-sovietica, con un crescente numero di materiali moderni. Come i 100 carri T-90S consegnati nel 2013-2015, che si aggiungono a circa 400 T-72 acquisiti da varie fonti, che vengono sottoposti al programma ASLAN dell’israeliana Elbit Systems, comprendente nuovi sensori e corazze aggiuntive. Programmi simili sono in corso per la modernizzazione di APC e IFV: ai nuovi acquisti (100 BMP-3M e altrettanti BTR-80A in consegna tra 2007 e 2015), si aggiungono gli upgrade per circa 400 BMP-2 e BTR-70; nei depositi della riserva, o presso i centri addestrativi, restano i più datati T-55, BMP-1 e APC tipo MT-LB e BTR-60. Per i mezzi blindati medio-leggeri, invece, il materiale russo-sovietico è stato quasi completamente sostituito con mezzi turchi (Otokar COBRA e ZPT), israeliani (ABIR, STORM), cui si aggiungono mezzi MRAP realizzati su licenza (140 tra MARAUDER e MATADOR sudafricani in produzione dal 2009 al 2014). Simile l’ammodernamento dell’artiglieria, che ai datati sistemi ex URSS (per lo più obici a traino da 122, 130 e 152 mm) sta affiancando una moderna e robusta componente di semoventi e lanciarazzi campali, comprendente anche 15 tra autocannoni e mortai semoventi ATMOS-2000 e CARDOM israeliani, 36 semoventi da 155 mm turchi FIRTINA e lanciarazzi russi TOS-1, tutti entrati in servizio dopo il 2010. L’armamento di squadra è pure in fase di aggiornamento con missili SPIKE anticarro e SA-24 sup/aria, mentre UAV e radar di tiro israeliani e russi supportano l’ammodernamento dell’artiglieria azera. UAV (HEMERS-450, HERON, SEARCHER) in carico anche all’Aeronautica, la cui punta di diamante è rappresentata da una squadriglia di MiG-29 ex ucraini acquistati e ammodernati nel 2006-2011, una di Su-25 venduti dalla Bielorussia nel 2009 e 24 elicotteri d’attacco HIND, ricostruiti allo standard Mi-35M nel 2011-2014. A questi mezzi si aggiungono L-39 da attacco e addestramento e una flotta di elicotteri tattici in fase di implementazione, col contratto siglato nel 2010 per 66 Mi-17, mentre anche i sistemi SAM sono in fase di ammodernamento con BARAK-8 israeliani e S-300PMU2 russi ordinati nel 2010-2011. Prosegue anche l’ammodernamento della piccola marina azera, componente chiave per la protezione delle strategiche piattaforme petrolifere offshore nel Caspio, ma che esula dal conflitto con l’Armenia. L’apparato militare armeno è invece stato strutturato, dato lo svantaggio demografico ed economico nei confronti di Baku, su una forza attiva di quasi 56.000 effettivi tra militari e paramilitari, cui vanno aggiunti i 21.000 uomini delle forze di autodifesa del Nagorno Karabakh, e oltre 200.000 riservisti. L’equipaggiamento è decisamente più datato. L’Esercito impiega quasi esclusivamente mezzi ex sovietici e russi ceduti negli anni ’90 e 2000, compresi 200 carri T-72 di varie versioni (e aggiornati solo parzialmente) e 20 più recenti T-80, mentre la componente per il trasporto truppe dispone di alcune centinaia di BMP-1/2, BTR e BRDM di vari modelli, con programmi di ammodernamento che, per ora, avrebbero riguardato solamente i BTR-70, con nuovi motori e torretta da 30 mm. Lo stesso discorso vale per l’artiglieria, un campionario del vecchio arsenale dell’URSS, con pochi “pezzi” più recenti, come i missili a corto raggio ISKANDER, che però sono gestiti dai militari russi presenti in Armenia. Maggiore attenzione è stata data al materiale individuale e di squadra destinato alla fanteria armena, che può contare su un morale più alto, grazie alle vittorie ottenute negli anni ’90, e a posizioni difensive fortificate con cura, e su più moderni mortai israeliani e missili anticarro russi, oltre a MILAN e MANPADS tipo IGLA. L’Aeronautica è decisamente limitata, nonostante un programma di ammodernamento lanciato nel 2003. La difesa aerea è, di fatto, assicurata da caccia e da sistemi SAM dispiegati da Mosca nelle basi armene, che curano anche l’addestramento dei piloti di Erevan. Questi ultimi possono contare su un 15-20 tra Su-25 da attacco e L-39 da addestramento e appoggio tattico acquistati di seconda mano da Ucraina e Slovacchia tra 2004 e 2010, mentre nel 2015 è stato annunciato un possibile accordo per un lotto di YAK-130. La flotta ad ala rotante impiega invece una trentina tra elicotteri d’attacco Mi-24/35 e da trasporto Mi-8/17.