RIVISTA ITALIANA DIFESA
Dal caos spunta il dialogo "Libia-Libia" 10/03/2016 | Andrea Mottola e Pietro Batacchi

In Libia prosegue la situazione di stallo politico. Il 7 marzo a Tripoli 3 membri del Comitato Temporaneo di Sicurezza, un organismo che ha il compito di creare le condizioni di sicurezza idonee affinché il Governo di Unità Nazionale libico (GUN) possa operare nella capitale, sono stati arrestati dalla RADA, la milizia salafita guidata da Abdul Rauf Kara (uno degli uomini forti di Tripoli, ma anche uomo dell'ex qaedista, ora un apparentemente “tranquillo” politico in affari... Abdel Hakim Belhadj) che controlla l’aeroporto Mitiga. L’accusa sollevata nei confronti dei Colonnelli Omar Mohamed Douaiher, Abu Ghassem Amin Ali e Abdulhakim Muftah Warefelli sarebbe quella di tradimento per aver collaborato con Paesi stranieri nel tentativo di rovesciare il Governo di Tripoli. Nel frattempo, a Tobruk, il Parlamento continua a non raggiungere il quorum necessario (126 voti) a riconoscere il GUN, a causa delle profonde divisioni tra i parlamentari e nonostante la firma di una dichiarazione, avvenuta lo scorso 24 febbraio, con la quale 97 membri si dichiaravano favorevoli all’approvazione della lista dei ministri presentata dal Consiglio di Presidenza, l’organo esecutivo che ha il compito di formare il GUN. Ad esso si oppongono i parlamentari più vicini all’Esercito Nazionale libico guidato dal Generale Haftar, nonché 2 degli stessi componenti del Consiglio di Presidenza, Ali al-Qatrani, amico personale di Haftar e Omar al-Aswad, rappresentante della regione di Zintan. Entrambi accusano il Consiglio di incompetenza e di avversione verso i militari, proponendo nuovamente un Consiglio composto da 3 membri (un Primo Ministro e 2 vice) rappresentanti delle 3 regioni libiche (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan), proposta già presentata lo scorso agosto e modificata dall’allora inviato ONU Bernardino Leòn. Quella modifica ha probabilmente contribuito a creare lo stallo e l’incapacità del Consiglio di accordarsi su questioni fondamentali, dando adito a lotte interne e frammentazione. Il successore di Leòn, Martin Kobler, ha recentemente invitato Tobruk a votare a favore della nuova lista di Governo presentata dal Consiglio, a meno di non voler tornare a riunire il comitato di dialogo e perdere tutti i piccoli progressi fatti finora. Nonostante la velata minaccia di Kobler, il Parlamento di Tobruk non si è riunito e l’inviato dell’ONU è stato costretto a convocare una riunione del comitato di dialogo (Libyan Political Dialogue) a Tunisi per oggi giovedì 10 marzo. Al momento, le opzioni sul tavolo sono diverse, nessuna delle quali particolarmente semplice da implementare. La prima è che il comitato prenda in considerazione l’emendamento dell’accordo politico di Skhirat e il cambio dell’attuale composizione del Consiglio di Presidenza da 9 membri (un Primo Ministro, 5 vice e 3 Ministri) a 3 (un Primo Ministro e 2 vice), secondo quanto richiesto da al-Qatrani, al-Aswad e da vari membri del Parlamento di Tobruk. Tale soluzione, verosimilmente, aprirebbe le porte alla sostituzione del Premier Serraj e dei suoi 2 vice, ma causerebbe le ire dei misuratini per la perdita del loro unico rappresentante nel Consiglio, Ahmed Meitig. Una seconda opzione porterebbe essere quella di eliminare il requisito di approvazione del nuovo GUN da parte dell’Assemblea Parlamentare di Tobruk, approvazione che ricadrebbe sotto la responsabilità del comitato di dialogo. Ovviamente, una simile soluzione richiederebbe la modifica del testo approvato a Skhirat, seguito da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che approvi la formazione del GUN, garantendogli riconoscimento internazionale, il controllo sulla Banca Centrale, sui beni libici all’estero, sulla Libyan Investment Authority e, soprattutto, sulla National Oil Corporation. Appare chiaro che, una simile opzione, rischierebbe di insediare un Governo perennemente esiliato, senza alcun controllo o autorità né su Tripoli, né sulla Cirenaica. Una terza opzione potrebbe essere quella che ha cominciato a prender piede negli ultimi giorni e che vede contatti diretti tra Tobruk e Tripoli. Questo dialogo Libia-Libia è ripartito nei primi giorni di marzo, quando una delegazione di 12 parlamentari di Tobruk è giunta a Tripoli con l’obiettivo di riprendere il discorso avviato lo scorso dicembre a Malta, parallelamente ai negoziati ONU di Skhirat, dai presidenti dei 2 Parlamenti libici: Agilah Saleh per Tobruk e Nuri Abu Sahmain per il CNG di Tripoli. Va ricordato, infatti, che ben 66 membri del Parlamento internazionalmente riconosciuto di Tobruk, e 77 omologhi del Congresso Nazionale Generale di Tripoli, non hanno mai firmato l’accordo di Skhirat. I membri della delegazione avrebbero dichiarato il proprio impegno per la formazione di un nuovo GUN con i rivali della capitale, senza la mediazione dell’ONU e delle potenze straniere. La delegazione tobrukina è guidata da Ibrahim Amaish, un parlamentare di Bengasi il quale, assieme al Vicepresidente del CNG di Tripoli Awad Sadeg, avrebbe negoziato un accordo che, anche in questo caso, vedrebbe l’istituzione di un Governo di Unità Nazionale (e la nomina dei Ministri) basato su figure “competenti, di esperienza e di spirito nazionale” e l’emendamento della Costituzione del 1963, oltre alla creazione di un Consiglio di Accordo Nazionale, composto da 21 membri, che avrebbe il compito di facilitare il dialogo. Altre disposizioni presenti nell’accordo riguardano “l’immediata cessazione delle ostilità in tutto il Paese, la lotta al terrorismo in tutte le sue forme e la soluzione al problema dell’immigrazione illegale in collaborazione con l’Unione Africana e l’UE.” Inoltre, nel documento viene specificato che tale accordo verrà sottoposto ai parlamentari di Tobruk ed ai membri del CNG di Tripoli, “al fine di discuterne i contenuti ed approvarlo o emendarlo entro una settimana (15 marzo)”. Ovviamente, tale idea non sembra godere del sostegno di molti (ma non tutti) dei politici firmatari dell’accordo di Skhirat. Tuttavia, sembra che qualcuno inizi a considerarla positivamente. Tra questi, vanno ricordate 2 importanti figure politico-religiose, che da tempo spingono per una simile soluzione: il Gran Mufti di Libia Sadiq Al Ghariani e Ali al-Sallabi, leader religioso della Fratellanza Musulmana libica, entrambi contrari all’imposizione di un governo nominato da potenze straniere. Sebbene le prospettive di successo restino abbastanza scarse, l’idea potrebbe funzionare, soprattutto nel caso di un’approvazione della stessa da parte dei principali attori regionali: Algeria, Arabia Saudita, Egitto e Turchia.


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