In occasione della presentazione dei master SIOI in “Sicurezza Economica, Geopolitica e Intelligence” e “Protezione Strategica del Sistema Paese – Le Infrastrutture Critiche”, il 3 febbraio si è svolta Roma, presso la sede della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale, la conferenza “Intelligence e Sistema Paese”, alla presenza dell’attuale Presidente della SIOI ed ex Ministro degli Esteri Franco Frattini e del capo del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), Amb. Giampiero Massolo. Diversi gli argomenti trattati, molti dei quali legati a situazioni estremamente attuali, come lo scenario libico e quello siriano/iracheno, ma anche alla collaborazione europea (e non solo) tra le agenzie e l’intelligence economico-finanziaria. Dopo aver evidenziato come “l’attività di intelligence rappresenti un servizio istituzionale essenziale per il Paese e, in particolare, per le missioni imprenditoriali, soprattutto in alcune aree e regioni”, il Presidente Frattini ha sottolineato, con forza, che gli “auspici e le preoccupazioni manifestate da Paesi amici, come la vicina Francia, nei confronti del contenimento del flusso di terroristi infiltrati nell’immigrazione clandestina, troppo spesso assumono un tono di critica nei confronti dell’Italia e delle sue strutture di intelligence. Tali critiche non servono ad una cooperazione, ormai irrinunciabile, tra le agenzie europee e tra Paesi storicamente alleati”. Collaborazione che deve essere più ampia possibile anche, e soprattutto, in vista di un possibile intervento italiano nel teatro libico, nel quale lo schieramento di assetti militari andrà necessariamente “supportato dal vasto apparato d’intelligence italiano, da anni presente in Libia”. Frattini ha voluto, tuttavia, ribadire come sia “triste vedere un'Europa che continua ad essere lontana, se non totalmente assente, dal discorso di una intelligence europea”. La parte finale dell’intervento del Presidente della SIOI ha riguardato quelle che vengono definite “nuove professionalità della nostra intelligence”, quella economica-finanziaria, nata da un primo nucleo costituito da 4 ufficiali della Guardia di Finanza nel 1993, poco dopo l’attacco speculativo alla lira, all’epoca del Governo Amato, e quella riguardante l’ambito dei media/comunicazione, volta a contrastare la propaganda jihadista e monitorare la cybersecurity, “altro settore in cui formazione ed alta professionalità dei nostri operatori danno garanzia di assoluto successo”. Il capo del DIS, Massolo, ha ripreso molti degli argomenti toccati dall’ex Ministro Frattini, integrandoli con interessanti valutazioni. In primis ha voluto sottolineare come “la sicurezza non sia qualcosa di valido a priori, ma nasce da una collaborazione costante tra chi per legge deve occuparsene e chi ne può fruire”. Questo spiega perché, soprattutto negli ultimi anni, “il 90% delle nostre attività ha mirato alla conoscenza del comparto intelligence da parte del cittadino”, poiché “il segreto e la riservatezza sono strumenti utili, ma non esclusivi dell’intelligence. Fino a pochi anni fa, di fatto, in Italia non esisteva coscienza e consapevolezza dell’esistenza di uno strumento non convenzionale che consentisse di disporre di notizie riservate e provenienti da fonti aperte che hanno una valenza fondamentale per il decisore politico.” In tal senso, “corsi di master come questi aiutano ad avvicinarsi ad un settore che, fino a qualche anno fa, era visto con diffidenza”. In realtà l’attività d’intelligence si avvale di “istituzioni che operano all’interno del perimetro dell’ordinamento giuridico”. Altro discorso è capire se questo perimetro sia sufficientemente ampio per operare in modo appropriato. Riguardo al teatro siriano/iracheno, l’Ambasciatore Massolo ha evidenziato come la richiesta di protezione della diga di Mosul, “ubicata ad appena 4 km dal fronte, implichi la presenza di un robusto apparato di supporto e intelligence” a protezione della diga stessa, dei tecnici italiani, la cui presenza sul posto sarà assolutamente indispensabile, e degli stessi soldati che verranno inviati in loco. In questo caso si parla di attività di intelligence classica, soprattutto HUMINT. Diversa è quella economico-finanziaria, “volta alla tutela del sistema paese”. Negli ultimi anni, questo tipo di attività si è rivolta principalmente al controllo su acquisizioni e fusioni di società (M&A) e, in particolare, al caso in cui una società estera manifesti la volontà di acquisire un’azienda italiana. In tali casi l’attività di intelligence si concentra sulla "ricerca di informazioni che consentano di capire se tale operazione, ancorché nei crismi della legalità e pertanto non configurabile come reato, venga eseguita con l’obiettivo di eliminare dal mercato un concorrente (si pensi alle aziende private o privatizzate che hanno in dote importanti reti e strutture da cui dipende la sicurezza del paese), con conseguente possibile downgrading strutturale del Paese, derivante da un impoverimento complessivo del nostro sistema paese (know how, avanzamento tecnologico), o con lo scopo di svilupparne le potenzialità". Altra attività fondamentale dell’intelligence economica è quella che riguarda il monitoraggio dei flussi finanziari del terrorismo. Riguardo alla cooperazione internazionale, anche Massolo ha ricordato come sia “assolutamente necessaria”. Qualche piccolo passo avanti sembrerebbe essere stato fatto: “raramente, nella storia, le agenzie d’intelligence europee si sono scambiate dati come negli ultimi anni”. Elementi fondamentali per il raggiungimento di una reale cooperazione sono: “il reciproco accesso alle banche dati delle varie agenzie e il ricorso coordinato e più intenso al data sharing tramite strumenti europei (come il SIS - Sistema d’informazione Schengen), da impiegare in una logica di intelligence e non più esclusivamente di polizia. Al momento continua a prevalere la tutela delle reciproche fonti e il data collecting”. Ciò deriva anche dal fatto che “in Europa non tutti hanno la stessa cultura di intelligence e non in tutti i Paesi esiste una piena collaborazione tra le agenzie di intelligence e le forze di polizia, il che costituisce un grosso ostacolo al data sharing. Una struttura come il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (CASA) italiano dove, su base giornaliera e permanente, vengono scambiate, tra i vari organi di polizia e dell’intelligence, informazioni su potenziali attori terroristici e sugli interessi nazionali all’estero, esiste in pochissimi paesi europei”.