RIVISTA ITALIANA DIFESA
I missili iraniani contro Riyad 05/01/2016 | Pietro Batacchi

Nel contesto dell'escalation in corso tra Iran e Arabia Saudita, una delle minacce con le quali l'Arabia Saudita deve fare i conti, non certo da ora, è l'arsenale balistico dell'Iran. La balistica, difatti, è uno dei settori che Theran ha più sviluppato negli ultimi 30 anni in cooperazione sia con la Corea del Nord, e in parte con la Cina, sia autonomamente. Dopo le prime sperimentazioni congiunte con Israele di missili balistici e da crociera ai tempi dello Scià, l’Iran si trovò coinvolto nella guerra con l’Iraq, durante la quale subì numerosi attacchi ad opera di similari sistemi d’arma, con limitatissima possibilità di rappresaglia. L’Iran cercò, pertanto, di dotarsi a sua volta di tali armamenti, ma l’isolamento “equidistante” sia nei confronti degli USA che dell’URSS spinsero il Paese a contatti con la Siria e la Libia, che si risolsero nella cessione di una trentina di SCUD-B (probabilmente i missili furono ceduti dalla sola Libia, mentre l’addestramento degli operatori venne curato da entrambi i Paesi). Grazie alla Corea del Nord si riuscì ad acquisire altri quantitativi di SCUD-B (denominati intanto SHAHAB-1), con accordi che prevedevano anche forme di cooperazione per la messa a punto di impianti di produzione locale di questo sistema d’arma. Fu in questi anni che furono poste le basi del sodalizio con la Corea del Nord che dura tuttora. All’inizio degli anni ’90 la Corea del Nord cominciò a fornire anche alcuni quantitativi di HWASONG 6 (denominato localmente SHAHAB-2), ovvero una variante nordcoreana dello SCUD. Di questo originario arsenale (una parte degli SCUD venne impiegata durante la guerra contro l’Iraq) al momento dovrebbe rimanere una dozzina di complessi di lancio per SCUD-B con circa 200 missili, e circa una sessantina di HWASONG 6 (per circa 5 complessi di lancio). Ma è da anni che l’arsenale iraniano sta indirizzandosi in misura sempre maggiore verso prodotti nazionali. Innanzitutto va ricordato lo SHAHAB-3, particolarmente “attenzionato” dagli analisti occidentali sin dalla sua comparsa, perché derivato dal nordcoreano NODONG. Si tratta di un sistema a propellente liquido, dotato di uan testata fra i 500 e i 650 kg, e di gittata di circa 1.500 km. Il CEP (Circular Error Probable) sarebbe di 30 m. Dello SHAHAB ne sono stati prodotte anche varianti con testate dotate di una migliore ergonomia e di sistemi di guida più performanti. Ne sono operativi, nelle differenti versioni, alcune decine. Tuttavia, il missile più temibile nell'arsenale iraniano è il SEJIL, noto anche come ASHURA. Si tratta di un missile bi-stadio a propellente solido – il propellente solido consente tempi di allerta e messa in opera molto più rapidi del propellente liquido – accreditato di un raggio di azione di 2.000 km ed una testata da circa 1.000 kg (il peso varia a seconda delle versioni). L'ordigno dovrebbe già essere operativo in alcuni esemplari. Al momento, le testate di tutti i missili balistici iraniani sono convenzionali, ma i missili potrebbero essere essere armabili anche con testate caricate con agenti chimici. Da tempo si parla anche dell'acquisizione da parte di Teheran del missile di fabbricazione nordcoreana MUSUDAN, variante basata a terra del missile russo lanciabile da sottomarini R-27, ma numeri certi non ce ne sono. Il MUSUDAN ha un raggio di azione di oltre 3.000 km, una testata da 1500 kg ed è propulso da propellente liquido. Per far fronte alla minaccia balistica iraniana l'Arabia Saudita ha pochi strumenti a disposizione. Il primo sarebbe quello degli attacchi aerei preventivi contro le postazioni di lancio, opzione resa molto complicata considerando che i missili balistici iraniani sono basati su piattaforme mobili (nel caso si dovrebbe ricorrere massicciamente all'intelligence americana e...israeliana...). Per tale compito, l'Aeronautica Saudita dispone dei bombardieri TORNADO IDS, armati anche con i missili da crociera a lungo raggio STORM SHADOW, prodotti dalla multinazionale europea MBDA, e dei cacciabombardieri F-15S, variante customizzata dell'F-15 STRIKE EAGLE. La seconda carta è quella dell'intercettazione dei missili, ad attacco avvenuto, con le batterie di missili PATRIOT. Attualmente l'Arabia Saudita dispone di 11 batterie di missili superficie-aria PATRIOT PAC-2 che hanno anche, come capacità secondaria, la possibilità di intercettare missili balistici. Non è un caso che siano state ordinate da tempo anche batterie di PATRIOT PAC-3 essendo quest'ultimo un missile concepito espressamente per la difesa anti-missile. Rispetto al PAC-2, infatti, il PAC-3 può contare su un radar di acquisizione del bersaglio espressamente concepito per la discriminazione dei bersagli balistici e su su un meccanismo di intercetto diretto, “hit-to-kill”, che distrugge cioè il bersaglio colpendolo direttamente, anziché, come accade con il PAC-2, con la “nuvola” attivata da una spoletta di prossimità. In pratica il PAC-3 è molto più efficace del PAC-2 contro i missili balistici, ma pare che non sia ancora stato dispiegato. Il che costituisce un incentivo per un eventuale attacco iraniano per scongiurare il quale l'Arabia Saudita dovrebbe da parte sua attaccare per prima...


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