Lo Stato Islamico rappresenta molo più di un'organizzazione terroristica. Una sorta di proto-stato o stato nascente ben strutturato ed organizzato sul territorio. Da questo punto di vista l'organizzazione di Al Baghdadi è veramente un soggetto "interessante", da studiare, ed estremamente innovativo rispetto alle classiche organizzazioni terroristiche o di guerriglia. Forse, solo le Tigri Tamil in Sri Lanka, all'apice della loro forza, hanno potuto rappresentare qualcosa di simile. Per cercare di capire di più sul Daesh ci siamo rivolti all'On. Mnaciulli, Presidente della Delegazione italiana presso l'Assemblea Parlamentare della NATO, che conosce bene IS occupandosene nell'ambito della stessa NATO per la quale ha curato di recente la relazione “Daesh: la sfida alla sicurezza regionale e internazionale “, uno studio che consigliamo a tutti coloro i quali vogliono capire qualcosa sul movimento di Al Baghdadi e che potete scaricare qui in formato PDF.
Presidente come lo potremmo definire e descrivere lo Stato Islamico?
Il Daesh rompe con la matrice terroristica internazionale per evolvere in un'organizzazione del tutto nuova dotata dei caratteri tipici della statualità e della territorialità. Pur nascendo dal ceppo di Al Qaeda ne abbandona le caratteristiche – dal settarismo, all'elitismo tipico delle organizzazioni terroristiche – per evolvere verso una dimensione geopolitica che ha nella territorialità, con tutto ciò che su questa dimensione insiste, l'elemento centrale.
Uno Stato nascente insomma?
Direi di sì, oppure un mostro a 3 teste. Quella terroristica, che resta come strumento di azione in alcuni contesti, quella mediatica e quella della guerra convenzionale.
Ci parli delle dimensioni mediatica e, come Lei la chiama, della guerra convenzionale?
La prima è funzionale alla creazione di un'onda con la quale mobilitare adepti e combattenti in tutto il modo. La sua portata è, infatti, globale e questo ha fatto del gruppo il principale catalizzatore di foreign fighters. Figure queste ultime molto diverse dalle varie legioni arabe e islamiche che combattevano, per esempio, in Afghanistan. Quelle erano persone “mature”, con una solida base ideologico-religiosa, e che l'Islam lo conoscevano bene. I foreign fighters di oggi, invece, sono per la gran parte giovani e non così addentro alla cultura islamica. La dimensione convenzionale è, invece, funzionale alla creazione dello stato, o dello stato nascente, se si preferisce, e si inserisce alla perfezione nella disgregazione dell'Iraq e della Siria che è stata colta dal Daesh come un'opportunità grazie alla quale impiantare il proprio modello di aggregazione associativa e di convivenza organizzata. Costruire uno stato, con una bandiera, è del resto un argomento imbattibile per attrarre possibili combtattenti.
E la terza testa, quella terroristica?
Il terrorismo resta uno strumento di cui Daesh fa ampio uso, anche, come purtroppo abbiamo visto, contro i Paesi europei ed occidentali, ma anche contro altri Paesi. In particolare, si tratta di un terrorismo di duplice natura. Il “modello Batalcan”, ovvero quello dove esiste un legame diretto tra gli autori ed i terminali operativi e lo Stato Islamico in Iraq e Siria, ed il “modello San Bernardino”, dove non esiste un legame diretto tra Daesh e gli autori degli attacchi, ma questi si auto-attivano sulla base di input generalizzati e non circostanziati. I famosi lupi solitari o auto-radicalizzati.
Quindi? Come si può contrastare Daesh?
Per battere Daesh devi occuparti di tutte e 3 e teste. Non puoi curarne una sola perchè c'è il rischio che le altre crescano.
Presidente, in tutta onestà, nel successo dello Stato Islamico quanto influisce la componente ex baathista?
Il ruolo degli ex baathisti è fondamentale da un punto di vista militare ed organizzativo. Lo dicono i numeri e i nomi, con moltissimi ex appartenenti al regime di Saddam che ricoprono incarichi di vertice ed a livello di quadri intermedi nello Stato Islamico. Del resto, come dicevo prima, il disfacimento dello Stato iracheno e di quello siriano hanno creato un'opportunità per gli uni, i baathisti, di "riciclarsi", per gli altri, i jihadisti di Al Qaeda in Iraq e poi Stato Islamico in Iraq, di radicarsi. A questo aggiungiamo gli errori della deebathificazione ed il settarismo del Governo Maliki ecc. che hanno accentuato la frustrazione del mondo sunnita iracheno. Per non parlare dello sbaglio che è stato fatto rinchiudendo baathisti e jihadisti nella solita prigione, il famigerato Camp Bucca, dove sono state poste le basi del sodalizio.
Veniamo a cose che ci riguardano più da vicino. Si parla molto del proselitismo di IS nei Balcani...
Siamo molto preoccupati dei Balcani dove esiste un sostrato che ha favorito l'attecchimento di cellule dell'IS e l'impiantamento di una rete logistica di un certo livello. Dobbiamo, pertanto, occuparcene con molta attenzione anche perché l'Italia rischia di trovarsi chiusa in una tenaglia tra i Balcani e la Libia.
Ecco, proprio a proposito di Libia: il Daesh è ormai una realtà nel Paese. Come la mettiamo?
Lo Stato Islamico in Libia è in forte crescita, inutile negarlo. E sappiamo che il movimento ha in Libia contatti diretti sia con la leadership di Raqqa/Mosul sia con Boko Haram che rappresenta la diramazione dell'IS nell'Africa Occidentale. E sappiamo anche che un nucleo dirigente proveniente dalla Siria ha raggiunto in questi mesi la Libia e Sirte. Da questo punto di vista la variabile tempo è fondamentale perchè più le lancette vanno avanti più Daesh ha l'opportunità di saldarsi con i traffici e la criminalità e questo permetterebbe al movimento di radicarsi ancora di più.
Quindi è fondamentale il nuovo Governo libico, quando si farà, concorda?
Assolutamente sì. Noi lo supporteremo con la nostra expertise e sulla base delle esigenze che ci verranno rappresentate, ma tenga conto un elemento fondamentale: saranno gli stessi libici a fare il grosso del lavoro. Soprattutto quando si parla di lotta allo Stato Islamico.