RIVISTA ITALIANA DIFESA
Mediterraneo e sicurezza: più navi per l'Italia 03/12/2015 | Pietro Batacchi

Lunedì 30 novembre si è svolta presso Palazzo Rondinini (Roma) una conferenza organizzata dallo IAI (Istituto Affari Internazionali) sulla sicurezza nel Mediterraneo e l'Italia. Un tema quanto mai importante alla luce delle profonde trasformazioni che stanno interessando tutta la regione e dei rischi che da questa emanano. L'evento ha fatto da cornice alla presentazione dell'ottimo studio realizzato dalla IAI "La sicurezza nel Mediterraneo e l'Italia", curato da Michele Nones e Alessandro Marrone, ed agli interventi del Capo di Stato Maggiore della Marina Amm. Giuseppe De Giorgi, del Presidente della Commissione Difesa del Senato Nicola La Torre, dell'Amministratore Delegato di Fincantieri Dott. Giuseppe Bono, e del Prof. Vittorio Emanuele Parsi e dello stesso Alessandro Marrone. La giornata è stata aperta proprio dall'intervento di quest'ultimo che ha presentato lo studio illustrandone i contenuti ed i contributi. Si tratta di un lavoro estremamente interessante che rende bene l'idea di quale sia l'importanza del Mediterraneo per l'Italia e la sua sicurezza, soprattutto alla luce della pubblicazione del Libro Bianco della Difesa. Un'importanza che è economica – l'interscambio commerciale tra l'Italia e i Paesi dell'area del Mediterraneo è cresciuto del 64,4% tra il 2001 ed il 2013, passando da 33,3 miliardi di euro e 54,8 miliardi di euro, e nel 2016 dovrebbe attestarsi sui 56,6 miliardi di euro – e strategica, con il 40,3% di questo interscambio rappresentato dalle risorse energetiche e con quei conflitti aperti in Libia e Siria che così profonde conseguenze hanno sulla sicurezza dell'Italia (senza parlare della precaria stabilità di Tunisia e, in parte, Egitto o delle incognite della futura transizione in Algeria). Il fatto importante, che ha costituito l'elemento centrale della conferenza, è che il 75% dell'interscambio di cui sopra avviene via mare e che, quando parliamo di Mediterraneo, la sicurezza non può che essere declinata per la gran parte in chiave marittima. In tal senso, tutti gli oratori hanno convenuto su un fatto: l'Italia non può prescindere dalla sua marittimità e questo nonostante che alle volte il nostro Paese sembri esserne inconsapevole. Pertanto, come giustamente osservato da Alessandro Marrone, sarebbe bene iniziare a pensare ad una nuova strategia marittima della NATO, dal momento che l'ultima edizione risale al 2011 quando ancora gli enormi sconvolgimenti che sono sotto gli occhi di tutti non si erano ancora sviluppati. Allo stesso tempo l'Italia, come altri Paesi del fianco sud dell'Alleanza, dovrebbero ragionare in termini di misure concrete da prendere per riequilibrare uno strumento come il RAP (Readiness Action Plan), il piano di azione messo in piedi dall'Alleanza nel 2014, oggi troppo sbilanciato ad est ed “operazionalizzarlo” così anche verso sud. Proposte concrete, dunque, da presentare eventualmente al prossimo summit NATO che si terrà a Varsavia nel luglio 2016. Estremamente concreto, ma allo stesso tempo di grande respiro, anche l'intervento dell'Amm. De Giorgi. L'Ammiraglio, infatti, ha messo in rilievo con grande lucidità una serie di fattori di grande rilievo che stanno contribuendo a rimodellare l'ambiente strategico del Mediterraneo. Il primo tra tutti il disimpegno dall'area dell'US Navy e la contestuale ricomparsa sulla scena, e in grande stile, della flotta russa del Mar Nero. Un cambiamento esaltato ancor di più dalla Guerra in Siria che ha dimostrato, come sottolineato dallo stesso De Giorgi, che la Marina Russa è in grado di lanciare simultaneamente missili da crociera a lungo raggio da navi e sottomarini nel Mediterraneo e nel Caspio sincronizzando tale azione con gli attacchi portati dai bombardieri partiti dalle basi in Ossezia del Nord, nel sud della Russia e, addirittura, dalla Penisola di Kola. E poi, ancora, l'Ammiraglio ha ricordato il numero sempre crescente di sottomarini operanti nel Mediterraneo - da quelli algerini, a quelli turchi ecc. - ed una realtà, pertanto, che impone alla Marina il problema di acquisire nuovi battelli considerata l'attuale disponibilità di soli 6 esemplari. E questo ultimo passaggio fa il paio con l'esigenza già rappresentata più volte dallo stesso De Giorgi, non ultimo in questo stesso consesso, di arrivare presto ad una seconda tranche di Legge Navale per finanziare l'acquisizione di nuove navi e rispondere così alle esigenze che la marittimità del nostro Paese richiede. Per di più questa esigenza si combina con un settore, quella della cantieristica, in cui come ricordato dal Dott. Bono, l'Italia e l'Europa non hanno nulla da invidiare agli Stati Uniti, anzi, in alcuni settori, come quello di navi da pattugliamento, fregate leggere ecc., l'Italia e l'Europa sono addirittura avanti come dimostra il programma LCS che vede protagonista proprio Fincantieri con il ruolo di costruttore e fornitore della piattaforma con il suo cantiere di Marinette. Per questo, ha auspicato Bono, un maggiore consolidamento della cantieristica europea potrebbe portare risultati ancora migliori e permettere di reggere l'urto delle "tigri” asiatiche. La giornata è stata conclusa dall'intervento del Prof. dell'Università Cattolica VE Parsi, che ci ha lasciati con un interrogativo: dopo Parigi l'Italia non rischia l'isolamento a non essersi schierata in maniera più netta a fianco degli alleati nella guerra ad ISIL? Una domanda alla quale ha risposto il Presidente La Torre ricordando l'impegno importante che l'Italia ha già nella lotta al Califfato in Iraq e l'impegno in Libano, un teatro altrettanto importante la cui stabilità è fondamentale anche in ottica siriana.


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