RIVISTA ITALIANA DIFESA
Quale Libro Bianco? 14/04/2014 | Pietro Batacchi

Il processo di formulazione del nuovo Libro Bianco può essere una grande occasione per avviare, per la prima volta, un grande dibattito nel nostro Paese sui temi della politica di sicurezza e difesa. Un dibattito che coinvolga tutti i cosiddetti “stakeholder” e che sia condotto alla luce del sole. Nel nostro piccolo vogliamo inserirci in questo dibattito con alcuni spunti.

Iniziando dallo scenario politico-strategico, il Libro Bianco dovrebbe ribadire l’importanza centrale della NATO per la nostra sicurezza. In altri termini la NATO, che negli anni ha dimostrato di essere l’unica organizzazione politico-militare che funziona, deve continuare a restare per l’Italia il riferimento principale della politica di difesa e sicurezza. A maggior ragione, oggi, in cui focolai di conflitti si vanno accendendo nell’immediata periferia, o addirittura prossimità, del perimetro dell’Alleanza Atlantica.

Subito dopo la NATO, ci sono le Nazioni Unite che, pur con tutti i loro limiti, rappresentano un forum imprescindibile per discutere ed affrontare i grandi temi globali della sicurezza – e non dimentichiamo che l’Italia è impegnata sotto l’egida dell’ONU in una missione fondamentale per la sicurezza internazionale come UNIFIL in Libano – e nel cui ambito opera l’unico organismo internazionale in grado di decidere ed incidere sulle dinamiche globali, ovvero il Consiglio di Sicurezza, al quale l’Italia partecipa a rotazione come membro non permanente.

Per quanto riguarda, invece, l’Unione Europea, crediamo che sia veramente giunto il momento di prendere atto dell’impraticabilità del percorso che dovrebbe portare all’integrazione in campo strategico-militare. Del resto, l’ultima emergenza immigrati derivata dalla crisi libica ha dimostrato, ancora una volta di più, come sulle questioni relative alla sicurezza i Paesi europei vadano ancora in ordine sparso senza coordinamento o, peggio, senza che la condivisione di interessi porti a politiche concertate. Questo perché all’Europa, diversamente dalla NATO, manca un Paese leader da un punto di vista militare capace di guidare, coordinare ed indirizzare il resto dei membri. Il successo dell’Alleanza Atlantica, difatti, è sempre stato quello di essere un’alleanza politico-militare asimmetrica in cui il differenziale di potenza tra il leader e gli altri membri era ed è incontestabile. Nell’UE questo differenziale non esiste, esistendo solo quello economico a vantaggio della Germania – che non a caso è in grado di imporre agli altri le proprie politiche economiche, ma che non ha neanche una minima dimensione politico-strategica. Pertanto, si consideri la PESD (Politica Europea di Sicurezza e Difesa) per quello che è, un esercizio di retorica o poco più, e si lavori più realisticamente per far funzionare ancor meglio la NATO (e, magari, per evitare di far entrare ancora qualche altro Paese…).

Altrettanto realisticamente il Libro Bianco prenda in considerazione la possibilità per l’Italia di interventi autonomi nel bacino Mediterraneo. In questo caso si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione copernicana per la nostra politica estera e di sicurezza, abituata dal dopoguerra in poi a vedere nelle organizzazioni sovranazionali di sicurezza il grande surrogato a cui delegare le proprie indecisioni politiche e strategiche. Tuttavia, il quadro di instabilità che regna in tutto il Mediterraneo e le minacce che da vicino deve fronteggiare il Paese, ci obbligano a prendere in considerazioni anche ipotesi di interventi militari a carattere nazionale in un’area vitale per i nostri interessi. Ripetiamo, la crisi libica ha mostrato che interessi vitali per l’Italia non sono percepiti come tali dagli altri Paesi europei e questo deve costituire per il nostro Paese un utile ammaestramento ed un incentivo a priorizzare gli scenari in base alla vicinanza/lontananza rispetto ai nostri interessi. Chiaramente, e questo è un altro passaggio fondamentale, il Libro Bianco definisca – una volta per tutte – cosa può rappresentare un interesse vitale e cosa no per il nostro Paese in base a criteri legati a: la prossimità geografica, l’approvvigionamento energetico, la presenza/influenza di tipo economico e la presenza/influenza di tipo culturale. Con questi parametri si costruisca una scala a più livelli e gli si associ un valore a seconda della maggiore o minore importanza incidenza degli stessi parametri rispetto ad un dato scenario.

In generale, è bene che il Libro Bianco, laddove si andranno a descrivere gli scenari attuali e quelli prevedibili, tenga in considerare il riemergere degli scenari convenzionali come un dato di base. Del resto, i segnali di questo fenomeno si stanno moltiplicando. Nel2011, inLibia, fu condotta una campagna aerea ad alta intensità contro forze semi-convenzionali e obbiettivi quali centri di comando, batterie antiaeree, impianti di comunicazione, depositi di munizioni, carri armati, lanciarazzi ecc.. Un eventuale conflitto in Siria avrebbe avuto tali caratteristiche ma ancor più accentuate, considerato il livello delle difese aree e delle Forze Armate siriane, certo non paragonabile a quello delle forze fedeli a Gheddafi. A questo bisogna aggiungere ciò che è accaduto in Crimea e quello che potrebbe accadere nell’est dell’Ucraina dove è scesa direttamente in campo, proprio in un’area attigua al perimetro NATO, la seconda potenza mondiale, ovvero la Russia e dove è concreta l’ipotesi di invasione di un territorio con largo impiego di forze corazzate.

Se questo è lo scenario strategico di riferimento, il futuro strumento militare italiano dovrà avere il carattere di strumento moderno, bene addestrato, basato sulla qualità più che sulla quantità, in grado di operare all’estero in scenari anche ad alta intensità e basato su una componente interforze di proiezione ad altissima rapidità di dispiegamento.

In base a queste caratteristiche, il Libro Bianco dovrà affrontare con incisività una serie di problematiche.

Cominciando da quelle di valenza legale/costituzionale:

Modificare la Costituzione per permettere al Consiglio Supremo di Difesa di operare come Consiglio di Sicurezza tutti gli effetti sanando una situazione di fatto ormai acclarata Introdurre una legge di programmazione quinquennale che regoli il procurement e l’ammodernamento delle Forze Armate, consentendo, pertanto, a queste ultime di fare una pianificazione finanziaria di medio/lungo periodo ed al Parlamento di poter dire la “sua” sugli acquisti militari senza possibilità di incertezze e altro, o inutili messe in scena come l’eterna indagine conoscitiva sull’F-35 Rapida adozione di un sistema Foreign Military Sale italiano che consenta realmente al Governo e alla Difesa di porsi come guida effettiva del sistema Paese e delle esportazioni di materiale bellico

Per quanto riguarda gli aspetti più strettamente operativi:

Rapida attuazione della Riforma Di Paola e del processo di razionalizzazione/ridimensionamento organizzativo/organico Valutare ulteriori riduzioni di personale e la formazione di una Riserva/Guardia Nazionale su base reggimentale per l’impiego in operazioni di stabilizzazione a bassa intensità e sul territorio nazionale Trasformazione del Comando Forze Speciali in Comando proprietario delle forze a tutti gli effetti ed ulteriore rafforzamento di tutto il comparto forze speciali Armonizzazione della formazione e della gestione in chiave interforze delle flotte ad ala rotante e maggiore coinvolgimento nella formazione del personale dell’industria nazionale Ulteriore razionalizzazione della catena logistica con la valutazione dell’ipotesi di concedere in outsourcing a contractors specializzati alcuni servizi logistici in modo tale da liberare nuovo personale per le funzioni operative Componente attiva dell’Esercito a 7 Brigate: 1 ad altissima prontezza, 4 brigate a media prontezza e 2 brigate a bassa prontezza Rivalutare eventualmente la configurazione della variante Full dei Pattugliatori Polivalenti d’Altura, in abbinamento allo sviluppo di un sistema missilistico sup-aria leggero a bassi costi, oppure pensare alla realizzazione di tutti i PPA nella sola versione Light per evitare ogni ipotesi di esplosione dei costi Rivalutare l’acquisizione da parte dell’AM dei 15 F-35 invariante STOVL e, nel caso di una loro eliminazione, aumentare gli STOVL della Marina a 20/22 unità. Nel complesso, gli acquisti di F-35 dovrebbero restare invariati per ragioni di ordine operativo, ma anche industriale in accordo al grande investimento fatto nel programma Far evolvere rapidamente tutti gli Eurofighter TYPHOON Tranche 2 e Tranche 3A dell’AM alla variante swing role

Condividi su:  
    
News Forze Armate
COMUNICATI STAMPA AZIENDE