RIVISTA ITALIANA DIFESA
Il terrorismo colpisce anche il Mali 20/11/2015 | Pietro Batacchi

Nonostante gli accordi di pace di Algeri tra ribelli tuareg e Governo, firmati la scorsa estate ad Algeri, la situazione in Mali continua ad essere di grande instabilità e l'attacco in corso contro l'hotel Radisson di Bamako lo dimostra. Del resto nel Paese operano diversi gruppi jihadisti. Il principale è Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI). Nata originariamente in Algeria sulle ceneri del Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento, il gruppo ha ramificazioni in tutta la regione del Sahel, dal Mali, al Niger alla Mauritania. Un altro gruppo importante è Al-Mourabitoun, le Sentinelle, guidato da quel Moktar Belmoktar dato più volte per morto, dove è confluito il MUJAO (Movimento per l’Unità e la Jihad nell’Africa Occidentale), frutto della scissione da AQMI dell’ala non algerina e sahelita dell'organizzazione, desiderosa di ottenere maggiore autonomia operativa ed il controllo diretto sugli introiti delle attività criminali, ed il vecchio gruppo di Belmoktar dei Firmatari con il Sangue. Rispetto ad AQMI, Al-Mourabitoun ha una minore connotazione politica ed un’agenda più apertamente banditesca e criminale. Da qualche mese, alcuni miliziani del gruppo sembrano aver attuato una scissione giurando fedeltà all'ISIS. Vi è, infine, Ansar Al Din, ovvero il gruppo che rappresenta la corrente islamica radicale dell’irredentismo tuareg e raccoglie i dissidenti tuareg del secolare MNLA (Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad). Ansar Al Din è guidata da Iyad Ag Ghaly, già protagonista della rivolta anti-governativa in Mali degli anni novanta ed ex consigliere d’ambasciata in Arabia Saudita dove, venendo a contatto con gli ambienti wahabiti, si è radicalizzato. Tutti questi gruppi non riconoscono gli accordi di pace della scorsa estate. In generale, la pericolosità di queste realtà si deve anche alle sostanziose fonti di finanziamento a cui possono attingere, a cominciare da quelle generate dai traffici illegali. Il Sahel, difatti, è tradizionalmente un’area attraversata da traffici e contrabbandi di ogni genere: essere umani, sigarette, alcolici, droga ecc. Per quanto riguarda la droga, si tratta soprattutto della cocaina proveniente dal Sudamerica che giunge in Africa Occidentale attraverso le spiagge ed i porti di Liberia, Senegal, Guinea ecc. e poi, seguendo le rotte del Sahel, arriva in Nordafrica e da lì in Europa. Ma alla cocaina, bisogna poi aggiungere l’hashish proveniente dal Marocco, i cui canali attraversano soprattutto il sud dell’Algeria ed il nord del Mali. Senza dimenticare il business dei sequestri, gestito in particolare da Al-Mourabitoun e che ha permesso al gruppo di ottenere negli ultimi anni risorse davvero ingenti. Il Mali resta, pertanto, un Pese fortemente instabile dove è attiva la missione dell'ONU MINUSMA, con oltre 12.000 uomini, e 2 missioni dell'UE: EUTM Mali ed EUCAP Sahel-Mali. Soprattutto nel Paese è attiva la mega missione di contro-terrorismo francese Barkane. Barkhane è stata lanciata il 1° agosto 2014 per riunificare tutte le operazioni militari francesi attive nella fascia del Sahel: Licorne (Costa d’Avorio 2002–2014), Epervier (Ciad 1986–2014), Sabre (Burkina Faso 2012-2014) e Serval (2012-2014) nello stesso Mali. Barkhane, pertanto, si articola in un dispositivo esteso dal Ciad, al Mali, passando per il Niger e composto da quasi 4.000 uomini - paracadutisti, fanteria di Marina, forze speciali ed elementi della Legione Straniera – supportato da aerei, elicotteri, aerei senza pilota e velivoli ruotati da combattimento. Del resto in quest'aera la Francia, ex potenza coloniale, ha fortissimi interessi di natura strategica ed economica. Per esempio, le miniere nigerine di Arlit e Akokan, gestite dal colosso Areva e oggetto in passato di azioni terroristiche, soddisfano non meno di un terzo del fabbisogno energetico della Francia, Paese dipendente al 75% dal nucleare, e sono indispensabili per il mantenimento dell’arsenale atomico. Il comando di Barkhane è stato stabilito a N'Djamena dove è di stanza anche un distaccamento di caccia Rafale, mentre gli altri 2 hub della missione sono a Niamey, in Niger, dove è attivo un distaccamento di caccia Mirage-2000, aaeri senza pilota Harfang e Predator, ed aerei da pattugliamento Atlantic, e Gao nel nord del Mali, dove è di stanza un grosso contingente terrestre. Da questi 3 hub si diramano, poi, una serie di basi avanzate, denominate BAT (Basi Avanzate Temporanea), localizzate in alcuni crocevia strategici. Le BAT si trovano a Tessalit (nord del Mali, in prossimità del confine con l’Algeria), Madama (Niger settentrionale vicino alla frontiera con la Libia) e Faya-Largeau (nel nord del Ciad, a ridosso del massiccio del Tibesti e della Libia). Significativamente, le BAT comprendono nel proprio raggio di azione anche le regioni del Fezzan e dell’Algeria meridionale (benché il Paese maghrebino, ex colonia francese, si opponga alla presenza di truppe di Parigi sul suo territorio e manifesti la volontà di gestire autonomamente la minaccia terroristica). Ogni avamposto, benché strutturato per ospitare al massimo poche centinaia di uomini, è stato dotato di piste adeguate tanto per i droni quanto per essere utilizzate da velivoli da trasporto. La BAT di Madama è situata presso un crocevia strategico per le rotte dei traffici nel Sahel, ugualmente vicina ai corridoi di Salvador, Tumu e Korizo e all’altopiano di Djado che permettono a gruppi jihadisti e trafficanti (soprattutto al-Mourabitoun e milizie tuareg della zona di Sebha e Awbari) di spostarsi fra il sud della Libia e l’Adrar des Ifoghas nel nord del Mali. Da Madama si controlla anche l’accesso alla zona di Arlit e Agadez, dove è presente Areva. Nella base sono schierati paracadutisti, fanteria di Marina, unità del genio ed almeno una compagnia di soldati nigerini. La base è, inoltre, dotta di una pista di atterraggio di 1.800 m.


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