RIVISTA ITALIANA DIFESA
Il Bilancio Difesa 2026 e il temporeggiatore Giorgetti 24/12/2025 | Pietro Batacchi

Più che un Bilancio della Difesa da Guerra Fredda 2.0 – con la sua “bella” componente calda in Ucraina e una competizione sempre più sfrenata (iper-competizione) – quello del 2026 potrebbe essere definito come il Bilancio della Difesa della prudenza, o dell’attesa.

Attesa di capire cosa succederà con Readiness 2030/ReArm Europe, ovvero con i fondi di SAFE (Security Action For Europe) e con i fondi che potrebbero arrivare se l’Italia deciderà veramente di attivare la clausola di salvaguardia, per un ammontare massimo dell’1,5% del PIL (oltre 34 miliardi di euro), non conteggiando le spese Difesa aggiuntive ai fini del calcolo dei parametri del Patto di Stabilità (fino al 2028). Nello stato di previsione della Difesa per il 2026, di SAFE e clausola, dunque, non c’è ancora traccia, ovviamente, anche perchè l’UE avrebbe dovuto dare via libera ai progetti di SAFE alla fine del 2025, e presumibilmente questi non verranno erogati prima di metà 2026, mentre ancora nulla è dato sapere circa l’eventuale attivazione della clausola (queste note sono state chiuse a metà dicembre). Il Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP) precisa, del resto, che “la decisione sull’eventuale attivazione della NEC (National Escape Clause, ovvero la citata clausola di salvaguardia) è rimandata a una fase successiva al perfezionamento del programma SAFE, in cui se ne valuterà l’effettiva necessità, tenuto anche conto dell’obiettivo di uscire dalla Procedura per Disavanzi Eccessivi”. Il rapporto deficit/PIL italiano è tornato al di sotto del 3%, ma questo non dà sufficienti garanzie al Ministro Giorgetti, la cui “scure” si è abbattuta duramente su tutti i Ministeri, come vedremo in particolare dal Bilancio del MIMIT, e che vuole che l’Italia non torni sopra quella soglia.

La strategia, allora, potrebbe essere questa: facciamo passare questi 2 anni aumentando pochissimo la spesa militare vera e usando il più possibile quel famoso 1,5% di spese per la sicurezza, in cui infilare un po' di tutto (ponti e ponticelli). Nel frattempo il traguardo della Review del 2029 fissata dalla NATO si avvicina, i capability target potrebbero essere anche rivisti, Trump non ci sarà più, la Russia potrebbe essere di nuovo in crisi, ecc. Insomma, la prospettiva di diluire un po' tutto fa gola, tanto poi, come sempre succede, si vedrà, anche perchè l’appuntamento elettorale del 2027 è dietro l'angolo e, si sa, l’aumento delle spese militari non porta certo voti: né a destra, né a sinistra.

L’articolo completo è pubblicato su RID 1/26, disponibile online e in edicola.


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