RIVISTA ITALIANA DIFESA
Come cambiano le SOF italiane. La parola al Capo di SMD, Generale Portolano 15/11/2025 | Pietro Batacchi

Le Forze Speciali, componente d’élite di ogni strumento militare, stanno affrontando un processo di grande trasformazione. Con i nuovi scenari, il ritorno della guerra convenzionale, la dronizzazione, ecc., quale ruolo, dunque, assumono le Forze Speciali? Come si stanno riconfigurando per misurarsi con scenari sempre più complessi e multi-dominio? Domande per rispondere alle quali abbiamo “raggiunto” una personalità d’eccezione, che in questo momento sta guidando la Difesa italiana, in uno dei momenti più importanti della sua storia. Stiamo parlando del Capo di Stato Maggiore della Difesa: Gen. Luciano Portolano.

- Generale, dopo un ventennio di operazioni di risposta alle crisi e di operazioni di "controinsorgenza" le guerre in corso ci hanno mostrato il ritorno preponderante della manovra convenzionale e dell'utilizzo delle nuove tecnologie. In tale contesto, qual è il ruolo delle Forze Speciali, protagoniste degli ultimi decenni e apparentemente assenti negli scenari attuali?

Le Forze Speciali (FS) non sono affatto assenti, anzi, sono e restano un assetto strategico fondamentale, oggi più che mai. La loro apparente non osservabilità negli attuali scenari convenzionali è proprio il segno del loro corretto impiego, che è per natura discreto e non di massa. Il ritorno alla guerra ad alta intensità non riduce il loro ruolo, ma lo esalta.

Le FS non sono fanteria d’élite da impiegare in prima linea, come erroneamente fatto dalla Russia in Ucraina durante le fasi iniziali del conflitto, con risultati disastrosi. Sono invece uno strumento chirurgico che, agendo in sinergia con le nuove tecnologie, permette di ottenere effetti strategici di altissimo livello rispetto all'esiguo numero di uomini impiegati. In tal senso possiamo pensare all’impiego di team di Forze Speciali in territorio iraniano da parte di Israele durante la recente "Guerra dei Dodici Giorni" o gli attacchi non convenzionali portati in territorio russo da parte delle FS ucraine.

Parliamo di sabotaggio di nodi nevralgici, ricognizione strategica oltre la linea di contatto, preparazione di corridoi “anti-A2/AD” per l’Aviazione, designazione di bersagli ad alto valore, inserzioni clandestine di micro-sensori, esfiltrazione di pacchetti di dati sensibili. In sostanza, quando impiegate in maniera appropriata, per compiti che solo loro possono assolvere, le FS offrono un rateo costo-beneficio ineguagliabile, agendo da moltiplicatore di forza per l'intero strumento militare, pur con l’accettazione di un maggior rischio potenziale da parte della catena di Comando.

- In questo contesto estremamente mutevole, caratterizzato dall’irrompere di nuove tecnologie e dall’utilizzo massiccio di sistemi autonomi, come le FS si stanno adattando?

L'adattamento non è una sfida per le FS, è parte della loro stessa natura. La capacità di cambiare è insita nel DNA di questi militari che, grazie a un processo di selezione che premia l'agilità mentale, a una catena di comando corta, che favorisce decisioni rapide, e a un’intrinseca cultura dell'innovazione, le rende un naturale laboratorio di sperimentazione per l'intero strumento militare.

D’altra parte, negli attuali scenari, l’adattamento è un processo continuo e multidimensionale. Non si tratta solo di acquisire nuove tecnologie, ma di ripensare l'essenza stessa delle operazioni. I distaccamenti operativi vengono integrati da nuove figure professionali, come operatori cyber ed esperti di operazioni psicologiche, che lavorano fianco a fianco con gli incursori. Le procedure tecnico-tattiche evolvono costantemente per includere l'impiego sinergico di sistemi con e senza pilota (il c.d. "Manned-UnManned Teaming", MUM-T), l'uso di sciami di droni per la ricognizione e l'inganno, e l'adozione di tecnologie dirompenti come munizioni circuitanti intelligenti e reti di comunicazione a bassissima probabilità di intercettazione.

Ma l’attenzione è sempre maggiore anche nella formazione degli incursori che stanno focalizzando la loro preparazione verso le attività di livello strategico, che includono l’adozione di tattiche per operare in estremo isolamento e in stretta collaborazione con gli assetti di intelligence.

Un aspetto cruciale di questa trasformazione è lo sviluppo di una capacità manifatturiera propria, con tecnologie di stampa 3D che permettono di prototipare, modificare e riparare equipaggiamenti in tempi brevissimi. Questo riduce la dipendenza logistica e aumenta la resilienza.

In definitiva, le Forze Speciali non subiscono il cambiamento tecnologico ma lo guidano, anticipandolo e integrandolo per mantenere quel vantaggio asimmetrico che è la loro ragion d'essere

Se guardiamo al contesto nazionale, le FS si sono notoriamente distinte nei teatri operativi dell’ultimo ventennio, impegnate in praticamente tutte le operazioni di risposta alla crisi in Medioriente, Asia e Africa. Come si stanno preparando oggi per affrontare le nascenti sfide e l’intervento nei potenziali teatri di confronto? 

Negli ultimi 20 anni le nostre FS si sono guadagnate sul campo una reputazione di eccellenza, operando in tutti i principali teatri di crisi, dal Medioriente al Sahel. Ma è altrettanto vero che il loro impegno non appartiene al passato: oggi sono impiegate quotidianamente, spesso lontano dai riflettori, in tutti i contesti dove l’Italia mantiene una presenza militare o un interesse strategico.

Per citare alcuni eventi noti ai più, basti ricordare le evacuazioni d’emergenza dall’Afghanistan nel 2021 e dal Sudan nel 2023, condotte con successo per mettere in sicurezza cittadini italiani e personale internazionale.

Per affrontare le sfide che si profilano – dallo scenario ad alta intensità in Europa orientale alle instabilità crescenti nel Mediterraneo allargato – le nostre FS stanno applicando lo stesso principio di adattamento continuo di cui abbiamo parlato: aggiornano dottrine, sperimentano procedure tecnico-tattiche multi-dominio e integrano tecnologie dirompenti.

Inoltre, a supporto di tale progressivo adattamento, su indicazione e sotto la supervisione del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ho avviato un processo d’urgenza di revisione del Comparto Forze Speciali. L’obiettivo è triplice: ridurre i tempi di approntamento, accelerare l’adozione di soluzioni tecnologiche avanzate e affinare i modelli d’impiego a tutela degli interessi nazionali, ovunque questi siano minacciati, senza dimenticare la tutela del personale e la ricerca di misure di riconoscimento per il gravoso servizio prestato dagli operatori. In sostanza, non parliamo di una forza che “si prepara” solo a potenziali confronti, ma di un assetto già in azione che, giorno per giorno, evolve per restare un moltiplicatore decisivo della proiezione di sicurezza del Paese.

Può chiarire gli aspetti fondamentali di tale riforma?

Nei limiti imposti dal carattere riservato di alcune misure, è possibile delinearne i pilastri fondamentali.

Stiamo prevedendo un percorso progressivo e strutturato, articolato su 2 orizzonti temporali. Nel breve termine adottiamo “misure di prontezza”: razionalizzazione degli attuali Reparti secondo la specificità d’impiego, procedure di attivazione agile, catena decisionale snella, che collega direttamente il vertice del nuovo Comando Forze Speciali (evoluzione dell’attuale Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali – COFS) al Capo di Stato Maggiore della Difesa e all’Autorità Politica, e un processo di procurement dedicato in grado di accelerare l’introduzione di tecnologie critiche.

Sul medio periodo, il comparto Forze Speciali avrà a disposizione anche degli abilitanti operativi e logistici (assetti rotary wing e fixed wing, droni, unità PSYOPS e nuclei cyber-intel) direttamente funzionali alla condotta di Operazioni Speciali.

Parallelamente, le Forze Armate continueranno a mantenere un ruolo centrale nel supporto alle attività di approntamento, nel promuovere l’afflusso di candidati idonei e nel garantire il supporto logistico alle piattaforme di dominio.

Sono inoltre allo studio nuove iniziative per la selezione e la formazione - dal potenziamento dei percorsi fino a programmi di specializzazione avanzati e collaborazioni con Paesi partner e Alleati - al fine di disporre di un paniere di capacità più ampio, senza negoziare sulla qualità, per assolvere ai compiti dettati sia dall’appartenenza alla NATO sia dalla necessità di tutelare gli interessi nazionali già a partire dalle situazioni di crisi “sotto la soglia del conflitto”.

Punto cardine è la linea di comando diretta: la capacità di passare dall’individuazione di un’esigenza strategica alla proiezione di forze altamente specializzate in poche ore, grazie al coinvolgimento dell’autorità decisionale e ad una snella catena di comando dotata di tutti i necessari sistemi di controllo per tutelare gli interessi vitali del Paese. Ogni passaggio del processo sarà certamente accompagnato dall’adeguamento del quadro normativo secondo le procedure previste dall’ordinamento militare e dai regolamenti di settore, così da garantire piena legittimità, trasparenza e sostenibilità della trasformazione.

Questa iniziativa appare l’inizio di un’evoluzione epocale per le Forze Speciali nazionali, assimilabile a quella generata dall’istituzione del Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS) del 2004, che ha allineato le Forze Armate italiane alle più moderne forze occidentali. Quali vantaggi porterà alle capacità della Difesa e, in generale, al Paese?

Si tratta di una transizione che rappresenta un ulteriore passo in avanti per l’evoluzione delle nostre FS. I vantaggi sono molteplici e strategicamente fondamentali.

In primo luogo, una catena di comando dedicata, efficace e agile consentirà di semplificare le decisioni operative, rendendo l’impiego delle Forze Speciali più reattivo ed efficace. Tale aspetto è essenziale in contesti in cui la rapidità d’intervento è cruciale – scenari sotto soglia di conflitto, per esempio – in cui un comando snello, collegato direttamente con la leadership politica e militare, e unità incursori ad altissima specializzazione possono fare la differenza nel proteggere gli interessi nazionali. È importante, per tale aspetto, sottolineare la piena integrazione degli “enablers”, che completerà una struttura unica e immediatamente proiettabile operativamente.

Inoltre, l’unità di visione per gli sviluppi tecnologici e capacitivi rende questo progetto un’operazione strategica anche sul piano dell’innovazione. Con una pianificazione unificata e centralizzata potremo evitare duplicazioni, massimizzare gli investimenti e concentrarci sulle tecnologie chiave. Droni avanzati, speciali assetti di inserzione, sistemi autonomi, capacità cyber: tutto questo diventa una priorità condivisa e coordinata, con enormi benefici per la Difesa. Inoltre, saremo in grado di testare e implementare rapidamente innovazioni tecnologiche, il che aggiunge ulteriore valore alla capacità del sistema Difesa.

Un altro aspetto che sarà valorizzato è la tutela della sicurezza delle informazioni. Protocolli avanzati e compartimentazione delle competenze ci permetteranno di proteggere ancora meglio attività, piani operativi e intelligence, che potrebbero avere effetti politici e militari non solo a livello nazionale, ma anche nei rapporti con partner e alleati.

In sintesi, questo progetto ci consegna una forza più agile, efficiente e tecnologicamente avanzata, con evidenti benefici per la sicurezza nazionale e il prestigio internazionale del Paese.

 

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