RIVISTA ITALIANA DIFESA
Vicolo cieco Ucraina 13/05/2025 | Pietro Batacchi

Vedremo cosa accadrà giovedì, ma le aspettative non sono certo ottimistiche. Zelensky sarà a Istanbul da Erdogan, forse ci sarà anche Trump, mentre con il passare delle ore prende sempre più quota il “niet” di Putin.

La sensazione è che il tutto sia una pantomima, una grande messa in scena ad uso e consumo di un confronto che in queste ore si gioca nella sfera cognitiva, dove la posta in gioco è assolutamente “immateriale”: manipolare la sottile linea che separa immagini e percezioni dalla realtà per indebolire e mettere la controparte spalle al muro.

Zelensky e Putin, per ragioni diverse, non vogliono trattare, lo si sa. Il primo, spalleggiato da Londra, crede che tirandola ancora per le lunghe la situazione sul campo potrebbe cambiare a danno della Russia, la cui economia non reggerebbe al “surriscaldamento” ancora per molto (specie con nuove sanzioni). Il secondo pensa esattamente il contrario, forte dei (pochi) risultati ottenuti e dell'iniziativa da oltre un anno in mano alle sue truppe. Zelensky, poi, non vuole trattare perché sarebbe costretto a cedere dei territori, prospettiva che suonerebbe come la morte politica per il grande eroe della resistenza ucraina. Putin, non da oggi, guarda ad un grande accordo di sistema con Trump e l’America, che ridisegni l’architettura complessiva della sicurezza in quello che si chiama “estero vicino” russo sulla base dei tradizionali principi della politica di potenza e delle sfere d’influenza. Prospettiva, questa, che non piace a larghe parti dell’establishment americano, agli Inglesi e ai Francesi (il resto sono più o meno comprimari).

Allo stesso tempo, però, i 2 duellanti non vogliono incorrere nelle ire dell'imprevedibile Donald - desideroso di far tacere le armi, costi quel che costi, ma prontissimo ad agitare a piacimento la clava delle sanzioni e degli aiuti - e addossare la colpa della rottura all’altro.

Dopo il disastroso 28 febbraio, con la lite nello Studio Ovale, Zelensky, ha recuperato centralità. Grazie al lavoro dietro le quinte del suo uomo forte, il Capo dell’Ufficio Presidenziale, Andriy Yermak, ha sfruttato le diverse sfumature nell’Amministrazione americana, che non è un monolite dietro il suo estroso Presidente, e lanciato la proposta della tregua mensile come precondizione per i negoziati, sapendo benissimo che Putin non potrebbe accettarla. Il Presidente russo, dal canto suo, narrano i “cremlinisti”, è indeciso, non vuole rompere con Trump, ma si rende conto che i margini sono strettissimi ed è tentato di far saltare tutto.

Insomma, siamo in un vicolo cieco e la luce non si vede.

(In foto: il Presidente turco Erdogan parla ai delegati russi e ucraini prima dei colloqui a Istanbul, il 29 marzo 2022)

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