
All’inizio fu la CED, la Comunità Europea di Difesa. Sotto le pressanti e concomitanti esigenze di contribuire in maniera efficace e massiccia alla difesa dell’Europa da un’Armata Rossa che diventava sempre più potente e minacciosa, e al contempo di impedire la rinascita di un Esercito Tedesco completo di tutte le sue funzioni (soluzione per cui sembravano invece propendere, a quel tempo, gli USA), la Francia propose nel 1950, per la prima volta nella storia, la creazione di un Esercito Europeo transnazionale, dotato di un comando integrato e a cui ogni nazione aderente avrebbe dovuto fornire una proporzione del proprio budget e, almeno inizialmente, un'aliquota di forze nazionali (che sarebbero successivamente state rimpiazzate da reparti appositamente arruolati).
Con una visione d’insieme ad un tempo idealisticamente ottimista e visionaria, come solo le prime teorizzazioni di un'Europa integrata riuscivano davvero a essere, il piano prevedeva un'effettiva (seppur non assoluta) cessione di sovranità da parte di tutte le nazioni partecipanti a vantaggio della nuova realtà sovranazionale. Le Forze Armate derivanti da una simile unione sarebbero state sottoposte all’autorità di istituzioni comuni dei Paesi partecipanti, rappresentati pro-quota in base alla contribuzione in termini di forze e di budget, e devolute alla difesa degli spazi comuni in stretta cooperazione con le istituzioni NATO, cui sarebbero state sottoposte in caso di guerra. Al progetto aderirono Francia, Italia, Germania Occidentale, Olanda, Belgio e Lussemburgo, e, insieme, queste nazioni avrebbero dispiegato una forza combattente di 43 Divisioni (14 Francesi, 12 Italiane, altrettante Tedesche e altre 5 composte dalle 3 nazioni più piccole) e 1.800 velivoli da combattimento, cui si sarebbero sommate eventuali ulteriori unità sotto controllo nazionale devolute a operazioni che oggi chiameremmo di proiezione (in caso di necessità, esisteva comunque la possibilità per la nazione in questione di chiedere alle Istituzioni comuni che parte delle forze costituenti il suo contributo venissero temporaneamente rese disponibili per compiti nazionali). Questi reparti si sarebbero inseriti in un complesso sistema integrato che non comprendeva soltanto le forze combattenti, ma l’intero "cosmo" di quanto sarebbe servito a renderle davvero un insieme inscindibile: reclutamento comune, addestramento comune, scuole internazionali, depositi logistici e organizzazioni di acquisizione comuni. Tali unità sarebbero state organizzate in maniera identica, con 3 tipologie di Divisioni (eufemisticamente chiamate “Raggruppamenti”) formate (per ovvi motivi di omogeneità linguistica, in un Esercito ampiamente alimentato da personale di leva) da personale proveniente da una singola nazione.
La Comunità Europea di Difesa avrebbe poi sottoscritto, come soggetto unitario, dei patti di reciproca difesa con la NATO, il Regno Unito e gli USA, caratterizzandosi come un vero e proprio pilastro europeo dell’Alleanza. Quanto più ambizioso è il progetto, tanto più doloroso il suo crollo: nel 1954, dopo che Germania Occidentale, Olanda, Belgio e Lussemburgo avevano già ratificato il trattato e l’Italia aveva ormai avviato il procedimento, l’Assemblea Nazionale francese negò la ratifica, nella convinzione che essa, anche in ragione delle modifiche nel frattempo intercorse al progetto originario (in particolare il permesso accordato alla rinascita di quelle che erano a tutti gli effetti delle Divisioni tedesche e la totale subordinazione delle forze CED al Supreme Allied Commander EURope della NATO), avrebbe eccessivamente compromesso la sovranità nazionale francese. Come conseguenza, anche il Parlamento italiano rifiutò la ratifica di un Trattato ormai privo di senso e l’intera costruzione, così faticosamente raggiunta, andò rapidamente in pezzi. Di lì a poco, nel 1956, gli Americani autorizzarono un effettivo riarmo tedesco, che si concretizzò nella costituzione di un Esercito di 12 Divisioni organizzate in 4 Corpi d’Armata, con 12 Brigate e 12 Reggimenti di fanteria di riserva, che all’apice della sua crescita arrivò a contare 495.000 effettivi e avrebbe potuto raggiungere, in caso di mobilitazione, 1,3 milioni di uomini. Mentre, però, all’Esercito fu permesso di creare dei Corpi d’Armata nazionali, Aeronautica e Marina videro le proprie unità permanentemente integrate nella struttura NATO, prevenendone un eventuale impiego autonomo. Ciò che i Francesi avevano con tanta pervicacia cercato di evitare si era, infine, concretizzato nuovamente, ed entro un decennio, nel 1966, sarà la Francia di De Gaulle a lasciare la struttura militare integrata della NATO, pur senza abbandonare l’Alleanza in quanto tale.
L’articolo completo è pubblicato su RID 5/25, disponibile online e in edicola.
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