RIVISTA ITALIANA DIFESA
Forze Armate e industria nel nuovo campo di battaglia trasparente 27/03/2025 | TOMMASO MASSA

Ieri, 26 marzo 2025, RID ha partecipato alla conferenza “Uno sguardo verso l’alto nel campo di battaglia del futuro”, organizzata dal Centro Studi Internazionali (CeSI) in collaborazione con Rheinmetall Italia, presso il Circolo Ufficiali dell’Esercito “Pio IX” a Roma.

Ad aprire i lavori è stato il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Gen. Carmine Masiello, con un’ampia riflessione sull’evoluzione del campo di battaglia e sulle implicazioni per l’Esercito Italiano. Al centro del suo intervento, il cambiamento radicale della postura del soldato: per 30 anni lo sguardo era rivolto al terreno, alla ricerca di minacce come gli IED; oggi, con il conflitto in Ucraina, la minaccia arriva principalmente dal cielo (droni) e costringe dunque a guardare verso l’alto (da qui il titolo del convegno). Un mutamento che ha anche conseguenze psicologiche: il rumore dei droni, ha osservato Masiello, incute oggi lo stesso terrore che un secolo fa generavano i colpi d’artiglieria nelle trincee della Prima Guerra Mondiale.

Per affrontare questo cambiamento, servono formazione e addestramento anche sul piano psicologico, così come il recupero di capacità ritenute superate, come la guerra di trincea. In Ucraina, ha ricordato Masiello, coesistono elementi del passato (come appunto la guerra di trincea e di posizione) con elementi nuovi e alta tecnologia. “Dobbiamo colmare il gap tecnologico con le altre Forze Armate e superare l’immagine dello ''zaino e scarponi'' ”, ha detto Masiello, ribadendo la necessità di programmi di approvvigionamento strutturati e continui, per realizzare l’“Esercito Futuro” (vedi X-trà N°26 per un approfondimento).

Particolarmente rilevante il passaggio dedicato alla guerra cognitiva e informativa, condotta in maniera “scientifica” dalla Russia, e rispetto alla quale l’Italia è particolarmente esposta a causa di una dialettica politica che spesso ostacola la costruzione di una postura ferma e coerente come sistema Paese. Da qui l’appello all’industria e al mondo accademico per rafforzare la sinergia in ambito nazionale. Infine, rivolgendosi all'industria, il Capo di SME ha chiesto uno “scatto di reni” e di intraprendere quella rivoluzione culturale che si sta compiendo nell’EI: bisogna superare la rigida gerarchia, le rendite di posizione e l’immobilismo, cambiare i processi burocratici e avere una visione di lungo periodo. L’industria deve dunque rischiare, iniziare a comprare le materie prime anche quando non ci sono ancora i contratti, perché se si va in guerra “ci va tutto il Paese, non solo l’Esercito”.

Il convegno è poi entrato nel vivo con un panel che ha visto alternarsi gli interventi dell’Ing. Alessandro Ercolani, CEO di Rheinmetall Italia, dell’Ing. Giuseppe Cossiga, Presidente dell’AIAD e Direttore relazioni istituzionali di MBDA Italia, del Gen. Bruno Pisciotta, Direttore del Reparto Pianificazione Generale di SMD, e dell’Ammiraglio Marco Tomassetti, Direttore del 3° Reparto Politica Industriale e Relazioni Internazionali del Segretariato Generale della Difesa, moderati dal Dott. Gianluca Di Feo, Defence Correspondent di Repubblica. Dai diversi interventi è emersa una visione condivisa delle sfide principali poste dal conflitto in Ucraina: la rapidità del ciclo di innovazione tecnologica, la centralità del dominio aereo/droni e la necessità di un nuovo rapporto tra forze armate, industria e sistema politico.

Il CEO di Rheinmetall Italia ha sottolineato la forte accelerazione impressa dall’innovazione privata nel settore difesa. Start-up tecnologiche sostenute da venture capital stanno ridefinendo i tempi e le modalità di introduzione di nuove capacità. L’industria tradizionale è chiamata ad adattarsi, investendo su magazzini e filiere in anticipo sulla domanda, come fa oggi Rheinmetall Italia, che dispone di stock pari al livello di fatturato annuale (non coperti da contratti).

In primo piano la questione droni: lo sviluppo di droni bio-mimetici da parte della Cina (UAV con sembianze di volatile), droni filoguidati e UAV sempre più a lungo raggio (grazie a progressi nelle batterie) impone nuove sfide per il contrasto dei droni e la necessità di un aggiornamento continuo della dottrina C-UAV. L’Ing. Ercolani ha poi proposto la creazione di un tavolo permanente sui droni, e ha evidenziato come le capacità di comando e controllo debbano oggi saper gestire decine di migliaia di minacce simultanee, e non più solo centinaia.

L’Ing. Cossiga ha invece puntato l’attenzione sulla dimensione europea della difesa, denunciando le distorsioni dei programmi comunitari e la frammentazione del sistema industriale. Il caso HYDIS², programma europeo per lo sviluppo di un intercettore contro minacce ipersoniche manovranti, è emblematico: un’iniziativa ambiziosa ma condizionata da logiche procedurali che premiano la forma più che la sostanza. “Ha vinto chi ha scritto meglio l’offerta, non chi aveva la proposta migliore”, ha osservato Cossiga con amarezza, denunciando anche l’esclusione iniziale di MBDA — unica azienda della Difesa Europea per DNA e capace di coprire l’intera gamma missilistica (MBDA poi coinvolta con una seconda gara).

Il Gen. Pisciotta si è invece concentrato sul rapporto tra industria e Forze Armate, illustrando un nuovo processo di pianificazione generale, basato su un confronto strutturato con l’industria. Obiettivo: definire requisiti qualitativi e quantitativi per il 2030, colmando i gap identificati confrontando i bisogni con l’inventario nazionale, e costruire capacità realmente interforze. Il Generale ha sottolineato la necessità di rivedere anche programmi già in corso alla luce dei nuovi scenari — “ha ancora senso una fregata senza capacità di deep strike?” — e ha ribadito che oggi nessun requisito passa se non è interoperabile e trasversale. Per quanto riguarda la difesa aerea, secondo il Gen. Pisciotta bisogna superare la divisione per range e andare verso una difesa aerea integrata. Fondamentale il concetto di “bolla tattica” e l’esigenza di un C2 integrato, abilitato anche dall’intelligenza artificiale. In alcune aree critiche, ha concluso, serve affidarsi all’industria nazionale per garantire sovranità tecnologica, con il supporto di strutture come il Reggimento ROMBO e il centro sperimentale dell’Esercito alla Cecchignola.

Sulla necessità di ridefinire i processi di procurement si è soffermato l’Amm. Tomassetti, che ha richiamato come punto di partenza la piena sovranità tecnologica, che consente libertà d’azione, di modifica e di esportazione. Ha criticato la frammentazione dell’industria europea e l’illusione della cooperazione quando non si è allineati fin dall’inizio. Il requisito operativo, ha sottolineato, nasce sempre da una minaccia ben identificata, e porta con sé già un’idea di soluzione tecnica. La difesa va sviluppata in tempo di pace, non quando la minaccia è già manifesta. L’Amm. Tomassetti ha evidenziato l’importanza di introdurre capacità di deep strike come strumento di deterrenza e influenza strategica, e ha sollevato la questione della sostenibilità della difesa aerea: servono sì sistemi ipersofisticati, ma anche soluzioni low cost in grado di rispondere a minacce semplici ma numerose, come dimostrano gli attacchi con droni e missili nel Mar Rosso (con il “ritorno” del cannone da 76 mm e delle mitragliere da 30 mm). L’Ammiraglio ha infine citato il modello della Defense Innovation Unit statunitense come esempio da seguire: mappare anche il tessuto industriale civile e PMI, testare sul campo, e accelerare l’introduzione in servizio delle capacità che funzionano, superando i colli di bottiglia della qualifica e accettazione.

L’IA è stata un altro dei temi discussi. Secondo l’Ing. Ercolani, siamo entrati in una nuova fase dominata dal rapporto “macchina-uomo” (e non più uomo-macchina), in cui l’IA è essenziale per integrare e far dialogare i molteplici sistemi sul campo. Perché il suo potenziale si traduca in capacità operative servono potenza di calcolo, capacità di programmazione e — soprattutto — accesso ai dati.

L’Ing. Cossiga ha allargato lo sguardo al piano politico-strategico, sottolineando come in Italia manchi ancora un linguaggio comune tra mondo politico, militare e accademico. E ha denunciato l’impossibilità per molte aziende della difesa di interfacciarsi con le università, con ricadute evidenti anche sul reclutamento tecnico. “Se devo assumere 300 ingegneri — ha detto — ma non posso nemmeno entrare negli atenei, come faccio?”

A chiudere il convegno è stato Andrea Margelletti, Presidente del CeSI, con un intervento lucido e diretto: “Non abbiamo più tempo”, ha affermato con decisione. Dopo l’11 settembre la Difesa italiana si è concentrata su missioni stabilizzazione e sulle forze leggere, mentre altri Paesi — Russia in primis — costruivano capacità e proiettavano disinformazione. “Oggi servono coraggio e visione” e l’industria deve assumersi responsabilità, anticipare i bisogni, rischiare. La politica, da parte sua, deve comprendere che la difesa del Paese si costruisce in tempo di pace, con investimenti coerenti, processi snelli e una reale volontà di fare sistema.

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