RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’artiglieria si rinnova 25/10/2024 | Eugenio Po

In questi ultimi anni si è assistito ad una riscoperta dell’importanza e dell’efficacia dell’artiglieria. Complice senza dubbio la Guerra in Ucraina, questa componente delle forze terrestri è tornata prepotentemente in auge, soprattutto in Occidente.

Anche perché, proprio in Occidente, l’artiglieria è stata a lungo trascurata, sia per il ridotto “numero” di sistemi schierati, sia per le prestazioni dei sistemi stessi, spesso inferiori rispetto alle realizzazioni russe o cinesi. In questo vi è parecchia responsabilità da parte degli Stati Uniti, poco innovativi soprattutto sul versante della “classica” artiglieria monotubo: per una serie di ragioni storiche e industriali (la cui trattazione meriterebbe un articolo a sé stante), l’US Army si è “cristallizzata” sulla bocca da fuoco da 155/39 mm, nonostante altrove si sia andati su canne più lunghe e gittate maggiori, e, nel campo dei semoventi, sull’M-109 (che continua, dopo oltre 60 anni dalla sua introduzione in servizio, ad essere acquisito dall’US Army). Un po' diverso è il caso dei sistemi lanciarazzi, settore nel quale l'America - e, di conseguenza, tutto il resto del blocco occidentale - ha innovato maggiormente, grazie anche al notevole know-how della propria industria missilistica (si pensi ai razzi guidati e agli HIMARS).

Al contrario, la Russia, e con essa tutti i Paesi che vi fanno riferimento (per dottrina e sistemi), non ha mai smesso di fare affidamento sull’artiglieria, continuando a sviluppare e far evolvere obici e cannoni, trainati e semoventi, sistemi lanciarazzi, nonché missili balistici tattici.

Questa maggior attenzione russa nei confronti dell'artiglieria rispetto agli USA ha fatto sì che si creasse un gap capacitivo piuttosto evidente, sottolineato spesso anche negli studi e nei rapporti ufficiali.

Una riscoperta che nasce da lontano

La riscoperta dell’artiglieria da parte occidentale è, in realtà, avvenuta gradualmente: i primi segnali in questo senso risalgono a circa 20 anni fa. Già durante le missioni internazionali nei teatri afghano e iracheno l'artiglieria era stata impiegata in modo molto esteso. Nel corso di tali missioni, inoltre, anche i proietti guidati come l’EXCALIBUR o i razzi guidati come i GMLRS si erano rivelati estremamente efficaci. Le risultanza del teatro ucraino, ove si sta svolgendo un conflitto sostanzialmente convenzionale di tipo “peer”, hanno portato a ripensare molti aspetti legati all’uso dell’artiglieria e, soprattutto, a rivederne il ruolo, incrementandone i compiti, le capacità ma anche prendendo in grande considerazione i limiti e le minacce che essa si sta trovando ad affrontare (e che in futuro saranno ancora più pericolose).

Il conflitto ucraino ha, infatti, introdotto numerosi elementi di novità, legati agli sviluppi tecnologici, ma ha anche portato a reintrodurre, magari attualizzandoli, concetti sviluppati nel corso della Guerra Fredda. In Ucraina si sono infatti mescolati elementi già noti (ma la cui importanza ed efficacia forse non era stata compresa fino in fondo), quali l’utilizzo del munizionamento di precisione, dei radar da controfuoco, dei sistemi di comando, controllo e comunicazione di ultima generazione, con elementi un po’ più innovativi, come l’impiego generalizzato dei satelliti, dei droni e dei sistemi di cyber warfare avanzati, rendendo l’artiglieria uno degli elementi chiave del conflitto. Cosa che, tra l’altro, ha messo in evidenza un altro elemento cruciale, a lungo dimenticato, relativo al problema dell’approvvigionamento di munizionamento in quantità adeguate e quello, non secondario, della durata e della “robustezza” delle stesse piattaforme di artiglieria.

In più, per decenni in Occidente si è fatto grandissimo affidamento sul supporto da cielo, sia per il CAS (anche con gli elicotteri), sia per gli interventi più in profondità. Una situazione enfatizzata dai conflitti asimmetrici, nei quali gli avversari non disponevano né di un’Aeronautica, né di sistemi da difesa aerea: quelle condizioni, estremamente favorevoli, hanno portato a credere che il supporto dal cielo non sarebbe mai mancato.

Oggi, una guerra “peer” (o “near peer”) come quella in Ucraina ha invece dimostrato come il supporto aereo non sia più scontato: di conseguenza la responsabilità di fornire il supporto di fuoco, sia diretto ai reparti di manovra, sia indiretto alle operazioni militari (per esempio per degradare e distruggere i nodi critici e le unità nemiche di riserva poste nelle retrovie), sia quello ancor più in profondità (una volta appannaggio quasi esclusivo dell’Aeronautica), ricadrà sempre di più sull’artiglieria.

Ciò perché, grazie ai nuovi sistemi a gittata accresciuta, ai droni (associati anche a sistemi C4 e alle informazioni satellitari), il braccio dell’artiglieria si è fatto sempre più lungo, rendendola in grado di svolgere compiti in passato impossibili. Inoltre, come detto, il diffondersi in modo capillare di sistemi antiaerei e la presenza di bolle A2/AD (Anti Acess/Aerea Denial), anche in Paesi dotati di Forze Armate non “di prima grandezza”, hanno reso sempre più difficoltoso l’intervento di cacciabombardieri ed elicotteri. Ciò ha appunto “scaricato” sull’artiglieria il compito di offrire un supporto di fuoco efficace. Si tratta di aspetti sui quali bisognerà tenere conto sia per la progettazione dei sistemi, sia per le dottrine di impiego e l'organica. In questo articolo cercheremo di analizzare alcuni dei trend più importanti nel campo dell’artiglieria alla luce delle molte novità che stanno rivoluzionando il settore, con un occhio di riguardo soprattutto verso le piattaforme.

L’articolo completo è pubblicato su RID 11/24, disponibile online e in edicola.

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