Il materiale oggi sicuramente più impiegato per la costruzione delle unità navali, sia militari sia mercantili, è l’acciaio nelle sue diverse tipologie. In particolare, per le unità navali combattenti si impiega generalmente acciaio ad elevata resistenza, mentre per le unità ausiliarie si impiega generalmente lo stesso acciaio comune impiegato per la costruzione delle unità mercantili.
Introduzione
Nell’antichità il materiale impiegato per costruire navi e imbarcazioni era il legno. Successivamente, a partire dalla fine del XVIII secolo, ha iniziato a fare la sua comparsa il metallo, inizialmente come rivestimento, prendendo poi definitivamente il sopravvento come materiale di costruzione a partire dall’avvento della propulsione meccanica. L’acciaio ha dominato incontrastato fino alla metà del secolo scorso come materiale per la costruzione delle unità navali, in particolare militari; successivamente l’introduzione della lega leggera e dei materiali compositi ha portato ad un ampliamento della gamma dei materiali da costruzioni, in particolare nel settore della navigazione da diporto e in ambito militare. I materiali plastici rinforzati con fibre di vetro per impiego navale sono disponibili sul mercato dal 1940, quando negli Stati Uniti è iniziata la produzione su scala industriale, specie per prodotti di piccole dimensioni quali imbarcazioni da diporto e pescherecci. La tendenza dei primi costruttori era quella di riprodurre in GRP (Glassfiber Reinforced Plastic) strutture tradizionali realizzate in legno, acciaio e lega leggera; il risultato fu una struttura costosa, intrinsecamente debole, con un ridotto periodo di efficienza. Successivamente si sono sviluppate strutture ottimizzate per l’impiego del materiale composito, ottenendo risultati molto superiori.
Occorre distinguere 2 impieghi molto diversi dei materiali compositi in ambito navale:
per unità da diporto, da lavoro e per impiego militare o paramilitare tipo motovedette o pattugliatori, il materiale composito è impiegato per la sua leggerezza, spesso sotto forma di sandwich, in pannelli dotati di rinforzi longitudinali e trasversali; unità di questo tipo presentano, infatti, generalmente un peso scafo comparabile a quello di un’unità in lega leggera, e sostanzialmente inferiore a quello di un’unità in acciaio.
per unità tipo dragamine o cacciamine (Mine Countermeasure Vessels), invece, si impiegano pannelli di materiale composito a strato singolo (single skin) di elevato spessore, senza rinforzi (soluzione “monoguscio”), caratterizzati da un peso elevato, paragonabile a quello di un’unità in acciaio, ma con alcune caratteristiche ottimali per l’impiego in zone dove è fortemente probabile la presenza di mine marine: innanzitutto, l’amagneticità e la bassa trasmissione di rumore in acqua che, riducendo la segnatura magnetica e quella acustica, evitano l’attivazione di un’eventuale mina nelle vicinanze dell’unità; in secondo luogo, nella malaugurata ipotesi che l’unità sia soggetta agli effetti dell’esplosione di una mina, e in particolare allo shock da esplosione subacquea non a contatto, la particolare struttura adottata per i cacciamine in materiale composito riduce la trasmissione dello shock stesso all’interno dell’unità aumentandone la robustezza e la capacità di sopravvivenza. In particolare, rispetto al legno (con il quale fino ad allora erano stati costruiti i dragamine) la vetroresina presenta migliori caratteristiche antishock e minori esigenze di manutenzione dello scafo.
Il primo dragamine/cacciamine in materiale composito, il britannico WILTON (M-1116) da 450 t, è stato realizzato nel 1973 dal cantiere Vosper Thornycroft. Di pochi anni successive sono le unità della classe LERICI, costruite in 4 esemplari dal cantiere Intermarine di Sarzana (La Spezia) per la Marina Militare. La capoclasse fu costruita tra il 1978 e il 1982.
La classe LERICI, realizzata a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, è stata seguita dalla classe GAETA, versione ingrandita e migliorata realizzata in 8 esemplari per la Marina Militare italiana tra il 1988 e il 1996, e dalle versioni prodotte per le Marine di Stati Uniti (che hanno poi ceduto alcune unità a Grecia, Egitto e Taiwan), Australia, Malesia, Nigeria, Thailandia, Finlandia e Algeria.
L’articolo completo è pubblicato su RID 11/24, disponibile online e in edicola.
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