La Pak Fauj, o Pak Army, ossia l’Esercito Pakistano, ha intrapreso da diversi anni uno sforzo significativo per ammodernarsi ed incrementare in termini di capacità operative le proprie forze nei confronti dell’Esercito Indiano, che conta circa 1,2 milioni di uomini e donne in servizio effettivo. Uno sforzo che mira a compensare l'inferiorità numerica, 1 a 2, con “solo” poco più di 560.000 militari, oltre 1/3 dei quali sono schierati nell’Azad Jammu e Kashmir, più comunemente chiamato Azad Kashmir, principale pomo della discordia tra Islamabad e New Delhi.
Durante tutta la storia del Pakistan indipendente, iniziata nell’agosto 1947 con la secessione dall’India, le FA pakistane hanno sempre avuto un’eccezionale importanza nella vita politica, economica e sociale del Paese. Soprattutto la Pak Fauj, o Pak Army, che nella maggior parte dei casi ha svolto un ruolo determinante nella scelta di tutti i Primi Ministri. Per quasi metà della storia del Pakistan moderno i generali hanno governato direttamente il Paese tramite colpi di stato, dal 1958 al 1970, poi dal 1977 al 1988, quindi dal 1999 al 2008. Tuttora i militari non solo gestiscono buona parte dei media - se non tutti - e continuano a manovrare i politici di turno, ma hanno anche enormi interessi economici in tutto il Paese. Di fatto, le FA costituiscono il gruppo di potere - industriale, commerciale e finanziario - più importante del Pakistan con un fatturato valutato in oltre 26 miliardi di dollari e circa 3 milioni di persone a libro paga. Importanti società come la Water & Power Development Authority, la National Logistics Cell e la Special Communications Organization, oppure istituti bancari quale l’Askari Bank, sono controllate/i direttamente dai militari e/o gestite/i da organizzazioni di “beneficenza”. Tra queste la Fauji Foundation (Pak Army), la Shaheen Foundation (Pakistan Air Force) e la Baharia Foundation (Pakistan Navy). Trattandosi formalmente di enti di beneficenza, creati ufficialmente per fornire servizi e prestazioni al personale militare, non solo non pagano le tasse, ma i profitti generati non vengono reinvestiti nelle attività suddette, ma distribuiti agli azionisti i quali, guarda caso, sono ufficiali in pensione, che percepiscono dividendi e vengono pure stipendiati. Per farla breve il Pakistan non è uno Stato con delle FA, ma delle FA che possiedono uno Stato. E, come se non bastasse, i militari godono anche di leggi speciali, che consentono loro di imporre pene molto gravi a chiunque critichi le FA. Una vera e propria linea rossa da non superare se non si vuole finire nel mirino dell’apparato di sicurezza di Islamabad, che fa capo al potente Inter-Services Intelligence (ISI), ufficialmente parte delle FA, il quale coordina e controlla le attività dell’intera comunità di intelligence pakistana.
Mentre ha registrato nel 2023 il più alto numero di attentati degli ultimi 2 decenni, il Pakistan ha sostituito il governo guidato da Imran Ahmed Khan Niazi tramite elezioni parlamentari, svoltesi lo scorso febbraio, con le quali sono stati eletti i deputati della Camera Bassa del Parlamento. Dal carcere, via web, attraverso un avatar prodotto dall’intelligenza artificiale, l’ex Primo Ministro Imran Khan, destituito e arrestato il 9 maggio 2023 dai militari per varie accuse, tra le quali corruzione e divulgazione di segreti di Stato, ha rivendicato la vittoria dei candidati indipendenti che hanno ottenuto la maggioranza relativa dei seggi: 101 deputati, dei quali 93 da lui sostenuti. Gli altri partiti storici sono stati distanziati: quello dato come favorito, la Pakistan Muslim League (Nawaz Group), o PML (N), di Nawaz Sharif, sostenuto dai militari, ha ottenuto 73 seggi; il Pakistan People's Party (PPP) di Asif Ali Zardari e Bilawal Bhutto Zardari, rampollo della famiglia Bhutto-Zardari, ne ha ottenuti 54.
Detto ciò, da più di un decennio i militari non occupavano il centro della scena, lasciando che i civili si succedessero al potere con elezioni spesso segnate da irregolarità. Dopo diversi tentativi, l’ex campione di cricket Imran Khan è salito al potere nell’agosto 2018 per guidare un governo di coalizione. Il suo discorso contro la corruzione e il suo progetto per un “nuovo Pakistan” hanno conquistato oltre il 32% dei votanti e permesso al suo partito, il Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), il Movimento pakistano per la giustizia, di conquistare 116 seggi su 272 seggi assegnati con il sistema elettorale maggioritario (la Costituzione pakistana prevede un’Assemblea numericamente variabile, 336 seggi nelle ultime elezioni di febbraio scorso, eletta in parte con il sistema maggioritario secco e in parte con il proporzionale, su base provinciale e con sbarramento al 5%). Ma nulla sarebbe stato possibile senza la tacita approvazione delle FA perché, ancor più delle precedenti elezioni legislative, quella del 25 luglio 2018 si sono svolte sotto l’influenza dei militari. Un sostegno di cui Imran Khan ha beneficiato fino al marzo 2022, quando la coalizione di governo ha perso la maggioranza assoluta, nel frattempo conquistata dai partiti di opposizione, guidati da PML (N) e PPP, che hanno presentato una mozione di sfiducia contro l’ex campione di cricket, il quale ha perso allora il sostegno dei militari. Nell'aprile 2022, dunque, Khan è stato sostituito da Mian Muhammad Shehbaz Sharif, che si è dato da fare per riunire i partiti di opposizione e migliorare i rapporti con i militari. Di fatto, l’uomo di cui hanno bisogno questi ultimi non solo deve condividere le loro idee guida, ma anche godere di un minimo di popolarità per sperare di essere eletto, dal momento che il Paese vuole mantenere una facciata democratica sia per salvaguardare la propria immagine all'estero, che per soddisfare le aspirazioni della popolazione alle libertà politiche. In altre parole, tra sete di democrazia, che ha impedito ai militari di instaurare una dittatura duratura, e desiderio di essere guidato da un regime forte, capace di far fronte al terrorismo e di proteggere il Paese contro la minaccia ipotetica o reale dell’India, il Pakistan continua tutt’oggi ad essere lacerato dalle proprie contraddizioni.
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