RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’evoluzione delle operazioni anfibie e le conseguenze in Italia 23/12/2021 | Pietro Batacchi

I nuovi scenari operativi stanno cambiando, e lo faranno ancor di più in futuro, molto delle modalità con le quali vengono pensate, pianificate e implementate le operazioni militari. Abbiamo visto in questo senso l’emergere del concetto delle operazioni multidominio, dapprima negli USA, in ambito Army, ormai qualche anno fa, e poi la sua progressiva diffusione anche presso la gran parte degli Stati Maggiori occidentali. E pure nel nuovo concetto strategico italiano c’è posto per il multidominio, ma molto si dovrà fare per consolidare una dottrina che nasce sulla base di un presupposto piuttosto semplice: il vantaggio militare che tradizionalmente l'Occidente ha detenuto nei confronti di avversari o potenzialmente tali è in via di progressiva erosione. L'affermazione della Cina, il ritorno della Russia, l'emergere di medie potenze maggiormente preparate militarmente, così come la diffusione di alcune tecnologie presso gruppi irregolari, hanno difatti fatto crescere il livello e la cifra qualitativa della minaccia, rispetto ad un ventennio, e più, in cui il dato empirico della superiorità militare occidentale - e con essa i 2 cardini dell’air dominance e del sea control - era la premessa “costitutiva” di ogni conflitto. Per 20 anni in Afghanistan gli USA e la NATO hanno goduto della più totale air dominance, nel conflitto in Libia del 2011 le difese antiaeree di Gheddafi sono durate lo spazio di un mattino, e poco di più nel 2003 in Iraq. Oggi non è già più così, e domani forse sarà anche peggio. Le avvisaglie più chiare le abbiamo viste nel Donbass o nel Nagorno Karabah, senza dimenticare lo Yemen. Conflitti in cui c’è stato un po' di tutto: attacchi cyber, guerra di droni, impiego di missili da crociera sup-sup e così via. E poi c’è il consolidamento in alcuni scacchieri estremamente delicati delle cosiddette bolle A2/AD, ovvero di quelle aree di difesa pluristratificate il cui scopo è interdire - o rendere estremamente difficile/costoso - l’accesso e lo schieramento di forze militari nemiche e/o la loro libertà di movimento. Si contano, tra le altre, quelle russe in Siria e Crimea, piuttosto che quelle cinesi nei mari che Pechino considera regionali - ovvero il Mar Cinese Meridionale e il Mar Cinese Orientale - senza dimenticare quella iraniana nel Golfo. Insomma, si tratta di aree dove, in casi di conflitto, è da mettere in conto la possibilità di farsi “molto male” per via di un alto contrasto militare e dove, giusto per iniziare ad introdurre il tema di questo articolo, operazioni di sbarco tradizionali sono impensabili. Ulteriori dettagli su RID 01/2022.

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