
Uno dei temi geopolitici che nel nuovo millennio ha acquistato centralità è quello dell’Artico, a cui tutte le principali nazioni stanno dedicando un’attenzione elevatissima. L’Artico, infatti, oggi considerato a tutti gli effetti il 5º Oceano, detiene una parte considerevole delle riserve mondiali di petrolio e gas e delle riserve naturali globali. Probabilmente costituisce l’ultima vera risorsa ittica del pianeta e rappresenta una via di comunicazione marittima in grado di modificare gli equilibri del commercio mondiale. La nazione geograficamente più interessata da questo tema, perché il suo territorio comprende una vastissima zona artica e una lunghissima costa sul mare artico, è la Russia. Il riscaldamento globale che interessa tutto il nostro pianeta e che, secondo la maggioranza degli scienziati, è legato alle attività della razza umana, e in particolare al consumo di combustibili fossili e conseguente effetto serra, sta portando ad un aumento di temperatura anche nelle zone artiche russe, in particolare nel Nord della Siberia, con 2 importanti conseguenze, una a terra ed una in mare. A terra le zone di permafrost (terreno permanentemente ghiacciato), contraddistinto da una durezza elevatissima e quindi da grandi difficoltà per lo sfruttamento minerario e la costruzione di infrastrutture, riscaldandosi stanno perdendo le loro caratteristiche, con la conseguente possibilità di valorizzazione ai fini minerari. A mare la banchisa polare sta diminuendo la propria dimensione, e in particolare ha liberato il famoso “passaggio a Nord Est” che connette l’Oceano Pacifico con l’Atlantico Settentrionale passando a nord della Siberia, accorciando notevolmente il percorso, ad esempio, tra Giappone e Nord Europa rispetto alla rotta tradizionale che attraversa l’Oceano Indiano, il Canale di Suez e lo Stretto di Gibilterra. L’impiego di tale percorso è però soggetto al benestare della Russia, che, formalmente sulla base di requisiti di sicurezza della navigazione e prevenzione dell’inquinamento marino, organizza appositi convogli scortati dai rompighiaccio di Stato. Un esempio delle conseguenze geopolitiche del cambiamento climatico in Siberia è costituito dallo sfruttamento dei giacimenti siberiani di gas naturale, tra cui di particolare importanza il campo di Chayandinskoye, le cui riserve sono stimate in 1,2 trilioni di m3 di gas, e da cui parte il gasdotto “power of Siberia”, che distribuisce il gas non solo all’interno della Siberia, ma anche alla Cina, contribuendo a rafforzare la mutua dipendenza energetica ed economica tra i 2 Paesi. Inoltre, con il previsto collegamento tra “forza della Siberia” e la rete di gasdotti russi, sarà possibile portare in Cina il gas dei giacimenti russi attualmente esportato nei Paesi dell’Unione Europea; in questo modo la Russia, non essendo più obbligata a vendere il proprio gas all’Europa, potrà negoziare prezzi più alti.
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